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[RUGBYLIST] R: I: R: I: R: R: R: R: Malagò e la scuola

Giovanni Ciraolo jxcira a tin.it
Mar 5 Ago 2014 13:05:12 CEST


Sei un perfezionista.

A mio avviso i fenomeni sociali non sono così lineari come tu pensi. Una semina incompleta dà frutti, ma semplicemente va sviluppata ed estesa su tutto il terreno coltivabile. Qui va bene la critica, quella costruttiva. I giudizi catastrofici sul rugby italiano non sono condivisi da molte personalità internazionali di spicco del mondo rugbistico. Come al solito, da buoni italiani, ci gettiamo la zappa sui piedi prima ancora di aver affinato lo strumento.

Sull’utilizzo del tempo vedo che escludi la terza ipotesi (cioè: che possa succedere qualcosa di buono). Il tuo atteggiamento non è scientifico perché escludi a priori una possibilità del mondo reale. Il tuo mi sembra un pollice in basso, anzi in alto perché, a differenza dall’immagine popolare, storicamente parlando è il pollice in alto che indica disapprovazione totale!!   

Il rugby italiano è pieno di lacci e laccioli, occorrerebbe cominciare a liberarlo perché c’è troppa litigiosità in giro che si trasmette poi anche secondo me ai giocatori.  

 

 

Da: rugbylist-bounces a rugbylist.it [mailto:rugbylist-bounces a rugbylist.it] Per conto di Salvatore Messina
Inviato: martedì 5 agosto 2014 11.27
A: rugbylist a rugbylist.it
Oggetto: [RUGBYLIST] I: R: I: R: R: R: R: Malagò e la scuola

 

Il tempo non è tanto una variabile quanto un'unità di misura...

Se in 10 anni non faccio nulla non succede nulla, se faccio male distruggo.





Non è che basta far vedere una partita del 6 Nazioni a 100 bambini e dopo 10 anni ottengo 100.000 tesserati e 100 campioni. Non solo si deve seminare bene ma anche arare e fresare il terreno prima, concimarlo, irrigarlo, tenere le piantine libere da parassiti ed infestanti e quando sono troppo malate eliminarle. Solo alla fine potremo raccogliere i frutti.





Diciamo dunque che, dopo 10 anni di fashion-rugby, ci stiamo accorgendo che la coltivazione del campo non funziona e invece di seminare grano da seme, per poi piantare nuovi campi, è stato seminato grano da macina, per fare subito il pane.

 

Salvatore Messina

 

Il Lunedì 4 Agosto 2014 23:50, Giovanni Ciraolo <jxcira a tin.it> ha scritto:

 

Non ci stiamo un po’ incartando? A me pare che nello sviluppo del rugby vi sia una variabile più importante, più decisiva del tipo di società presenti in Italia e dei bacini di potenziali giocatori. Questa variabile non sostituibile è il tempo. Nel rugby conta soprattutto da quanto tempo un determinato paese ha iniziato seriamente a giocare e su scala internazionale. Tra le 10-11 maggiori nazionali nel mondo rugbistico la quasi totalità deriva dalla Gran Bretagna e dalle sue colonie. Questi paesi sono particolari, hanno respirato rugby da molto più tempo degli altri. Non si possono bruciare le regole del tempo nel rugby! Non c’è nulla di improvvisato nel rugby essendo uno sport dove un giocatore deve imparare a prendere decisioni molto rapide trasformandole in scelte istintive.     

