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[RUGBYLIST] Notizie del lunedì

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Lun 1 Ott 2007 13:52:50 CEST


Riporto dal Gazzettino di Treviso gli ultimi resoconti sul mondiale.
Ciao.
Franco (TV)

Pumas da finale, via il tecnico del Galles, Little addio

(im) L'Argentina battendo 30-15 anche l'Irlanda e infilando la parte
di tabellone a eliminazione diretta meno dura (Scozia e poi forse
Australia) può sognare addirittura la finale. Il Galles, paese
rugbistico in lutto dopo la clamorosa eliminazione a opera delle Figi,
ha cacciato ieri il ct Gathin Jenkins, che aveva un contratto fino al
Sei Nazioni 2008. Nicky Little, apertura dei figiani, dice addio al
Mondiale per una grave distorsione al ginocchio: c'è il rischio che
salti addirittura l'intera stagione, così il Carrera Petrarca per il
campionato sarebbe costretto a trovarsi un'altra apertura. Pesante
tegola per i padovani.
Sono le tre notizie principali uscite ieri dalla Coppa del Mondo, che
ha finito la fase a gironi e si è allineata ai quarti di finale. Ecco
gli accoppiamenti: sabato alle 15 a Marsiglia Australia-Inghilterra,
alle 21 a Cardiff Nuova Zelanda-Francia; domenica alle 15 a Marsiglia
Sudafrica-Figi, alle 21 a Parigi Argentina-Scozia. Ce ne sono un paio
da brividi. Australia-Inghilterra è la rivincita dell'ultima finale,
conclusa con l'ormai leggendario drop di Wilkinson. Il pronostico
stavolta dice Wallabies (perso Lyons per frattura al perone), ma con
"Jonny Go" in forma (16 punti e calcetto magistrale per la meta di
Sackey contro Tonga) tutto diventa possibile. All Blacks-Francia è la
finale anticipata, quella per la quale era stato costruito il
calendario del Mondiale. Chiunque sarà eliminato produrrà uno choc.
Colpa (anzi, merito) dell'Argentina, che conferma il ruolo di grande
outsider. Ora può addirittura sognare di giungere in finale.

Ieri i Pumas battendo l'Irlanda al termine di una splendida partita
hanno incassato le prime due mete del torneo (erano gli unici
immacolati), ma hanno confermato il loro valore. A segno la futura ala
del Benetton Lucas Borges, Agulla, più al piede Felipe Contepomi (3
calci, 1 trasformazione) e il superlativo Hernandez (3 drop). Per
l'Irlanda mete di Murphy, O'Driscoll, 5 punti al piede di O'Gara e
mesto addio alla rassegna. Della squadra che ha perso per differenza
punti il Sei Nazioni (con meta decisiva dei francesi contro la Scozia
all'ultimo secondo) non c'è stata ombra al Mondiale.

Mondiale che conferma il dominio dell'emisfero Sud (5 squadre a 3) e
la presenza di nessuna nuova nazione ai quarti di finale rispetto alle
12 delle precedenti edizioni. Vent'anni dopo ci tornano le Figi, otto
anni dopo l'Argentina. L'unica novità poteva essere l'Italia,
invece...
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Touche senza qualità maul e piede latitanti

Un'Italia generosa ma senza grande qualità tecnica esce, come
d'abitudine, dalla Coppa del mondo. Le lacrime copiose di Troncon e
compagni, testimoniano della dedizione, della rabbia agonistica, della
volontà di cambiare il corso della storia, di raggiungere per la prima
volta in 20 anni i quarti di finale. È un pianto diverso da quello dei
gallesi, scaraventati fuori dalle Figi, che devono affrontare l'onta
di un lutto nazionale. Ma preso atto del fenomeno di costume,
dell'umanità che si ostina a trapelare dai Rambo del rugby di oggi, è
del cervello, il muscolo più importante, per dirla alla Berbizier, che
bisogna occuparsi, se si vuole cercare di comprendere il motivo della
frustrante delusione di Saint-Etienne.
Dopo la partita contro il Portogallo è stata certamente fatta una
importante correzione tattica. Una scelta risultata provvidenziale
alla luce delle condizioni climatiche in cui si è giocato, con gli
azzurri in palese disagio sia nel controllo del pallone che
nell'equilibrio sugli appoggi. E che è servita a tenerci sempre in
partita con la Scozia. Purtroppo non basta giocare a tavolino,
altrimenti, con uno come Berbizier, saremmo campioni del mondo. È
stato invece l'adattamento alla partita reale, quella che i francesi
chiamano intelligenza situazionale, che è mancata ancora una volta.

