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[RUGBYLIST] Notizie... in ritardo

Luigi Bocchino giggibocchino a yahoo.it
Mar 17 Mar 2009 16:35:53 CET


Io credo che al momento Nieto sia molto più in forma di Castrogiovanni.
Di più, credo che come efficacia in mischia chiusa Nieto sia il pilone destro più forte in circolazione.
Per quanto riguarda le sofferenze contro la Scozia, non dimentichiamo che la loro mischia è ora allenata da Massimo Cuttitta, che non ha bisogno di presentazioni. Non a caso hanno messo in grandissima difficoltà anche l'Irlanda.



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Da: allrugby <allrugby a gmail.com>
A: rugbylist a rugbylist.it
Inviato: Martedì 17 marzo 2009, 14:45:09
Oggetto: [RUGBYLIST] Notizie... in ritardo

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Dal Gazzettino di lunedì 9 marzo (dopo Scozia - Italia), l'articolo di
Antonio Liviero.

MISCHIA APERTA - Cede anche la mischia. Squadra senza certezze.

"A Edimburgo non si può sempre vincere alla lotteria. Due anni fa una
linea d'opposizione rapida e cinica aveva capitalizzato gli inattesi
regali di una Scozia presuntuosa. Sabato non ha rimediato un soldo
Eppure la tattica, rispetto ai test autunnali e al debutto del torneo
a Twickenham, era stata saggiamente corretta. Le surreali aperture
alla mano sotto pressione nella propria metacampo, che avevano
concesso territorio, punti e vittorie agli avversari, sembravano un
brutto ricordo.
Il ritorno di un mediano di mischia dotato di un piede normale, come
Griffen, il rientro di Marcato accanto a Mclean, avevano dato alla
squadra di Mallet mezzi per occupare il campo scozzese con i calci ed
un minor dispendio d'energie. La pressione della linea avrebbe dovuto
fare il resto, cioè costringere gli highlanders a sbarazzarsi
frettolosamente della palla. E poi guadagnare posizioni e palloni da
affidare agli avanti e in particolare alla mischia chiusa, nostro solo
punto di forza dopo che il regolamento ha di fatto tolto di mezzo il
rolling maul.
Ma la prima mischia dentro i 22 metri del Cardo è uno schiaffo:
Perugini sanzionato. Ed è solo l'avvisaglia di un pomeriggio
d'inferno. Murray lo mette sulla graticola per tutta la partita. E sul
lato opposto il sorprendente Jacobsen insidia Castrogiovanni. Il
nostro pack è costantemente destabilizzato in mischia ordinata. I
primi cinque uomini appaiono stanchi, logori. Con loro evaporano le
poche certezze della squadra e la piattaforma d'attacco più attesa. Da
brividi, se si pensa alla sterilità offensiva dell'Italia.
Per fortuna tornano i palloni della touche (sabato su livelli di
normalità). Ma con essi si ripropongono i vecchi limiti tecnici e di
gestione. Passaggi sbagliati, impacci nel controllo della palla,
lettura errata degli spazi e dei rapporti di forza numerica. Ma
soprattutto i sostegni! Gli azzurri stavolta le occasioni le creano,
in qualche circostanza rompono la linea di difesa ma non riescono a
dare continuità all'azione. Buco di Canale o intercetto di Zanni, lo
scenario non cambia: nessuno ai lati, in ritardo sull'asse e palla
persa. Mancano i fondamentali.
Ma se le gazzelle sono zoppe e gli elefanti di Annibale ai quali
dovremmo affidare piani di battaglia in stile Munster (perchè è quello
che sappiamo fare, non altro) sono cotti, a che cosa dovrebbe
aggrapparsi la nazionale? Purtroppo la coperta dell'Italia è sempre
troppo corta e il fattore "C" ce lo siamo già giocato: imbrocca la
tattica, ma vengono meno le basi del gioco, ritrova la touche, ma
perde la mischia, occupa il campo, ma sbaglia troppo e non raccoglie
nulla. Gli scozzesi invece fanno cose elementari. E ci battono:
avanzano a raso delle fasi a terra, impongono la pressione fisica,
riescono a placcare la palla sul placcaggio e conquistano i calci di
punizione. Aggiungono un paio di guizzi di Danielli e arriva la meta.
All'Italia non restano che le lacrime di capitan Parisse al centro del
prato di Murrayfield al momento del commiato dai tifosi. Una mano ad
asciugarsi gli occhi, poi un applauso verso le tribune. Ma non ce la
fa. Sbuffa e volta la testa di scatto per non offrire alle telecamere
i segni della sua sofferenza e di un disagio con cui il rugby italiano
si ritrova ora a fare i conti dopo anni di peana per onorevoli
sconfitte o qualche striminzita vittoria. Non c'è nulla di più
pericoloso della sottovalutazione delle sconfitte. Perchè prima o poi
scende una notte di quelle lunghe. E non se ne vede il termine."
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Dal Gazzettino di lunedì 16 marzo (dopo Italia - Galles), sempre di
Antonio Liviero