Ci vuole tempo per migliorare e nel rugby storico conta essenzialmente da quanto tempo un paese, le sue scuole, le sue tradizioni hanno giocato ad un livello internazionale. I gap temporali esistono, sono decisivi. Anche l’Argentina non fa eccezione, visto che ha iniziato decisamente prima di noi ad avere tornei di un certo riguardo. Salvo Fiji e Samoa che arrivarono solo pochi anni più tardi, si può dire che un rugby internazionale esisteva già nel 1910 o giù di lì. Purtroppo il largo pubblico non conosce questa variabile del tempo perché l’immagine del rugby nel nostro ed in altri paesi (forse anche in Germania?) è ancora in maggioranza ferma al piccolo quadretto del rugby giocato tra uomini bruti, da personaggi senza regole mentre tutti invece sappiamo delle estreme sottigliezze di questo gioco che richiedono anni e decenni di assorbimento. Certo, lavorare sui bambini può avvantaggiare perché il cervello dei piccoli è plastico ed apprende più rapidamente. Ma la variabile temporale del rugby rimane quella decisiva. Del resto nel rugby il bambino richiede un adulto, più di un adulto, e poiché si tratta di uno sport di squadra sono necessari altri bambini che giocano altrove ed una comunità rugbistica che ama il rugby, che gioca il rugby e che guarda il rugby su base costante (non solo in occasione della nazionale) e che fa lega e quindi moltiplica i tornei ma questo richiede tempo ed il rugby non è veramente popolare se non dopo decenni, questa dice la storia di questo sport e la storia è maestra di vita. Non ce ne rendiamo conto ma il fatto di stare nel 6 Nazioni ci ha permesso di accelerare un po’ la nostra indispensabilmente lunga ed ancor da venire evoluzione rugbistica nel senso di cominciare a stare in campo in un certo modo che non è quello di 10 anni fa. Allenare bambini è una cosa meravigliosa ma è uno solo dei tanti problemi/opportunità che abbiamo davanti. Rispetto al numero di generazioni che hanno fondato e sviluppato il rugby nel mondo, noi ne abbiamo avute forse la metà in meno (stima molto ottimistica). Ok, il  mondo moderno è più veloce e permette di bruciare qualche piccola tappa, ma se in Italia fossero sufficienti 2/3 generazioni per avere un rugby da quarto di finale di RWC (ovviamente perduto), ci metterei una tripla firma.  

 

 

Da: rugbylist-bounces a rugbylist.it [mailto:rugbylist-bounces a rugbylist.it] Per conto di Oliver63
Inviato: lunedì 4 agosto 2014 23.00
A: rugbylist a rugbylist.it
Oggetto: Re: [RUGBYLIST] I: R: R: R: R: Malagò e la scuola

 

salve a tutti, vi dò la mia versione delle cose ...
in Italia le società di rugby sono o ASD o SRL, vediamole dunque come delle piccole imprese a conduzione familiare ... 
come si approccia il "mercato" delle scuole e più in generale la promozione ... ?

ognuna ha una sua piccola, artigianale, filosofia di "marketing" ... 
volantini, locandine, articoli sul giornale, qualche intervista o servizio su tv locali ...
e poi la "festa della birra" o "della salsiccia" o della "palla ovale" ... eventi organizzati per raggranellare qualche dindino e per farsi un pò di pubblicità ...

e nelle scuole ? tutto è rapportato alle risorse a disposizione: qualche tecnico o educatore più libero la mattina, qualche studente-giocatore, più raramente un allenatore-professionista pagato dalla società, rarissimi i laureati in scienze motorie ...
si fa un programma contattando le scuole, nelle realtà più articolate l'attività è filtrata dall'ufficio scuola del provveditorato con la supervisione del coni provinciale
3-5-10 interventi per classe, nelle classi che sono disponibili, la costituzione di un gruppo sportivo o di un ente scolastico laddove il dirigente scolastico è più sensibile
l'ente scolastico partecipa a qualche concentramento, prende in genere sonore scoppole, a qualsiasi livello (dall'under 8 all'under 12 la preparazione non è sufficiente) ... partecipa al campionato nazionale delle scuole ...
alla fine della fiera (leggi: anno scolastico) qualcuno si mantiene fedele, e l'anno successivo si iscrive ala "scuola di rugby" ... 
percentuali ? di proseguimento dell'attività bassissime, diciamo il 2-3% dei contatti, il 10% degli iscritti all'ente scolastico 

dove sta il problema ? dov'e' l'errore nell'approccio ?

torno al punto iniziale: le società sono piccole aziende a conduzione familiare, e ognuna di esse gestisce l'attività di propaganda, nelle scuole e non, costruendo la propria personale, artigianale "strategia di marketing" ...

la spiegazione del fenomeno sta dunque proprio nel suo punto di partenza ...

prendete un qualunque settore merceologico in cui l'impresa è parcellizzata in mille realtà frammentate ... passate poi ad analizzare un settore merceologico in cui vi è concentrazione d'impresa ... ditemi dove sono più elevati i valori di fatturato ... 

in sintesi, fino a che il reclutamento sarà affidato alle società=piccole imprese i valori di fatturato=reclutamento complessivi saranno sempre minoritari e marginali, poichè manca una visione strategica d'insieme e la possibilità di sfruttare apposite economie di scala ... quando le società saranno considerate come uffici in franchising di una impresa che opera a livello nazionale=la federazione, i valori di fatturato=reclutamento non potranno che aumentare ...

Il 04/08/2014 16:58, Salvatore Messina ha scritto:

Chapeau!!!!
Praticamente il 70% dei ragazzi da voi giocano a rugby!!!! Nemmeno in Galles....
  
