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[RUGBYLIST] R: I: i maestri e Doro

Giovanni Ciraolo jxcira a tin.it
Mar 7 Apr 2015 22:01:59 CEST


Più che ignorante mi sembri coltissimo. Mi sembri nel tuo decalogo come Martin Lutero e come lui potresti forse esporre le tue tesi fuori dall’entrata della curva sud del volgarissimo, rugbisticamente dopolavoristico e odiatissimo Stadio Olimpico!

Aldilà dell’indubbio interesse stilistico e concettuoso sempre presente nei tuoi scritti, dalla tua prosa mi sembrano assenti due parole: divertimento e amicizia.

Mi sembra di capire che tu vorresti espellere o declassare queste due parole dal mondo del rugby. A mio parere sbagli. Il tuo sembra un rigore senza libertà. 

Come può un giovane divertirsi nel tuo mondo e nella tua pedagogia? La parola divertimento sembra assente dal tuo mondo. Anche l’amicizia sembra relegata in un tunnel estraneo al gioco. Dovremmo forse coltivare la figura di un sportivo superiore, di una figura patrizia che tutto sovrasta, di un uomo con pochi amici, quasi nessun hobby, vigoroso ed infelice, ma fantasticamente posizionato su di una immensa palla ovale educativa? 

La fatica ed il dolore che tu associ in maniera strettissima al rugby si incontrano, in realtà, in quasi tutti gli sport. Non è forse faticosissima una regata che ti sega l’anima? Non sono faticosissimi cinque set di pallavolo o di tennis? Non sono forse super-impegnativi due minuti stretti di uno slalom gigante (ti parlo per lunga esperienza diretta) che si appropriano del tuo fiato ed anche delle tue gambe? E cosa dire del ciclismo e della sua abnorme ma richiesta pressione arteriosa? Vogliamo forse eleggere il rugby a disciplina molto più faticosa di qualunque altra? Le tue affermazioni mi sembrano doloristiche e come tali non richiamano gli insegnamenti di Maria Montessori, la quale per certi versi si è opposta proprio al dolorismo privilegiando l’autovalutazione del soggetto che impara rispetto ad ogni legge inculcata con la forza.

Come facciamo ad attirare bambini e adolescenti al rugby in una prospettiva doloristica? Siamo davvero noi italiani gli unici a concepire il rugby in modo diverso da tutto il resto del mondo? Che vuol dire? Viviamo in una savana dove ripetiamo da sempre gli stessi gesti e gli stessi riti?

Peccato che nel mondo ci sono interi paesi se non continenti che copiano proprio i nostri prodotti. Peccato che l’italiano è la quarta lingua del mondo e viene parlato in molti paesi rugbistici, con in testa Argentina ed Australia. Mio padre è stato segretario d’ambasciata in Australia!

La tua demolizione del gioco dilettantistico e del terzo tempo mi sembra consequenziale al tuo rifiuto (direi implicito) del divertimento nello sport. Se non ci si può divertire, se non si possono fare amici dopo il gioco, ma allora perché invocare il terzo tempo e perché provare anche il piacere in uno sport come il rugby? Sembra che per te non ci sia una gioia anche nella sofferenza. Sembra che non ci sia una libertà anche nella disciplina. Almeno è questo che io penso.

Nella tua tavola la libertà sembra assente. Noi italiani saremmo coloro che si ripetono e fanno sempre le stesse cose. Non saremmo liberi. Beccaria ha sognato! 

Anche il tuo super-io francese mi sembra francamente esagerato. Posso dire, assistito dai miei 6 anni di liceo francese a Parigi, che in quel tipo di scuola si gioca a palla ovale essenzialmente per divertirsi e nella stessa misura del calcio e non ho mai incontrato in questo una educazione superiore. E’ vero che esiste anche la Francia protestante e dei palati sopraffini, essenzialmente Tolosa, ma è una minoranza anche nel rugby. Non vedo nessun tasso educativo strabiliante nel rugby transalpino. Semplicemente hanno creato una scuola e la difendono. Giocavano quarant’anni fa in quelle zone dove ancora oggi giocano. Nulla di divino, nulla di superiore. Non si impara il rugby con gli dei greci! A mio parere si impara il rugby giocando, e migliorandosi, come in ogni altro sport.

