Il Secondo Centro – Numero 13 del rugby – (outside centre, centre three-quarter, second centre)

di Jeremy Guscott – ex centro della nazionale inglese e dei Lions

Non c’è molta differenza fra il primo centro, o centro interno, e il secondo centro, o centro esterno. Ma, di norma, il centro esterno tende a essere più veloce e non sempre grande e grosso quanto il primo centro.

 

L’inglese Mike Tindall, che ha giocato la maggior parte delle sue partite internazionali da centro esterno, ha una struttura ideale per indossare la maglia numero 13. Ha fisico, tecnica e velocità. È un centro duro, che corre diritto e che placca bene, e ha una naturale capacità di difendere la palla negli scontri, cosa che completa adeguatamente il suo bagaglio tecnico di perfetto numero 13.

 

In alcuni team, ad esempio negli All Blacks, il secondo centro può scambiarsi con il primo centro o con le ali, andare a supporto dell’apertura o trovarsi a fare l’estremo.

 

In una visione così totale del rugby moderno, giocare nel ruolo di centro richiede una superiore intelligenza tattica e una grande intesa con i compagni. Ma, attenzione: nel rugby di qualche tempo fa bastava raggiungere una buona intesa con i compagni più vicini; nel rugby moderno è necessario sapersi coordinare con tutta la linea arretrata.

 

Per questa ragione i coach sottopongono i giocatori ad allenamenti basati su esercizi ripetitivi, schemi e giocate strette: ormai è necessario che i movimenti siano più automatici possibile.

 

Chi vorrebbe affidarsi alla pura creatività deve fare i conti con la realtà del rugby di oggi, che prevede armonia e sincronia in quasi tutte le parti del campo: qualità che si allenano solo provando e riprovando gli schemi.

 

Fortunatamente, nel rugby professionistico ci sono sufficienti occasioni, competenze e tempo per preparare in allenamento quello che poi dovrai mettere in pratica in campo.

 

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