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[RUGBYLIST] I martiri del rugby argentino

Piero Filotico pierofilotico a alice.it
Lun 25 Gen 2010 19:31:42 CET


Grazie, Franco, per aver postato questo articolo. Mi era sfuggito.
Grazie di cuore.
Piero

----- Original Message ----- 
From: "allrugby" <allrugby a gmail.com>
To: <rugbylist a rugbylist.it>
Sent: Monday, January 25, 2010 4:29 PM
Subject: [RUGBYLIST] I martiri del rugby argentino







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Da Il Fatto di domenica 24 gennaio 2010

GLI ANGELI DEL RUGBY
L'ARGENTINA E UNA SQUADRA
DI DESAPARECIDOS

Mar de la Plata: nel periodo del Mondiale del '78 il regime si accanì
contro i giocatori ribelli della palla ovale

di Maurizio Chierici

Perché solo i ragazzi del rugby? "Ai militari mancava il coraggio di
far sparire i campioni della palla rotonda.
Calcio e religione in Argentina sono sacri.
E la vigliaccheria nascondeva i delitti nella finzione di chi era
scappato chissà dove, mistero soffocato
da paura e censure mentre si organizzava il carnevale del Mundialito,
supercampionato del mondo fra le squadre campioni del mondo.
Londra, Roma, Parigi, Madrid avrebbero reagito e lo sdegno poteva 
travolgerli.
Ma il rugby era senza soldi.
Lo giocavano studenti di una borghesia normale, buona cultura che non
sopportava la voracità delle alte uniformi".
Ernesto Sabato rivive la pena di quando  guidava la commissione Nunca
Mas, alla ricerca dei 30mila argentini perduti.
È il grande vecchio della letteratura, generazione di Borges e Octavio Paz.
Negli anni Settanta ogni mattina usciva di casa "con l'angoscia di
andare all'inferno": le lacrime delle madri che volevano
sapere; l'arroganza degli assassini rattrappiti nel silenzio.
E il segreto dei 17 rugbisti scomparsi che si è perduto nelle pene di
un'Argentina travolta dal crollo dell'economia. Ma nel
2004, al tavolo della redazione di Pagina 12, il giornalista Gustavo
Velga racconta perché ha dissotterrato la memoria lontana.
"Ho visto le foto dei ragazzi nella sede del Rugby La Plata, squadra
dell'Università nazionale, e mi sono detto: la loro storia non
può restare chiusa in una stanza".
Immagine di Raul Barandarian, Santiago Sanchez Viamonte, Otilio
Pascua: sorridono accucciati nella foto ricordo.
Oggi Barandarian fa l'architetto; gli altri sono morti.
E sono spariti altri 14 ragazzi che gli argentini non ricordano più.
"Ma il dolore di figli e fratelli non è consolato dal tempo: vogliono
sapere.
Velga conserva le loro voci di chi cerca la verità". Voce di Veronica
Sanchez Viamonte, figlia di Santiago, "el cueco ", il gioiello.
Voce di Diego, il fratello che oggi fa il veterinario: "Giocava
mediano di mischia: si deve alla sua fantasia ragionata se La Plata
ha vinto il campionato 1975.
Ancor oggi quando un ragazzo cresce nella primavera, gli allenatori
brontolano a bordo campo 'può diventare un altro Cueco,
insomma, campione da leggenda".
L'Università nazionale de La Plata è pubblica e gli studenti degli
anni terribili uscivano da scuole pubbliche, libere e lontane dalla
pedagogia dell'ossequio agli uomini forti di turno distribuita negli
istituti privati.
Educati all'analisi della realtà che non bevevano senza domande,
venivano tenuti d'occhio dalle polizie: l'autorità non si fidava di
loro.
Santiago militava segretamente nel piccolo Partito comunista marxista.
E discuteva  con i fratelli dispersi in altre idee, ma riuniti dalla
speranza
di una democrazia che l'Argentina delle nostalgie peroniste non
riusciva a definire. Studiava Architettura. Lo hanno portato via
il 24 ottobre 1977 assieme  alla moglie Cecilia Eguia: avevano 23
anni. Qualcuno li ha intravisti sfiniti dalla tortura nei sotterranei
della base navale di
Mar de La Plata.
Un volo e i loro corpi in mare. Anche Otilio Pascua, mediano
