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[RUGBYLIST] Notizie del lunedì ... il giorno dopo

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Mar 13 Gen 2009 15:11:08 CET


Trascrivo un paio di articoli dal Gazzettino di lunedì 12 gennaio 2009.
Ciao.
Franco (TV)

IN FRANCIA

Arresto cardiaco: muore in campo.

Tolosa. - Tragedia nel rugby: Féao Latu, 28enne giocatore tongano
della squadra francese del Perigueux, è morto per arresto cardiaco nel
corso della partita Cahors-Perigueux, valida per il campionato
federale 1, che corrisponde alla serie B italiana.
Latu è crollato a terra dopo un quarto d'ora di gioco. Immediatamente
soccorso da alcuni pompieri presenti a bordo campo, è stato poi
trasportato in un ospedale della zona, dove i medici non hanno potuto
far altro che constatare la morte dell'atleta.

(Commento personale: che ci facevano i pompieri a bordo campo? Non
sarebbe stato meglio ci fosse stato un medico?).
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MISCHIA APERTA

La fiaba del Leicester nell'era dei miliardari - di Antonio Liviero

Una città, una squadra. Quella del Leicester, prossimo avversario del
Benetton in Coppa, è una fiaba del rugby moderno. Profuma di utopia.
Però concreta.
L'indomani della Coppa del mondo in Sudafrica il club fu sul punto di
chiudere. Era una mattina d'agosto. Dean Richards, bandiera storica
delle "tigri" dell'East Midlands, entro pallido nell'ufficio del
direttore esecutivo Peter Wheeler. E gli annunciò che tutti i
giocatori stavano per firmare un contratto con il magnate australiano
Parker per aderire al suo progetto professionistico. Le casse della
società erano vuote. E per qualche tempo il Leicester galleggiò tra la
vita e la morte. Il piano del milionario, com'è noto, non si realizzo.
Ma poco dopo fu l'International Board, per evitare secessioni, a
pensionare il dilettantismo costringendo i club di tutto il mondo a un
brusco adattamento.
Il Leicester si ritrovò quasi al punto di prima. Di colpo il vecchio
stadio di Welford Road, con le mura fatiscenti e le tribune dal tetto
basso, mostrava i segni del tempo. Da Londra a Northampton arrivavano
ovunque i miliardari, sul modello calcistico, a rilevare le squadre, o
a iniettare denaro per sviluppare il modello professionistico. Non a
Leicester. Da un secolo il club apparteneva alla gente, era fortemente
radicato sul territorio. "Volevamo diventare i numeri uno in Europa ma
senza perdere l'anima. Senza finire nelle mani di una sola persona o
essere disposti a qualunque cosa per il denaro" raccontava qualche
tempo fa Wheeler. Imboccarono la strada della public company. Il club
diventò di proprietà dei tifosi: 400 soci, nessuno dei quali con una
quota superiore al 5%, e 13mila abbonati che ne sono azionisti. In
pratica al Welford Road si gioca sempre col tutto esaurito.
Il pèrogetto ha coinvolto l'intera città, 280mila abitanti, una forte
comunità operaia cresciuta attorno all'industria tessile, la vocazione
solidaristica temprata negli anni del "thatcherismo": tutti uniti nei
momenti difficili, che si tratti di perdere i posti di lavoro o solo
le partite. Anche con quelli del calcio.
"A Leicester i tifosi del rugby sostengono il calcio, e viceversa - mi
spiegavano alcune attempate tifose delle Tigri sulle tribune di Monigo
- Da noi non contano le origini nè ci sono barriere sociali, o gli
antagonismi che si trovano da altre parti, come a Manchester, dove i
ricchi stanno in un club e i poveri in un altro".
A leicester c'è un motto che ricorre prima del match: una specie di
"morire gli uni per gli altri". Si spiega così lo spirito unitario che
porta i dirigenti a consultare i tifosi prima di ogni decisione
importante, anche la più impopolare come l'aumento del costo dei
biglietti o la modifica della maglia, attraverso campagne di
informazioni e assemblee straordinarie. E' dall'orientamento popolare
che è emersa la scelta di un professionismo etico, che rifugge dalle
spese folli e privilegia i giocatori della regione. Talenti come Flood
hanno rinunciato a offerte vantaggiose per la fedeltà alla maglia.
Roba d'altri tempi. Risultati: quattro campionati consecutivi dal '99
al 2002 e due Heineken Cup con il pack, come da tradizione, più
potente d'Europa. Non solo: nel Duemila è stata la prima società
professionistica a dichiarare un utile (56mila sterline) via via
cresciuto oltre il milione e mezzo. Campioni anche fuori dal campo.



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