MISCHIA APERTA - Vecchie e nuove virtù del gioco al piede

"C'è quasi sempre l'impronta del gioco al piede nelle buone
prestazioni dell'Italia degli ultimi 10 anni. Contro il Galles sono
stati i calci di McLean all'apertura e, più indietro, di Marcato, a
dettare l'avanzamento e a creare i presupposti per l'occupazione del
campo. Non solo: il gioco di linea è stato condito da abbondanti
calcetti tattici dei centri. Scelte che hanno consentito agli azzurri
di uscire dal pantano di un gioco di passaggi improduttivo e gravido
d'insidie, di avanzare con altri mezzi (i piedi appunto) riducendo lo
scontro fisico che nel rugby moderno accompagna le azioni alla mano.
C'è stato dell'altro, sicuro: la prova di carattere, specie del pack
su fase statica. La difesa rovesciata in pressione che ha bloccato a
lungo i detentori del Torneo nella loro metacampo, conquistando calci
di punizione, mischie strategiche e qualche buona touche. E un Galles
graziosamente assopito dal caldo romano e dall'attesa della sfida
cruciale di sabato prossimo con l'Irlanda. Ma alla base dell'onesta
partita contro i Dragoni rossi restano i piedi. Un fondamentale
tattico imprescindibile al di là dell'occupazione del terreno.
Primo:  è il mezzo più efficace a disposizione degli attacchi per
superare, scavalcandole, barriere difensive mai tanto rinforzate. E
mentre il gioco alla mano innesca lunghe sequenze di impatti usuranti,
quello al piede li evita e allarga i sistemi di opposizione. Secondo:
è la principale chiave tattica contro l'affermarsi della difesa
rovesciata in pressione. Le barriere che montano veloci con il
giocatore esterno alto per tagliare i collegamenti con l'ala e
dirottare l'azione all'interno, sono vulnerabili alle spalle dei
centri, soprattutto se il numero dieci affida il compito di calciare
al proprio primo centro, facendo salire così anche i giocatori in
copertura. E' il vecchio schema neozelandese. dei cinque ottavi che
torna d'attualità, con un primo centro dotato di un piede preciso a
fare da seconda apertura. Una formula adottata con successo trent'anni
fa dal Rovigo di Carwyn James con Bettarello e Zuin e a cui ha fatto
ricorso il Sudafrica per vincere la Coppa del mondo in Francia. Ma
utilizzata in certi momenti anche dagli All Blacks che affiancano
Donald a Carter.
Terzo: il gioco al piede offensivo è un fondamentale del rugby di
movimento e del principio di alternanza. Senza di esso non ci sono
passaggi che tengano. Se una squadra non calcia mai (come faceva la
nazionale lo scorso anno con Masi all'apertura), la difesa si
preoccuperà pochissimo della copertura profonda e andrà a rinforzare
la prima linea di difesa riducendo gli spazi per il gioco alla mano.
Quarto: gli assist. I calcetti in tutte le loro forme e le diagonali
per l'ala sono diventati i passaggi più efficaci per segnare una meta.
E anche se sabato ci ha provato senza successo, l'Italia farà bene a
concentrarsi su questa opzione per cercare di rompere la sua
sterilità.
Naturalmente il gioco al piede è un settore che va lavorato
collettivamente, con assisuità e grande intelligenza. Invece per
troppi anni è stato considerato da molti allenatori e dirigenti
italiani una forma riduttiva, mera perdita di possesso. Sarà saggio
correre ai ripari sia intervenendo sugli indirizzi tecnici di base,
sia imbottendo la nazionale il più possibile di calciatori se si vuole
tentare qualche vittoria. Oggi è tatticamente vitale. Anche perchè
l'Italia non ha complessivamente i mezzi, nè fisici nè tecnici, per
seguire con successo opzioni diverse."
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