d'apertura e regista della squadra, voleva fare l'architetto, ma si
era rassegnato
a dividere lo studio con un impiego nella municipalità. Famiglia della
sinistra, quei peronisti che il massacro silenzioso aveva spinto nel
radicalismo dei
m o n t o n e ro s . Con Santiago e con "Tu rq u i t o " Balut (che
aveva lasciato
gli studi per fare il commerciante) dopo allenamenti e partite, si
trovavano attorno ai tavoli del caffè: per parlare, sognare.
Otilio troppo appassionato: è il primo bersaglio degli incappucciati
della Triple A, alleanza anticomunista argentina.
Nel 1975 l'Argentina era nelle  mani di Isabelita, ballerina che nel
primo esilio Perón aveva conosciuto a Panama.
Sposata in Spagna, lo aveva seguito nel ritorno alla Casa Rosada,
1973: vicepresidente ma il paese era nelle mani del ministro
del Benessere sociale, generale Lopez Vega, "simpatizzante" della
Triple, amico di Gianfranco Elia Valori e di Licio Gelli. La
sua tessera P2, numero 591.
Alla morte del marito ha affidato il suo governo al generale che
impazziva per l'esoterismo. Otilio sfugge al rapimento nel 1975:
era fuori casa, ma nel '77 lo portano via. Una ragazza che fa il bagno
nel rio Lujan vede il corpo inchiodato in fondo al fiume,
braccia legate alla schiena. Dopo il ritrovamento, la squadra va in
campo e chiede un minuto di silenzio per onorare l'amico ucciso.
Ma il minuto si allunga e i ragazzi immobili non cominciano a giocare.
Otto, nove, dieci minuti.
Il verbale della polizia nelle mani di Ernesto Sabato parla "di grave
provocazione da tenere nella considerazione dovuta".
E subito con le scarpe militari e abiti civili, agenti senza nome
portano via Pablo Alberti Balut, El Turquito. Sparisce anche
Mariano Montequin, 27 anni, altro campione del La Plata e cognato del
Turquito. Si era trasferito a Buenos Aires, ma non serve. Lo
trascinano con la moglie
e un'amica. Arriva un camion della polizia, svuota l'appartamento
"sequestrato per ragioni di sicurezza". Dei tre ragazzi, più niente.
La repressione si allarga. Il mediano Hernàn Roca muore per sbaglio. I
paramilitari cercavano il fratello ma se ne vanno con Hermàn
avvertendo
la madre in lacrime: un errore. Lo interroghiamo e torna a casa.
Subito un colpo in testa sulla spiaggia delle vacanze "per non correre
il rischio di essere
identificati". Verbali delle idiozie, ma sono delitti. Retate che
avvolgono rugbisti di altre squadre, "teste calde da eliminare":
Ricardo Navarro del club
Pucarà; Ricardo Dakuyaku che giocava nel San Luis de La Plata.
"Per 40 giorni abbiamo discusso su cosa fare. Andare in Europa dove
certe squadre ci aspettavano, oppure resistere assieme.
Un po' siamo partiti. Gli altri sono morti". Il ricordo rompe la voce
dell'architetto Barandarian: "A volte mi sento in colpa per averli
abbandonati.".
Nei sospetti di chi deve "ripulire il paese", l'università de La Plata
è un nido di vipere. Non solo gli spogliatoi del rugby, altri studenti
sono passati al microscopio.
Una giovane coppia viene portata via all'alba dalla casa che abitano
da pochi mesi: Nestor Kirchner si è laureato a La Plata, Cristina
Fernandez ha
appena discusso la tesi. Lui, sinistra peronista; lei sospettata di
amicizia coi montoneros . Ma la famiglia Fernandez ha le spalle
robuste. Subito liberati col
"consiglio" di stare alla larga dalle cattive compagnie. Guai se alla
domenica vanno al rugby.
Scappano verso sud, Rio Gallegos, confine con la Terra del Fuoco. Ma
non dimenticano.
Appena presidente Nestor Kirchner cancella l'amnistia per "obbedienza
dovuta"; appena presidente, Cristina Fernandez ribadisce che la
giustizia
deve perseguitare "a vita" chi ha violato i diritti umani. Ma l'ombra
è rimasta: marito e moglie non amano più il rugby.



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