 
Salvatore Messina
  
  
Il Lunedì 4 Agosto 2014 14:28, ilfalco7  <mailto:ilfalco7 a libero.it> <ilfalco7 a libero.it> ha scritto:
 
  
  
  
  
Inoltre non parlavo dei numeri dei tesserati ma dei ragazzi in eta scolare che possano essere selezionati per il rugby. Nelle scuole dove lavoriamo riusciamo a far giocare il 60 - 75 % dei ragazzi.
  
Inviato da Samsung Mobile.
  
  
-------- Messaggio originale --------
Da: luciano37 a libero.it 
Data:03/08/2014  18:01  (GMT+01:00) 
A: rugbylist a rugbylist.it 
Oggetto: [RUGBYLIST] R:  R:  R:  Malagò e la scuola 
Condivido Giorgio, eccome. E non da ora.
 Esperienza personale: quando anni fa, molti anni fa purtroppo, andavo in vacanza con figlio piccolo al seguito, il problema era non far annoiare il bambino durante le soste. Nel bagagliaio un pallone da rugby ed era fatta. E non c'era ancora il Sei Nazioni e la tv globale! 
 Un giorno, sul prato della Basilica del Macereto, nelle Marche, mio figlio, avvicinandosi col pallone a un gruppo di bambini, ebbe dapprima curiosità poi  un successo enorme. Dopo pochi minuti tutti amici e tutti a giocare. Ho ancora una foto: 17 bambini.
 E intanto i genitori facevano conoscenza, Il che non guasta mai, e apprendevano che il rugby non era quello dei film americani.
Se si può fare nei prati, sì, penso si possa fare anche a scuola, anche con numeri ristretti....
L. Rav.. . 
  
  
----Messaggio originale----

Da: gima_g a libero.it
Data: 03/08/2014 15.21
A:  <mailto:rugbylist a rugbylist.it> <rugbylist a rugbylist.it>
Ogg: [RUGBYLIST] R:  R:  Malagò e la scuola
  
Se volete fare un processo agli insegnanti mi ritiro in buon ordine,  se invece volete provare a discutere di lanciare il Rugby nella scuola italiana dobbiamo parlare realisticamente.
Se andiamo in una qualunque scuola italiana dalle elementari alle superiori e mettiamo in mano un pallone da rugby ai bambini/ragazzi questi si divertiranno molto più che provando qualsiasi altro sport !!!!!
IMPOSSIBILE CHE NON CONDIVIDIATE
Allora creiamo le strutture con del
 personale adatto per fare ciò, dalla presentazione del progetto al Direttore didattico ai tecnici preparati che affianchino maestri/insegnanti ed il risultato arriverà in poco tempo.
Poi ...... vedi puntate precedenti
  
  
un abbraccio a tutti
  
  
Giorgio
  
  
----Messaggio originale----

Da: jeppo678 a virgilio.it
Data: 03/08/2014 10.26
A:  <mailto:rugbylist a rugbylist.it> <rugbylist a rugbylist.it>
Ogg: [RUGBYLIST] R:  Malagò e la scuola
  
  
Visitando molte scuole in tutte le parti d'Italia è molto raro 

vedere un insegnante di Educazione Fisica indossa una tuta, e in realtà di 
insegnare tecniche e abilità. Jeans, caffè e giornale sono all'ordine del 
giorno, comprese le conversazioni su imminente pensionamento e 'non vedo 
l'ora'.

I giovani possono scegliere di non partecipare in attività 

motoria a tutte le età, senza motivo particolare. Alcuni prendono parte senza 
cambiare i loro vestiti, ma sono dotate di spray deodoranti per dopo. Ci sono 
poche altre materie scolastiche che possono scegliere di partecipare 
(religione?).

La gente va in palestra, ma si lamentano che non possono 

parcheggiare abbastanza vicino, o che devono salire le scale per raggiungere la 
palestra. Portano cmq. le ultime mode nell'abbigliamento palestra.

 
Luciano fa giustamente notare le statistiche relative alla 

partecipazione, e questo; in qualche modo; in grado di spiegare le cifre basse. 
Egli ha tuttavia chiesto la domanda migliore; quanti 
insegnanti/allenatori/educatori sono preparati per insegnare l'attività di 
qualità nelle scuole? Vorrei chiedere; Quanti club in realtà monitorare il 
progresso e lo sviluppo delle loro allenatori, e offrono percorsi di 
miglioramento? Qui abbiamo poi una anomalia; molte persone con tempo per 
visitare le scuole e insegnare lo sport sono anche disoccupati. Possano essere 
invitato a partecipare ad un aggiornamento tecnico ogni due anni per mantenere 
la loro tessera F.I.R.. Questo spesso può essere lontano 100 km., e la spesa può 
essere proibitivo.

