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[RUGBYLIST] Come ho iniziato

gino.vinella a libero.it gino.vinella a libero.it
Sab 24 Mar 2007 17:39:05 CET


Milano 1975. Volevo giocare a baseball. Ho sbagliato campo. Quando me ne sono reso conto era troppo tardi. La domenica successiva ho giocato la mia prima partita (allora si usava così!).
gino

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>From      : rugbylist-bounces a rugbylist.it
To          : "A Zibana" azibana a tin.it, rugbylist a rugbylist.it
Cc          : 
Date      : Fri, 23 Mar 2007 22:25:06 +0100
Subject : Re: [RUGBYLIST] 1949







> Mi affianco al racconto di Antonio perche' anch'io ho iniziato a praticare i due sport, rugby e calcio, insieme.
> Dal 1969 ero studente in uno dei piu' grandi licei di Parigi, il Janson de Sailly. Il Janson si trova vicino al Bois de Boulogne, vicinissimo al Parco dei Principi, in una strada (Georges Mandel) che ha ospitato grandi talenti artistici (Callas, Deneuve, Romy Schneider...), e nella quale molti drammi si sono consumati. 
> L'ora di educazione fisica si faceva in un campo con parecchio fango a pochi minuti dal Parco dei Principi. La regola era di giocare mezz'ora a calcio e mezz'ora a palla ovale. Mi rivedo piccolo italiano (12 anni), mischiato con altri ragazzini piu' robusti di me, spingendo piu' che potevo. In quel periodo andavo spesso da solo anche a Londra, e la mia valigia era quasi piu' grande della mia persona.
> Ero mingherlino nel campo del Bois de Boulogne, e se a calcio mi classificavo quale secondo migliore della classe, con la palla ovale potevo giocare solo da ala, e raramente toccavo il pallone. Ho imparato ad identificare il rugby come sport di gruppo, ed il calcio come gioco largamente individuale.
> Ma ho molto amato il calcio. Quando l'Italia giunse nella finale mondiale nel 1970, lo ricordo assai bene, era una domenica soleggiata ed i giornali francesi, spesso sufficienti nei nostri riguardi, elogiavano 'la squadra' e tifavano Italia, proprio come oggi l'Equipe fa per la nostra nazionale del 6 Nazioni. Allora ando' male, ed il Brasile trionfo' in finale, ma ricordo quella domenica in cui il negozio italiano di rue Longchamp era aperto ed imbandierato, e l'Italia non era piu' solo la mafia, come qualcuno mi ripeteva a scuola. 
> Al mio ritorno in Italia, continuai a seguire il calcio, pur mantenendo il contatto con il Cinque Nazioni. Il calcio di allora a Roma si chiamava Anzalone, Maestrelli, beh io ero laziale e seguivo la squadra indimenticabile dello scudetto. Si andava all'Olimpico due-tre ore prima del match, e venivano anche le ragazze; c'erano panini pronti e si mangiavano in pace, senza pensieri. 
> Il calcio di oggi mi e' estraneo. Sono stato sette anni fa ad un Lazio-Bologna, e dopo il primo tempo scappai vedendo un uomo volare sopra la mia testa. Si trattava di tifosi laziali che facevano a botte tra di loro. 
> Il rugby ha rappresentato per me un filo conduttore tra l'esperienza vissuta in un ambiente cosmopolita, quello di Parigi, e la realta' romana, che mi sembrava provinciale. Cercavo qualche disciplina sportiva che attenuasse il mio disorientamento adolescenziale. C'era allora lo sci, nel quale sono stato agonista, con la valanga azzurra; c'era il basket della Stella Azzurra, nata con i preti del mio liceo. Ma continuavo ad essere disorientato. Tra l'altro, passando dal liceo francese a quello italiano, pur essendo piu' bravo in alcune materie, scoprii di essere un asino in matematica, e le mie vacanze passavano mogie mogie sui teoremi di geometria. Ero sempre piu' spaesato a Roma, ed una delle poche occasioni in cui ritrovavo la mia unita' interiore era rappresentata dai match del 5 Nazioni al Parco dei Principi, commentati da Paolo Rosi. La voce di Paolo illustrava con essenzialita' delle passioni sportive ordinate, incarnate soprattutto da Francia e Galles. Quando rivedo certe immagini, e quando ripenso a certe situazioni, mi percorre un brivido.  
> Ho praticato nella mia vita moltissimi sport, ma quell'associazione iniziale del rugby con l'annientamento dell'ego e del farsi bello, sperimentata da ragazzino al Bois de Boulogne, mi e' rimasta fissata. La condizione umana e' fragile, e i superbi prima o poi soccombono. Nel rugby, questa fragilita' si esprime e crea valori semplici e costanti. Nelle botte come nelle strette, nei placcaggi come nelle volate, nelle finte come nelle aperture, nessuno nella palla ovale basta a se' stesso. I colpi si danno, si prendono, questa e' la condizione umana. La meta finale e' sempre l'unita' 
> giovanni   
>            
> ----- Original Message ----- 
>   From: A Zibana 
>   To: rugbylist a rugbylist.it 
>   Sent: Friday, March 23, 2007 5:57 PM
>   Subject: [RUGBYLIST] 1949
> 
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>   Mi accorgo che il mio ricordo non é attinente al rugby ( Berruti che vince a Roma ),
>   E così : 1949 gioco, male, a calcio. So di amici che giocano a rugby, a Parma non era difficile allora. Vado al Tardini, calcio e rugby giocavano a domeniche alternate. Il rugby si allenava dalle 12,30 alle 14,30 due volte la settimana. Dopo il secondo allenamento mi dicono che sono convocato per giocare con le riserve a Piacenza.
>   Lo dico a mia madre e vado a comprare scarpe e calzoncini ( la Rugby Parma le forniva solo alla prima squadra )
>   Iniziò così la mia vita nel rugby durata con grandi soddisfazioni per più di mezzo secolo.
>   Cosa mi ha dato il rugby ? Tanti veri amici.
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>   Antonio
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