Gli azzurri sono andati baldanzosi alla crociata contro gli
Highlanders. Con il cuore gonfio di passione. Ma sono stati respinti
da una Scozia fredda come il boia. Parks ci ha tenuti con precisione e
metodicità a ridosso della nostra area dei 22 metri. I suoi avanti
sono andati a colpi di scalpello sui punti di incontro a provocare la
nostra indisciplina e a procacciare punizioni per l'altro uomo-laser,
Paterson. In pratica ogni tentativo di occupazione stabile del loro
campo è stato sventato. E se si sta troppo lontani dalla linea di meta
è impossibile segnare.

Se da un lato in mischia chiusa l'Italia non ha dominato con
l'intensità che ci si aspettava, dall'altro la touche non ha offerto
la piattaforma d'attacco necessaria allo sviluppo del nostro gioco. Il
computo dei palloni persi e rubati ci pone su un piano di sostanziale
equilibrio, ma non la qualità generale della conquista, né l'efficacia
del contrasto per destabilizzare sul nascere le loro operazioni. I
lanci sono stati variati nelle zone di salto, ma le prese pulite a due
mani sono state pochissime. Ed è su quelle che doveva far leva per
strutturare il maul penetrante, il mezzo offensivo attorno a cui si
costruiscono i nostri attacchi più pericolosi. Evidentemente la
sostituzione di Bortolami, l'uomo che dirige le operazioni sulla
rimesse laterali, è stata più problematica del dovuto.

A ciò si aggiungano gli errori nel gioco al piede, sia di occupazione
che offensivo (disastrosi i calcetti radenti di Pez), la difesa
accorta degli scozzesi, scientifici nel concedere punizioni lontano
dai pali, e quella scriteriata degli azzurri che ha regalato piazzati
fin troppo facili. Mettiamoci infine il coaching ampio di Hadden e
quello ristretto di Berbizier,con soluzioni più limitate, che
contribuiscono a spiegare perchè l'Italia nell'ultimo quarto non sia
riuscita a prendere in mano la partita come il copione della serata
esigeva.
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 Saint-Etienne
NOSTRO INVIATO

Erano tantissimi i tifosi italiani al seguito della Nazionale. Stime
ufficiose dicono quasi 15mila, giunti con ogni mezzo a Saint-Etienne
per partecipare a un rito collettivo e scrivere assieme agli azzurri
una pagina di storia: quella della prima qualificazione ai quarti in
Coppa del mondo.

Erano tanti anche gli scozzesi, forti delle loro cornamuse. Ma al
momento degli inni e per tutta la partita il tifo italiano ha preso il
sopravvento. A un certo punto, vedendo che l'incitamento "I-ta-lia,
I-ta-lia" sembrava non bastare si è levato spontaneo dalle tribune un
"ra-gaz-zi! ra-gaz-zi! " carico di affetto che ha fatto capire quale
sia la simbiosi tra il popolo del rugby e la quadra di Troncon, uno
dei più acclamati con Mauro Bergamasco.

Ma quando proprio su un calcetto di Tronky gli scozzesi hanno portato
fuori la palla e l'arbitro ha fischiato la fine, i tifosi italiani
sono piombati in un silenzio funereo, immobili nelle loro felpe
azzurre, le facce dipinte col tricolore, come quella di Tiziano Ferro,
tra i più scatenati sugli spalti. Appena il tempo di rendersi conto
del sogno svanito e sono affiorate le lacrime. Hanno pianto fidanzate,
mogli di giocatori, amici.

Riccardo di Treviso è accanto a una signora bionda che da una decina
di minuti non riesce a trattenere i singhiozzi: «Non abbiamo fatto una
bella figura - dice lui-. Se avessimo giocato meglio le precedenti
partite sarebbe stato tutto diverso, la sconfitta di questa meno
amara. La squadra non meritava un Mondiale così». Più passano i minuti
e più subentra la rabbia. Due coppie sono arrivate da Firenze: 774
chilometri in 8 ore d'auto. «Perdere ci sta - dicono - ma ci vuole
sempre il cuore. Ci fosse stato Scanavacca, chissà». Il riferimento è
agli errori di Pez.

Continua la maledizione della pioggia anche nel dopo partita, attorno
allo stadio, tra gli stand della birra. Un gruppo di una trentina di
tifosi di Parma apre un camper dal quale spuntano parmigiano,
culatello e lambrusco. Ci si ripara sotto cappelli veneziani ed elmi
romani. «Siamo troppo tristi, dobbiamo festeggiare per forza» dice uno
con la bandiera tricolore. I veneti sono dappertutto. Massimo Rizzato
è arrivato da Rovigo in pulmino con 9 amici: «È una grande delusione,
abbiamo sperato fino all'ultimo. I nostri hanno giocato tutti bene, ma
Pez ragazzi...».