Troppi club; e cito per esperienza diretta; vedano i loro 

allenatori Mini Rugby come babysitter. Se l'allenatore è assente allora chiunque 
farà; un paio di giocatori Under 16; un genitore ecc. Un presidente di club mi 
ha chiesto perché era necessario per gli allenatori di essere qualificati e 
perché avevano bisogno di frequentare corsi di aggiornamento. "Loro sanno come 
giocare il rugby; hanno giocato per 15 anni in C1, sanno come allenare ... 
".

I club in zone di rugby stabiliti non hanno alcun problema con 

il loro reclutamento, e sono aiutati da finanziamenti F.I.R. per premiare 2 x 
Under 14 ecc. Forse questi premi dovrebbero invece essere assegnati ai club che 
stanno effettivamente cercando duramente per avere uno Under 14, ma lotta perché 
mancanza di risorse; non può ottenere uno sponsor per pagare la benzina 
dell'educatore, ecc.

Nell'ambiente federale sembra che la direzione in alto (la 

testa del pesce) può cambiare, così come lo strato successivo di gestione. La 
gestione attuale rapporti coi club non cambia mai però; è completamente 
indipendente dalla dirigenza, e chiede semplicemente la gestione superiore a 
ratificare i loro piani. Questo significa che i dipendenti sono 'auto-eletto', 
non vi è concorrenza per posti di lavoro regionali, selezionando semplicemente 
un lavoro per l'uomo, non l'uomo migliore per il lavoro. Non stupisce quindi che 
le cose non cambiano mai, solo il volume di ciecamente dire 'sì'.

Jeppo
 
-----Messaggio originale----- 
From: piero filotico 
Sent: Sunday, August 03, 2014 1:03 AM 
To: rugbylist a rugbylist.it 
Subject: [RUGBYLIST] R: Malagò e la scuola 
 
Caro Luciano, secondo me hai ragione da vendere e per questo mi fa 

infuriare

il tempo e i soldi persi stupidamente fin dal primo 6 Nazioni che 

tanti

entusiasmi fece nascere. Se si fosse cominciato allora a lavorare su 

un

progetto serio, quanti bambini di quegli anni avremmo oggi sui campi? 

E

quale sarebbe stato lo sviluppo geometrico del proselitismo? E chissà 

che

qualche altro talento non fosse già pronto?
Ora tocca ricominciare daccapo, ma non mi pare che l'attuale vertice 

sia

molto diverso da quello dondiano.
 
-----Messaggio originale-----
Da: rugbylist-bounces a rugbylist.it 

[mailto:rugbylist-bounces a rugbylist.it]

Per conto di luciano37 a libero.it
Inviato: sabato 2 agosto 2014 18:53
A: rugbylist a rugbylist.it
Oggetto: [RUGBYLIST] Malagò e la scuola
 
Cari amici di rugbylist,
ho letto e continuo a leggere con grande interesse il dibattito in List 

sul

rugby e la scuola, che va avanti da parecchi giorni e desideravo mettere 

nel

discorso il problema demografico, che - se non mi sono perso qualcosa - 

non

mi pare sia stato mai citato.
Assodato che tutti gli sport puntano sulla scuola, non è importante - è 

una

domanda, non una critica - nella scelta e/o nello sviluppo di un 

progetto,

anche il numero a disposizione dei potenziali educatori dei futuri
rugbisti?.
Cito a memoria ma mi pare che, dati Istat, i nati in Italia (Paese a
crescita
zero) nel 2013 siano stati poco più di 510 mila, grosso modo metà maschi 

e

metà femmine.
Sempre nel dibattito scuola-sport (che non è, quindi, solo del rugby) 

ho

letto poco tempo fa che il calcio, che ha 13 volte i tesserati del 

rugby,

attirerebbe almeno il 50 per cento dei bambini orientati allo sport, 

seguito

da volley, basket e nuoto. Se la stima è concreta, fatti - anche
all'ingrosso - i dovuti conti e senza trascurare tutti gli altri sport 

non

citati (arti marziali, tennis, ciclismo ecc.) il rugby avrebbe a
disposizione forse 10-15 mila bambini  all'anno, femminucce comprese, 

sui

quali "operare". Ma proprio Malagò ha detto che in Italia circa il 40 

per

cento non fa nessuno sport. La cifra si riduce ulteriormente e il lavoro 

mi

pare diventi veramente improbo per l'organizzazione del nostro rugby. 

Un

bambino al rugby può equivalere alla scoperta di un tesoro? .
Se la mia osservazione è proprio fuori tema, scusate l'intrusione 

Luciano

Ravagnani
 
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