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[RUGBYLIST] CI E' ANDATA BENE

Giovanni Ciraolo jxcira a tin.it
Dom 24 Nov 2013 15:39:58 CET


Caro Giandomenico, la tua analisi può mettere a nudo le tante pecche del nostro sistema rugby, ma a me sembra che negli ultimi 10 anni il rugby italiano abbia anche vissuto momenti di grande vitalità e....riprendo i tuoi stessi punti:
1) La distanza dell'Italia con le superpotenze (Aus, NZ, Eng, SA) un tempo era catastrofica, oggi non lo è più. Non siamo noi a dirlo, perché sarebbe risibile, ma sono gli stessi stranieri che ce ne danno atto; ero seduto al bar accanto ad una pattuglia anglosassone nell'ultimo Inghilterra-Italia e c'era solo un tifo fortissimo per la nostra squadra e ti posso assicurare che era un tifo rispettosissimo per l'Italia. Anche i giocatori francesi sconfitti l'anno scorso hanno molto valorizzato la nostra squadra nel dopo-partita, più ancora della propria delusione. Certo non abbiamo oggi i Vaccari e Francescato di una volta, e che fantastico periodo era quello, però il progresso di un paese si vede dal collettivo perché di fuoriclasse ne nasce solo uno ogni tanto e non ci si può fare affidamento  
2) Il rugby classico europeo ha certamente una tradizione di gioco aperto e di intelligenza di penetrazione molto forte. Sì, dobbiamo migliorare. Ma la Francia non è forse passata attraverso la sua lunga Lourdes (non il santuario, ma la squadra locale di rugby!) per progredire con grande fatica negli anni? E comunque molti giocatori della nostra rosa nazionale militano all'estero. Se il gap con l'Europa fosse rimasto così abissale come tu dici, questi rugbisti giocherebbero nelle nostre squadre provinciali...
3) Nel ranking mondiale, come nell'arbitraggio, dobbiamo in effetti superare stabilmente delle posizioni; l'importante è che i numeri a nostro vantaggio progressivamente si accumulino, e direi che si tratta anche di una questione statistica di deviazione standard dei risultati, cioè è la nostra media che deve migliorare! 
4) Nella coppa del mondo va superato un evidente gap organizzativo. Un mondiale richiede innanzitutto organizzazione. Forse rispetto a 10-15 anni fa la nostra organizzazione di coppa del mondo è peggiorata, in quanto è diventata un'orchestra senza direttore
5) Il nostro campionato non è certo il più bello: però in 10 anni molto è cambiato, non siamo al livello complessivo del Top14 francese ma i risultati in Europa particolarmente proprio con i clubs francesi sono stati più volte interessanti. Circa 10 anni fa ho assistito (peggio: ho invitato un collega ad assistere) ad un RDS-Benetton al 3 Fontane di Roma che finì tra un migliaio di persone con un pareggio di vertice assolutamente ridicolo al termine di un match compiutamente ridicolo. Non credo che oggi vedrei un incontro al vertice di quel tipo. I clubs italiani hanno ormai budgets di tutto rispetto e se i fondi non vengono spesi bene ebbene...si cambi il Presidente!
6) Come te non prediligo strutture accademiche rigide. Occorre però fare qualcosa di forte sulla formazione: meglio fare errori che non rimanere fermi piantando paletti 
7) Le nazionali sono spesso organizzate (salvo forse l'Inghilterra) intorno ad una o due squadre dominanti; il Tolosa lo è stato per molto tempo in Francia. E' un fatto inerziale dello sport. Spesso la squadra dominante in una nazionale è quella della città che maggiormente ama il rugby e vive anche per esso 
8) Sono totalmente d'accordo con te sullo staff azzurro. Prima di affidare responsabilità particolari occorrono dovute gavette ed i preparatori specializzati non possono pensare di fare esperimenti a danno del gruppo. I progressi tecnici ottenuti in alcune aree (vedi gioco di piede) non dovevano cedere di importanza rispetto al nuovismo emergente in altri settori.
Vorrei però dire una cosa. Le grandi famiglie del rugby, ultimamente i Bergamasco ma come non pensare ad esempio ai famosi fratelli-nipote Camberabero, hanno fatto storia divertendosi ed anche poi concentrandosi mentalmente ma sempre con un animo leggero, gioioso. Non bisogna mai disperare nello sport anche se ovviamente nessuna vittoria è definitiva. Questo stato d'animo lieve dei rugbisti colpì molto De Gaulle che non conosceva la palla ovale ma ne divenne appassionato. Credo che Brunel apporterà molto al rugby italiano sul piano dell'emotività di gioco, che un pò ci ha sempre fatto difetto. Non trascurerei questa causa come fattore principale di molte nostre sconfitte.  
Purtroppo c'è una brutta notizia, Canale fuori per 6 mesi. Non ci voleva.
g.ciraolo
                