 

Giovanni Ciraolo      

 

 

Da: rugbylist-bounces a rugbylist.it [mailto:rugbylist-bounces a rugbylist.it] Per conto di Salvatore Messina
Inviato: martedì 7 aprile 2015 13:41
A: rugbylist a rugbylist.it
Oggetto: [RUGBYLIST] I: i maestri e Doro

 

Ah ah ah!

 

Prendo a spunto le tue parole per una mia considerazione "ignorante"...

 

Per imparare a fare qualsiasi cosa bisogna prima capirne la finalità: un cucchiaio serve a mangiare meglio che con le mani, il cambio automatico a tenere entrambe le mani sul volante, il telaio computerizzato a tessere disegni complicati in breve tempo e l'amante a tamponare quando la moglie ha il mal di testa.

Una volta capito questo ci si guarda in giro e si vede come sono fatte queste cose e come si usano al meglio. Se si è bravi si migliorano altrimenti si impara a costruirle e ad usarle.

 

Noi italiani in questo siamo bravissimi perché, contrariamente a quanto si creda, la concorrenza nel nostro paese è fortissima e fin da bambini impariamo a "passare davanti agli altri in fila".

Questo perché ci guardiamo in giro, osserviamo, copiamo e poi realizziamo ciò che abbiamo capito.

 

Lo stesso avviene con il rugby solo che per noi il rugby significa qualcosa di COMPLETAMENTE diverso dal resto del mondo. Non lo abbiamo cioè capito. Continuiamo quindi ad impegnarci, investire, spremerci il cervello, copiare ma finché la nostra idea di rugby sarà diversa saremo competitivi con il resto del mondo solo nelle occasioni in cui il nostro rugby coincide con quello degli altri.

 

Alcuni luoghi comuni...

 

"Il rugby sport per tutti"

Non è assolutamente vero: per giocare a rugby bisogna essere forti, veloci ed aggressivi; in grado di sopportare (veramente) il dolore e la fatica e con una massa muscolare adatta ad assorbire i colpi. Il fighetto o il panzone perderanno sempre contro il "figlio di puttana".

 

"L'importante è partecipare"

L'importante è vincere. Si può partecipare ad una partita di tennis, una partita di calcio o a briscola ma per placcare l'avversario o superare un placcaggio bisogna avere VOGLIA di vincere altrimenti lo si prende per la maglia o si fa una ruck (questa la capiscono in pochi!)... Così come scalare una montagna o una salita in bicicletta.. devi aver fame di vincere non di partecipare, altrimenti si molla...

 

"Terzo tempo"

Il terzo tempo è una invenzione tutta nostra. Per i non anglo-sassoni non è concepibile prendersi a mazzate e poi ridere e scherzare assieme. I latini odiano in segreto, ti colpiscono alle spalle e considerano la violenza come un mezzo per raggiungere uno scopo. Gli altri si prendono a botte perché è divertente, al pari di bere e fare sesso... Così negli ultimi 20 anni si è enfatizzato il terzo tempo per portare al campo gente che con il rugby non aveva niente a che fare ma a cui piaceva avere un motivo per mangiare e bere e fare casino... Risultato? Olimpico e club house stracolmi ma in campo i soliti 4 gatti!

 

"Rugby sport di contatto"

Mi sono sempre domandato che cosa sia il contatto... L'unica cosa che mi viene in mente è una ragazzina timida che cerca di sfiorare il corpo del suo amato segreto.

Il rugby è uno sport di scontro. E' un combattimento tra me e l'avversario e quando si va a placcare 100 kg in piena velocità la tecnica serve a poco se non hai "istinto omicida". La differenza, da spiegare alle mamme (ma che loro non capiranno mai appunto perché sono mamme) è che l'aggressività non va repressa ma gestita perché nella vita prima o poi capiterà quel momento in cui devi tirare fuori le unghie e i denti. Oltretutto se la nostra situazione psichica non è equilibrata potrà esplodere incontrollata per futili motivi.

