Questo sito è dedicato alla rugbylist, un ritrovo "virtuale" dove si incontrano centinaia di appassionati di rugby.
 

[RUGBYLIST] Su "Doro" Quaglio

allrugby allrugby a gmail.com
Gio 3 Apr 2008 09:09:35 CEST


Dalla Gazzetta dello sport.
Ciao.
Franco (TV)

Addio a "Doro" Quaglio
Scompare a 66 anni una delle figure più carismatiche del rugby
italiano: carriera iniziata e finita a Rovigo, con un passaggio in
Francia, a Bologna e 15 presenze in azzurro prima di chiudere da c.t.
dell'Italia
da sinistra: Checchinato, Doro Quaglio, Baratella, Breviglieri e
Bettarello cantano l'inno del Rugby Rovigo. Archivio
ROVIGO, 2 aprile 2008 - Un lutto colpisce il mondo del rugby: è morto
a Rovigo, per colpa di una grave malattia, Isidoro (detto "Doro")
Quaglio, 66 anni. Nel capoluogo polesano aveva vissuto e costruito la
sua carriera. A 16 anni l'esordio in serie A con la maglia rossoblu
del Rovigo, poi l'esercito e anche un titolo nazionale di canottaggio.
La seconda linea rodigina era tornato a calzare gli scarpini a
Bologna, trampolino di lancio per la Francia, vera chiave di volta
della sua carriera.
PANCHINA - Quaglio aveva giocato oltralpe la stagione 67-68, tesserato
per il Club Sportif Bourgoin, poi nel '69 il ritorno a Rovigo dove con
la Sanson, nel 1976, all'età di 27 anni, aveva conquistato lo
scudetto. Doro, 15 presenze in Nazionale, aveva chiuso la carriera di
atleta con la maglia del Rovigo nel 1978. Dopo di che era stato
commissario tecnico della Nazionale. Una parentesi breve, culminata
con la disfatta di Bucarest, in cui la Romania sconfisse l'Italia
decretando, di fatto, l'esonero immediato del protagonista di tante
battaglie. E tanti terzo tempo: uno in particolare, lo aveva
raccontato alla Gazzetta (leggi).

Francia -2. Evviva il terzo tempo
Doro Quaglio ricorda la sconfitta 23-11 all'Arena di Milano nel 1976:
"In campo crollammo nella ripresa, ma al grand hotel partimmo forti e
finimmo fortissimo"
Doro Quaglio è nato nel 1942. ArchivioMILANO, 1 febbraio 2007 - Piloni
Altigieri, un generoso, e Bona, diciamo un tecnico. Tallonatore
Ferracin, un pazzo: con quel fisico lì, oggi lo butterebbero giù dalle
scale, ma allora non aveva paura di niente e di nessuno, e giocava. In
seconda linea io e Fedrigo, due lavoratori. Terze Baraldi, atletico,
Cossara, furbo, e Mazzucchelli, attore, nel senso che faceva filmetti
e pubblicità per lamette da barba. Mediano di mischia Franceschini,
figlio di mignotta, in senso buono, come devono esserlo tutti quelli
che giocano in quel ruolo lì. Mediano di apertura Ponzi, il calciatore
del secolo, eterno studente universitario di Medicina. Centri Vezzani,
placcatore, e Blessano, taciturno. Ali De Anna, potente, e Marchetto,
veloce. Estremo Caligiuri, il primo contrattaccante della nostra
storia.
Arena di Milano, 7 febbraio 1976, Italia-Francia B. Noi facevamo due
allenamenti la settimana, loro quattro. Quindi: il primo tempo lo
reggevamo, il secondo crollavamo. Pronti-via, meta della Francia,
trasformata. Non ci abbattemmo. Calcio di Ponzi, meta di De Anna, meta
di Blessano, e chiuso il primo tempo in vantaggio. Poi, piano piano,
il fiato diventò fiatone, poi mancanza di fiato, di gambe, di braccia,
e si cedette. Ma senza essere umiliati. Finì 23-11 per la Francia. Una
sconfitta nella norma, cioè normale. L'arbitro era un romeno. Poteva
anche non esserci, perché i francesi si facevano giustizia da soli: se
finivi in fuorigioco, venivi immediatamente giudicato e punito con un
segno di riconoscimento, dal pugno alla pedata. Difficilmente
commettevi una seconda volta la stessa irregolarità. L'arbitro, per
compassione, si girava dall'altra parte.
Il terzo tempo si celebrò in un grand hotel, aria di vernice fresca.
Lì eravamo preparati bene, anche meglio dei francesi: partivamo forte
e finivamo fortissimo. C'era anche il Torino calcio: ricordo che
offrii da bere ad Aldo Agroppi. Adesso che ci penso, forse ho qualche
responsabilità. Non c'erano stipendi, rimborsi o gettoni. C'era
un'indennità: 10mila lire al giorno. Uno sponsor ci promise un
accappatoio: mai arrivato a destinazione. Quando diventai allenatore
della Nazionale, scoprii che l'indennità che mi spettava era di 5mila
lire al giorno. "Ma come, la metà dei giocatori?", chiesi al
segretario della Federazione. Mi rispose: "Il rugby è uno sport
amatoriale. Non dovresti prendere neanche quei soldi lì".
testo raccolto da Marco Pastonesi



Maggiori informazioni sulla lista Rugbylist