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[RUGBYLIST] R: R: Re: rugby situazionale: il pensiero di Villepreux!

Giovanni Ciraolo jxcira a tin.it
Lun 26 Ott 2015 16:23:57 CET


Non mi sembra esatto interpretare Villepreux come sostenitore del “no skills”! Per chi volesse approfondire sul web credo vi siano anche gli ultimi stage fatti in Italia se non sbaglio del 2011 ed in ambiente molto under. La critica di Villepreux negli ultimi anni si è rivolta soprattutto verso il modello australiano di rugby totale. Villepreux non accetta il gioco programmato, non accetta un modello tecnico che riduce enormemente la capacità discrezionale del giocatore. Prigioniero della sua storia personale? In effetti, chi è oggi colui che fa quel che Villepreux estremo eseguiva flirtando con le linee di campo e accelerando su corridoi impossibili? Forse in parte ha ragione lui, forse una porzione della testa del rugbista dopo il professionismo è stata veramente neutralizzata e addormentata. Ma perché? Per correre meno rischi! Pochissimi dirigenti nel rugby attuale vogliono correre rischi. La mancanza di rischio nel gioco, è questo che il francese contesta. Non per nulla Villepreux cita il rugby femminile come esempio tecnico da seguire perché nella sua intuizione originaria è ancora simile al rugby maschile ante-professionismo! 

Gli skills sono fondamentali (scusatemi, ma gli skills non sono stati sempre, per esempio, un punto forte dei centri d’oltralpe?) perché tra l’altro risolvono dei match che sembrano pendere da una parte che non è quella vera. Il match SA-NZD di sabato scorso è sembrato rientrare in questo caso. Troppo duri gli AB, troppi passaggi multipli per una grande ma dispendiosa difesa come quella dei Boks. Nel caso degli australiani prevale invece proprio il gioco che Villepreux critica.

Siamo in un mondo pieno di low-cost e Villepreux romanticamente si chiede (n.b. il personaggio è di sinistra gauche gauche!): ma è questo il rugby che mi ha fatto innamorare? Ho praticato io un rugby low-cost? Aggiungo che le tesi dei tecnici francesi vanno sempre spogliate di qualche eccesso: che di solito è la troppa analisi. Una squadra è come un orologio, se guardi troppo agli ingranaggi, perdi il senso delle lancette.

g.ciraolo         

 

Da: rugbylist-bounces a rugbylist.it [mailto:rugbylist-bounces a rugbylist.it] Per conto di paolo.valbusa a libero.it
Inviato: domenica 25 ottobre 2015 15:09
A: rugbylist a rugbylist.it
Oggetto: [RUGBYLIST] R: Re: rugby situazionale: il pensiero di Villepreux!

 


Ha pensato che "gioco situazionale" volesse dire "no skills", e in tal senso ha improntato tutto il proprio cammino e la propria impostazione teorica, con i risultati, mi peremtto di dirlo, che sono sotto gli occhi di tutti ...

 

Quoto Luca Oliva. Anzi "quotissimo".

Cari saluti a tutti,

Paolo Valbusa

 

 

 

 

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----Messaggio originale----
Da: lucaoliver63 a gmail.com
Data: 25/10/2015 12.08
A: <rugbylist a rugbylist.it>
Ogg: Re: [RUGBYLIST] rugby situazionale: il pensiero di Villepreux!