  ----- Original Message ----- 
  From: Gian Domenico Mazzocato 
  To: RUGBYLIST 
  Sent: Sunday, November 24, 2013 9:57 AM
  Subject: [RUGBYLIST] CI E' ANDATA BENE


  mi chiedo come mai noi appassionati di rugby ci creiamo oggi delle aspettative che un tempo non erano le nostre.

  È vero: un atteggiamento come il mio può essere sgradevole. Può sembrare pregiudizialmente ostile (per quali motivi, poi?).

  Ma non parlo per disfattismo o disprezzo. Ci sono anche (è il mio caso) disperazione, impotenza, amore deluso ogni volta, amarezza.

  Mi chiedo. Davvero abbiamo fatto tanti progressi?
  In 14 anni di 6 Nazioni:

  1)     Le distanze con le grandissime (Nuova Zelanda, Sudafrica, Australia, Inghilterra ) sono rimaste siderali;

  2)   Nel quadro europeo non ci siamo mossi dal nostro posto quanto a scala di valori. Prestazioni di grazia come contro la Francia sono episodi più unici che rari;

  3)    Nel ranking mondiale siamo sempre lì, sul guado, nel limbo;

  4)   In nessun mondiale abbiamo superato il primo turno; 

  5)   Il nostro massimo campionato esprime un rugby di valore complessivamente modestissimo. Le prime 4 raccolgono, se va bene, qualche bonus difensivo nella più modesta delle coppe europee (e i club italiani dimostrano chiaramente di sentire la partecipazione al terzo torneo europeo più come un peso -economico, tecnico, organizzativo- che come una occasione per crescere);

  6)   Abbiamo un sistema di accademie che indubbiamente regala molti posti di lavoro a tecnici disoccupati ma che ci fa perdere una generazione di rugbisti dietro l'altra (guarda i mundialiti di categoria). Un vero buco nero, una situazione da rivoltare come un calzino e da ricostruire dalle fondamenta. Nelle premesse e nella sua filosofia, certamente. 

  7)    Abbiamo una nazionale che è espressione, diciamo a voler esser buoni, di una franchigia e mezzo (in realtà si tratta in gran parte dei giocatori trevigiani che cambiano maglia). Un sistema di una fragilità assoluta. Se il giocattolo Benetton si rompe (un po' si sta già rompendo) andiamo a fondo come se avessimo una palla  di piombo al piede. Chi non vede (o finge di non vedere) questo vuol dire che sta scavando la fossa per seppellire per sempre il nostro rugby.

  8)    Abbiamo allargato e organizzato lo staff azzurro. Col risultato che chi prepara la mischia ha ieri mandato in campo un pacchetto che ha disputato una prova indecente. Un malessere che non è di ieri e che è stato accentuato dalle nuove regole di ingaggio (ma la touche? Ma i raggruppamenti in gioco aperto? Qui le nuove regole non entrano). Con due leader, Parisse e Castrogiovanni, spesso inguardabili (soprattutto il secondo), talora perfino imbarazzanti, sicuramente al capolinea dal punto di vista anagrafico.

   

  Complessivamente a me pare che 14 anni di 6 Nazioni non avrebbero potuto essere spesi peggio. 
  Penso anche (soprattutto, anzi) ai tornei del 6N riservati alle categorie di età. 
  Certo: ci siamo mossi e abbiamo progredito.
  Ma abbiamo mosso qualche incerto passo (talora da gamberi) dove tutto il resto del mondo ha corso.
  In presenza, ricordiamolo, di un bilancio floridissimo e di risorse notevoli.

  gian domenico mazzocato

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