 

"Rugby sport di valori"

Qui dovrei scomodare Kant ma è troppo anche per me... Però aveva ragione su tantissime cose, in primis la morale umana.

 

"Sport educativo"

Nessuno ha dubbi su questo. Semmai la domanda sta nel concetto stesso di educazione nel nostro paese. Sopratutto cosa vogliamo e-ducare...

 

"Metodo globale"

Lasciato per ultimo appositamente. L'unico concetto "tecnico" ma che riassume in se tutte le mancanze del nostro rugby. Se ne sono dette tante e tante ancora se ne dicono tra chi ringrazia, maledice, benedice o semplicemente è in disaccordo con Villepreux che ha inventato (???) "la madre" di tutte le metodologie didattiche dell'ital-rugby.

Diciamo subito che di per se è valida così come è valido un antibiotico. Quello che però dobbiamo valutarne è la posologia. Se ho mal di denti forse è un tantino inutile...

(Sospiro...)

Tanto per riassumere l'idea del famoso metodo di insegnamento del rugby ha origini lontane e si basa essenzialmente sul famoso metodo Montessori (e/o Agazzi) in cui il bambino essenzialmente scopre e si auto-forma in base all'esperienza (guarda caso idea nata da italiani...). Senza dare un giudizio positivo o negativo, la particolarità del francese sta nel fatto di aver utilizzato tale metodo come stratagemma per facilitare l'insegnamento del rugby nelle scuole francesi anche da parte di insegnanti (insegnanti laureati) che non lo conoscevano.

Applicato da noi è stato sfruttato per far insegnare il rugby anche a persone che non sapevano nemmeno cosa fosse... E i risultati si vedono!

La differenza tra noi e la Francia sta nel fatto che alla scuola francese il rugby serviva come sussidio educativo. Stava poi alla FFR ed ai club convogliare i ragazzi che se ne appassionavano oltre l'attività educativa scolastica.

Da noi invece si è usato il metodo globale direttamente sui campi a mano di insegnanti volenterosi ma che nella maggior parte dei casi (sopratutto negli ultimi anni a seguito dell'inserimento delle "obbligatorietà") non avevano un vissuto rugbystico per definire gli obbiettivi da raggiungere con il metodo globale.

Con l'avvento del rugby-televisivo anche i pochi obbiettivi tecnici rimasti sono stati miseramente confusi...

 

C'è altro ma qui ho esposto i punti salienti delle peculiarità del nostro modo di interpretare il rugby. Alcuni sono antichi, altri sono più moderni intervenuti ad "incancrenire" la situazione.

 

Cambiamo il nostro rugby o ritiriamoci a giocarlo solo tra di noi... 

 

 

Salvatore Messina

 

----- Messaggio inoltrato -----
Da: "luciano37 a libero.it" <luciano37 a libero.it>
A: rugbylist a rugbylist.it 
Inviato: Venerdì 3 Aprile 2015 12:06
Oggetto: [RUGBYLIST] i maestri e Doro

 

Con gli auguri per la Pasqua, chiedo agli amici della List  di accettare anche una breve considerazione sul "dibattito" in atto a proposito di Georgia e Italia.
Nei miei, purtroppo lunghi anni con, o accanto, la Nazionale, a ogni delusione azzurra ho visto concretizzarsi l'ammirazione per  nuovi "maestri" o modelli da imitare. 
Così prima la Francia, poi la Romania, poi perfino l'Urss (i cui tecnici affermavano di avere affinato il loro rugby sui filmati del "Cinque Nazioni") e quindi, a cascata, tutto il rugby di lingua inglese, per non parlare dell'Argentina. Adesso la Georgia.
 Non entro nel merito, ricordo solo una frase tanto giocosa quanto lapidaria, dell'indimenticato Doro Quaglio: " Nonostante tutti questi maestri,  di rugby non abbiamo imparato quasi niente. Ma quanto ignoranti siamo, noi italiani?"
Auguri ancora
Luciano Ravagnani


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