Mi spiace rispondere solo ora, ma non riesco a farlo in "tempo reale".
Il concetto di rugby situazionale è qualcosa che Villepreux aveva ben chiaro in testa, fin dal suo esordio alla guida della nazionale italiana (fine anni '70) e poi da coach di Treviso, come ben ricordato da Gian Domenico Mazzocato.
Nessuno qui svuole sminuire i concetti di Villepreux, e me ne guarderei bene, non vedo che titoli avrei per farlo, nè sottovalutare l'importanza che questi concetti hanno avuto nello sviluppo del rugby italiano e non solo.
Quasi tutti questi concetti sono stati interiorizzati dal rugby moderno, e basta guardare una qualsiasi partita di questo mondiale per rendersene conto.
Però, si faccia una riflessione: 
- se è vero che un pilone deve partecipare al gioco aperto, non dovrà forse avere nel proprio patrimonio tecnico un minimo di quegli skills necessari a garantire un gioco di movimento, quali: linee di corsa, visione laterale, passaggio dx/sx, capacità di giocare 2 vs 1, ecc. senza arrivare a delineare skills di maggiore specializzazione, quali movimento in seconda linea dì'attacco, ecc. ?
- se un trequarti centro deve entrare nei raggruppamenti, non dovrà forse avere una tecnica corretta di approccio al punto d'incontro (entrata dal gate, posizione delle spalle e del bacino, posizione di spinta, ecc.) ?
- dire che oggi il rugby non è un gioco specializzato è una falsità, e basta sempre guardare un pò di rugby internazionale per rendersene conto: oggi tutti i ruoli del rugby sono ad "alta specializzazione", dal pilone all'estremo
E quindi ?
Probabilmente è solo questione di interpretazione. Qualcuno, non so chi, non mi interessa, ed è certamente difficile andare a ripercorrerne le tracce, ad un certo punto ha preso una strada traversa, ha sbagliato indicazione al bivio, e si è impantanato in una strada senza uscita, con un bella sequoia crollata al suolo a impedire il cammino ...
Ha pensato che "gioco situazionale" volesse dire "no skills", e in tal senso ha improntato tutto il proprio cammino e la propria immpostazione teorica, con i risultati, mi peremtto di dirlo, che sono sotto gli occhi di tutti ...
Se poi continuiamo a produrre "gym monkeys", come argutamente detto da Vittorio Munari in un intervento in un noto blog rugbystico italiano, anzichè giocatori di rugby, che cosa ci aspettiamo ?
Il tempo per rettificare il tiro c'è sicuramente, basta rendersene conto e provvedere rapidamente ...

Ciao a tutti.
Luca Oliva 

Il 23/10/2015 16:29, Giovanni Ciraolo ha scritto:

Il termine “rugby situazionale”, o per dirla linguisticamente più corretta “rugby di situazione”, è stata anche una elaborazione sviluppata da Pierre Villepreux; data l’influenza che questo rugbista ha esercitato sulla nostra scuola tecnica italiana, credo che il suo pensiero sull’argomento (scritto da ultimo nel 2007 in prossimità della coppa del mondo in Francia) sia interessante e lo cito qui di seguito:

“Improvvisamente (n.d.r.: nei primi anni novanta) il rugby è cambiato. Cronologicamente, i primi frutti di queste innovazioni sono del 1995, durante la Coppa del Mondo in Sud Africa: gioco in movimento con sostituzioni di compiti tra avanti e 3/4. Mi ricordo che nel 1998, durante un allenamento a Narbonne con il quindici di Francia, abbiamo integrato con Jean-Claude Skrela questi giocatori distribuendo i cambiamenti. Di’ a un pilone di non incollarsi sistematicamente alla palla, ma anche di partecipare al gioco, e di’ anche agli estremi di raggiungere i raggruppamenti …. beh durante questa formazione i giocatori sono rimasti sorpresi. Ciò ha richiesto di modificare tutti i loro automatismi, le loro concezioni del gioco ed il loro ruolo. Tutti i sistemi offensivi e difensivi sono stati messi in discussione. Alcuni si chiedevano se fossero davvero fatti per questa nuova forma di rugby (n.d.r. : senza regole rigide e prefissate).
Durante la fase di competizione, l'attuazione del nuovo rugby non si perfezionava per il francese come per gli altri. Si avanzava a tentoni prima di ottenere uno progresso significativo. Due disegni di gioco si sono andati delineando. Nella prima versione, i lanci del gioco sono programmati, il che rende le cose più facili. Questo approccio è stato quello degli australiani, che avevano in testa fino a tre tempi di gioco con ruoli definiti per ogni giocatore. La seconda concezione lascia invece al giocatore l’abilità di posizionarsi sul terreno di gioco e di adattarsi all’andamento del match: si può parlare in questo caso di “intelligenza situazionale” cioè di una lettura di gioco superiore a quella tradizionale, e che richiede più riflessione. E 'stata questa la nostra condotta tattica (n.d.r.: della nazionale francese). Ma non iniziò nel 1998 o 1999. Lo Stade Toulousain l’aveva già sperimentata in precedenza. Questo rugby ha comportato una forte difesa capace di recuperare palla ma poi … con la palla in mano occorre fare anche le scelte giuste!… (n.d.r.: è forse quello che i francesi non sanno più fare adesso!). In Francia, penso che siamo sempre stati avanti nello sviluppo di questa capacità (n.d.r.: mai sopravvalutarsi!), che gli anglosassoni chiamano "stile francese". Secondo me, è qui che sono avvenuti i principali cambiamenti. La semifinale Francia-Nuova Zelanda (WRC 1999) è stata aneddotica al riguardo”.

g.ciraolo

    






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