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R: [RUGBYLIST] "Non siamo icone gay"

Pasquale Zambuto pasqualezambuto a email.it
Gio 6 Set 2007 11:10:00 CEST


Esatto proprio così grande Angelo. Il rugby è ben altro. Ma la spazzatura
dei giornali deve pur essere segnalata...

Pasquale Zambuto
  -----Messaggio originale-----
  Da: rugbylist-bounces a rugbylist.it
[mailto:rugbylist-bounces a rugbylist.it]Per conto di Angelo.Volpe
  Inviato: giovedì 6 settembre 2007 10.16
  A: Longhi Massimo; Rugbylist (E-mail)
  Oggetto: Re: [RUGBYLIST] "Non siamo icone gay"


  Con l'aumentare dell'interesse intorno al rugby, si parla di tutto e di
più. Anche del fenomeno gay nel mondo del rugby. I giornali devono pur
riempire le loro pagine....

  angelo
    ----- Original Message -----
    From: Longhi Massimo
    To: Rugbylist (E-mail)
    Sent: Thursday, September 06, 2007 9:46 AM
    Subject: [RUGBYLIST] "Non siamo icone gay"


    Riporto dal quotidiano "LA STAMPA " odierno
    Saluti
    Massimo Longhi

    Il rugby si sente macho
    "Non siamo icone gay"




    Polemiche alla vigilia dei Mondiali
    Bortolami: «Tutto è nato con
    il calendario dello Stade Français,
    mai sentito di colleghi omosex»
    STEFANO SEMERARO
    L'ufficio del turismo di Parigi ci ha montato un'intera campagna nel
Regno Unito. Occasione: la Coppa del Mondo di rugby che debutta venerdì
nella capitale francese. Target: i turisti inglesi. Slogan: godetevi il
rugby nella capitale dell'amore. Immagine: una mischia, fatta di avances più
che di avanti, dove due coppie di piloni si baciano (alla francese), una
seconda linea birichina infila la mano sotto i pantaloncini del compagno e
un flanker spinge a palmo aperto su un gluteo aggettante. Sì, perché da
quando Max Guazzini, il patron dello Stade Français, si è inventato il
calendario dei rugbisti nudi, nel quale hanno esibito i loro fisicacci anche
i fratelli Bergamasco e Sergio Parisse, pare che la comunità gay si sia
ovalizzata. Di più, estremi, mediani e terze linee (meno i piloni) sono
stati promossi «icone gay».

    Una definizione che non piace al capitano della nostra nazionale, Marco
Bortolami. «Sono contrario al fatto che il rugby venga associato a queste
cose - ha dichiarato Bortolami in un'intervista che comparirà nel numero del
6 settembre della nuova rivista Riders Italian Magazine -. Vederci come gay
è eccessivo. Tutto è nato dal calendario dello Stade Français, che viene
acquistato per il 90 per cento da uomini. Ma bisogna stare attenti in che
modo stimoliamo l'attenzione della gente». Non è una guerra contro il
diverso: «Che male ci sarebbe, se fosse accettato da tutti? Invece si
continua a trattarlo come qualcosa di scandaloso e folcloristico. Non ho mai
sentito di colleghi gay, comunque anche questo ci fa capire quanto il modo
di trattare il rugby in Italia sia ancora immaturo». Un azzurro del recente
passato, oggi commentatore per Sky, Andrea De Rossi, sdrammatizza: «Siamo
nel 2007, suvvia. Io di rugbisty gay non ne ho incontrati, anche se qualche
voce circola. A ingolosire la stampa è l'immagine di uno sport macho, ma il
calendario dello Stade lo possono comprare uomini e donne. Diciamo che io
non lo guardo con la lente d'ingrandimento...». Per Pierre Berbizier, il
nostro ct, «Nel rugby deve esserci posto per tutti, perché il rugby è
rispetto». Serge Simon, ex giocatore di livello internazionale e autore di
un saggio sull'omofobia in Francia pensa invece che i preconcetti siano
ancora ben radicati. «Il rugby è un ambiente basato su valori arcaici, e
sulla rimozione di ogni traccia di femminilità. I rugbisti sono obbligati a
mostrare costantemente di essere i più virili». Tranne quelli che, come i
componenti dei Sydney Convicts, i reclusi di Sydney, dell'omosessualità
fanno una bandiera e prossimamente organizzeranno una serata «Full Monty»
per finanziare la squadra.

    Omosessuale e rugbista, d'altro canto, era sicuramente Mark Bingham. Un
eroe, il mediano di mischia dei Fogs, la squadra gay di San Francisco, che
morì l'11 settembre 2001 tentando di ribellarsi ai dirottatori di uno degli
aerei della strage, e a cui è intolata la Bingham Cup, il mondiale di rugby
per squadre gay. E il prossimo 11 settembre, per Argentina-Georgia ai
Mondiali etero di Francia, sarà in campo un rugbista che ha fatto outing:
l'arbitro gallese Nigel Owens. Accadde nello scorso maggio, «ed è stato
difficile, ho anche pensato al suicidio», dichiarò nell'occasione Owens, 35
anni, di Pontyberem, l'unico referee gallese che fischierà alla Coppa del
Mondo. «L'omosessualità è un tabù in questo ambiente. Non volevo mettere a
repentaglio la mia carriera, ma sentivo di non potermi più nascondere».
Certo, gli arbitri non sono popolari in nessuno sport. Il rugby però è
disciplina per gentiluomini. «Ogni tanto qualcuno in campo mi dà del "bent
ref" (arbitro con la schiena non diritta, ndr), ma poi subito si scusa: Oh,
perdona Nigel, non intendevo in quel senso...».



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