All'una di notte il silenzio, le lacrime, la rabbia sono passati. E va
in scena nel centro di Saint-Etienne il terzo tempo con gli scozzesi.
In un locale spopola il dialetto del "Vecio rugby Treviso", la squadra
degli old. Due bistrot più avanti ecco un'altra pattuglia di rodigini
capitanata da Jonny Greggio e dall'ex pilone rossoblù Mauro Quaglio,
accompagnato dal figlio. «Bisognava mettergli più pressione con i
calci - spiega Mauro davanti a una pizza -. Up and under e tutti
sotto. Con la pioggia che cadeva solo così potevamo farli sbagliare».
La strada sfocia nella piazza principale dove a dominare sono i kilt e
le cornamuse. Un suono che per gli italiani non è mai stato tanto
triste come nella notte di Saint-Etienne.

a. li.
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COPPA DEL MONDO Dopo il ko di misura con la Scozia e il sogno
infranto, sfocia in un epilogo amaro il rapporto teso tra tecnico e
Nazionale
Italia, mezza squadra volta le spalle al citì
Freddo saluto di Berbizier ai giocatori nella notte di St. Etienne. In
settimana incontro decisivo a Parigi con Mallet, poi l'annuncio

Saint Etienne
NOSTRO INVIATO

Un omino lascia solitario lo stadio nella notte piovosa di St.
Etienne. Ha il vestito gessato. Un'orchestrina di tifosi francesi
suona un malinconico tema in sottofondo. Lui si gira un attimo,
indugia, poi svanisce nel buio. È Pierre Berbizier. L'Italia ko per un
calcio (18-16) con la Scozia ha appena visto svanire il sogno di
qualificarsi ai quarti del Mondiale. Lui esce di scena così, dopo 2
anni di gloria (13 successi, alcuni storici, 1 pari, 17 sconfitte), ma
anche di rapporti non sempre facili con i giocatori.

Passa un po' di tempo e nell'albergo azzurro si consuma un'altra scena
simbolica. I dirigenti hanno organizzato l'addio ufficiale al citì,
che va al Racing Parigi. La squadra c'è tutta. Parla il manager Carlo
Checchinato, parla l'accompagnatore Pierluigi Bernabò. L'unico che non
parla, a parte un grazie, è Berbizier. Nonostante sia l'ultima volta
che può dire qualcosa a questi ragazzi tutti insieme. Timidezza di
carattere? Probabile. Ma anche freddezza verso una parte del gruppo,
con il quale rapporto si è definitivamente deteriorato dopo tre mesi a
contatto di gomito fra preparazione e Coppa del Mondo. Una delle cause
delle prestazioni inferiori alle attese dell'Italia va cercata qui.

Sulla mancata sintonia nei 21 giorni francesi della Coppa finora
c'erano stati solo sussurri. Adesso che, purtroppo, tutto è finito si
sono trasformati in qualcosa di più. Mezza squadra ormai non era più
in sintonia con Berbizier. Ha tenuto duro unita all'altra mezza
sperando di centrare l'obiettivo comune dei quarti. Ma ormai non
sopportava metodi, idee, scelte, atteggiamenti del citì. Non tanto
perché aveva annunciato con largo anticipo l'addio. Quanto perché
stare 3 mesi vicini ha fatto esplodere i motivi di logoramento, anche
in passato mai mancati.

Come dimenticare la panchina impartita a Lo Cicero (ora, però, lo
porta con sè al Racing) appena Berbizier è arrivato in Italia? O la
vicenda della leadership e certe frasi rivolte a Bortolami in
conferenza stampa? O le sfuriate negli spogliatoi (Genova con
l'Argentina), le giubilazioni (Stoica, Scanavacca), il rifiuto di
consegnare le maglie ai giocatori prima di Italia-Canada a
Fontanafredda (reazione al braccio di ferro sugli stipendi che
infiammava quei giorni) e ulteriori episodi? Al Mondiale si è aggiunto
dell'altro. A partire delle scelte tecniche e dalla risposta all'Haka
contro gli All Blacks, dalle accuse di troppe distrazioni
extrarugbistiche lanciate dal citì a certi azzurri, o da quelle di
scarso studio degli avversari imputate da loro a lui.

A questo punto è salutare che arrivi un nuovo tecnico di spessore,
come Nick Mallet. Per chiudere con lui il presidente Giancarlo Dondi
avrà un incontro decisivo a Parigi in settimana. Poi, salvo
complicazioni, arriverà l'annuncio. A Berbizier, logoramento dei
rapporti a parte, resterà la sincera gratitudine di tutto il rugby
italiano e di tanti giocatori. Al nuovo "santone" anglo-sudafricano
toccherà il compito di portare la Nazionale un passo più in là di dove
l'ha lasciata l'omino che si è dileguato in solitudine nella notte
piovosa di St. Etienne.

Ivan Malfatto



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