Va’ pensiero … fino in Australia e Giappone

I Petrarchi diffondono il celebre brano musicale nell’altro emisfero.

Giuseppe Verdi 

Il terzo tempo: un aria stimolante

Ieri sera l’aria era fresca e stimolante, di quelle che "fanno venire dei pensieri". Dopo la solita cena del mercoledi con gli amici ex rugbysti (ex a causa dei raggiunti limiti di età), tra un grappino postprandiale e un caffè, qualcuno ha cominciato a tirar fuori vecchie storie e vecchi aneddoti ormai quasi sepolti e dimenticati nella memoria dei più. Storie e aneddoti riferite ai tempi passati, ma anche a qualcosa di meno "polveroso" e recente. Bisogna sapere che l’aspetto goliardico e fortemente ludico dello stile di vita dei giocatori di rugby è proverbiale. A differenza di quasi tutte le altre discipline sportive, lo spirito del rugbysta è incline a far cagnara (in veneto: confusione, chiasso, baldoria) anche e soprattutto in compagnia degli avversari, fino a poco prima duramente affrontati sul campo di gioco. Questa consuetudine (un vero rito secolare di origini ovviamente anglosassoni) si chiama "terzo tempo" considerando che i primi due tempi si giocano sul prato erboso e il terzo, successivo, intorno a una tavola imbandita o con una birra in mano. In piena amicizia, of course. Fascino del rugby.

Il Viaggio dei Petrarchi in Australia

Insomma ieri sera è stato rinfrescato il ricordo di un viaggio in Australia fatto qualche anno fa dalla squadra dei Petrarchi al completo (mogli e fidanzate comprese) per partecipare ad una manifestazione internazionale riservata alla categoria Old players, ossia gli ex, i giocatori con i capelli d’argento che non ne vogliono sapere di attaccare definitivamente e per sempre le scarpette al chiodo e vogliono invece continuare a divertirsi con il pallone da rugby. Il Golden Oldies si disputa ogni tre anni circa, spostandosi da un punto all’altro del globo, perchè il rugby si gioca in tutto il mondo.

 

Cominciano i dilettanti

La scena si svolge a Sidney, Australia sud-orientale, in un grande albergo della capitale dello stato del Nuovo Galles del Sud. E’ sera, siamo in piena estate australiana, fa parecchio caldo. Per le strade c’è molta gente che passeggia, chiacchiera e beve. Ma quanto bevono gli australiani…! Il gruppo di Petrarchi non ha voglia di andare a dormire, nonostante l’ora tarda. Davanti all’albergo si forma un bel gruppo che all’improvviso comincia a intonare una vecchia canzone goliardica molto in uso e conosciuta a Padova. L’aria è quella di Va’ pensiero… ma il testo è solo in parte quello originale, tant’è che il titolo goliardico è "Quatro pei sul buso del cul", non credo che occorra tradurre, salvo che per pei=peli.  Ok tutto bene, si canta in ital-veneto, nessuno degli australiani capisce di che si tratti salvo riconoscere l’inconfondibile melodia del brano del Nabucco di Verdi. Si forma immediatamente una piccola folla allegra e vogliosa di partecipare alla cagnara.

 

Arrivano i professionisti

Poi succede che arrivano un paio di taxi che scaricano in albergo alcune persone vestite molto elegantemente, in tenuta da gran sera. Si scopre che sono dei cantanti lirici giapponesi reduci da uno spettacolo appena terminato al famoso Opera House.

Soprani, tenori, baritoni… professionisti della lirica. Bastano due microsecondi per riconoscere le note di Giuseppe Verdi. Si fermano ad ascoltare e poi cominciano a cantare anche loro seguendo la direzione del nostro maestro concertatore e capitano della squadra, che però di mestiere fa l’imprenditore nel settore carburanti. Insomma un vero insulto alla musica, ma grande capitano di rugby, ex nazionale e pluriscudettato. I cantanti giapponesi si accorgono ben presto che il testo non è proprio esattamente quello originale scritto con tanto impegno da tale Temistocle Solera nel 1842 (lo sfoggio di cultura è dovuto alla consultazione di Wikipedia). Stranamente alle strofe originali si alternano dei versi strani, che sembrano in italiano, ma forse no. Che strana lingua.

Insomma vi lascio immaginare la situazione. Una ventina di rugbysti in pensione, una piccola folla di australiani un po’ brilli, i cantanti lirici giapponesi in abito di gala con papillon e decolleté finemente drappeggiati… a cantare Quatro pei sul buso del cul, inconsapevoli di cosa stessero dicendo. Il tutto sotto le stelle, ben dopo la mezzanotte, in una calda estate australiana.

Fantastico. Ancora ieri sera, a distanza di anni, c’era chi rideva con le lacrime agli occhi. Potenza aggregante del rugby.

 


Il giorno dopo

Naturalmente il giorno dopo, a sobrietà ritrovata, il capitano/maestro-concertatore dei Petrarchi ha spiegato ai cantanti giapponesi il mistero di quello strano testo intercalato a quello originale del libretto del Nabucco. Qualcuno si è capottato dal ridere, qualcun’altro è sbiancato in volto….

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