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[RUGBYLIST] Notizie del lunedì

allrugby allrugby a gmail.com
Lun 9 Ott 2006 21:48:06 CEST


Come consuetudine, copio ed incollo dal Gaz<zettino di Treviso.
Ciao.
Franco (TV)

Dietro la larga vittoria di L'Aquila si delinea il volto della squadra
di Berbizier: più esperienza e competitività, metà giocatori di
formazione straniera
L'Italia degli emigranti copia il modello Pumas
Il match col Portogallo segna una svolta storica: con 12 titolari
all'estero la Nazionale non è più figlia del campionato

L'Aquila
NOSTRO INVIATO

La vittoria dell'Italia sul Portogallo a L'Aquila è una di quelle da
ricordare. Non per il roboante punteggio (83-0) o per il numero di
mete (13). Tariffa dovuta (anche se non attesa di tali proporzioni) a
una squadra appartenente al "terzo mondo" (o terzo livello come lo
definisce l'Irb) rugbistico. Quanto per la storica svolta che riguarda
la Nazionale italiana.

La svolta è che la Nazionale ormai non è più il frutto del campionato.
Anzi, ne è un corpo quasi estraneo. Una tendenza in atto da tempo.
Accentuata nel primo anno della gestione di Pierre Berbizier (10 dei
22 convocati stabili per il Sei Nazioni giocavano nel Top 14
francese). Sancita in modo irreversibile, almeno fino al Mondiale
2007, dalla formazione schierata sabato contro il Portogallo. Ben otto
elementi del XV provenivano da squadre del Top 14, quattro dalla
Premiership inglese e solo tre dal Super 10 italiano: Robertson,
Picone e Barbieri. Un conto parzialmente riequilibrato dalla panchina
(due "francesi" e cinque italiani) che conferma quanto è emerso dalla
diaspora avvenuta con l'ultimo mercato. Quella in maglia azzurra è la
Nazionale degli italiani all'estero, non più del campionato italiano.

Non è un caso che il ct e il team manager Carlo Checchinato abbiano
passato molto tempo in questo inizio di stagione tra Francia e
Inghilterra. A vedere in che condizioni giocano gli azzurri, a
discutere con i loro tecnici di club linee di allenamento, tabelle di
impegni, ruoli e quant'altro serve per utilizzare al meglio i
giocatori. Un lavoro da fare ormai sempre più con il Biarritz, lo
Stade Francais, il Gloucester piuttosto che il Rovigo, il Padova e il
Treviso, visto che dal Super 10 si pesca poco.

Berbizier non fa ovviamente gerarchie. E a chi gli chiede l'importanza
di avere elementi con esperienza in Francia e Inghilterra spiega: «Per
me in Nazionale non sono diversi dagli altri. L'importante è che
abbiano la volontà di dare qualcosa alla squadra, non da dove
vengono». Approccio sacrosanto, ma che nei fatti si traduce in 12/15
di italiani all'estero. Che presto diventeranno di più. Un esempio?
Quando Mirco Bergamasco, Gonzalo Canale e Andrea Masi saranno tutti
disponibili verranno schierati insieme. Sarebbe un peccato non
sfruttare tre talenti internazionali del genere. Come? «Giocheremo con
tre centri» ha scherzato lo stesso ct, che non vuole dar adito a
congetture. È probabile invece lo slittamento all'ala ai danni di
Kaine Robertson, uno dei tre italiani (si fa per dire...).

Il modello di Nazionale a cui si ispira sempre più l'Italia è quindi
l'Argentina. Capace di competere con Inghilterra e All Blacks grazie
ai giocatori sparsi tra Francia e Inghilterra. Un modello che ha
costretto il ct Marcelo Loffreda, sabato in tribuna a L'Aquila, a
organizzare i raduni in Europa, l'ultimo lo scorso week-end in
Svizzera. Berbizier non ha nemmeno questo problema, visto che fra lui
e i suoi uomini non c'è di mezzo l'oceano. La grande differenza con il
modello Pumas è però che loro hanno tutti giocatori di formazione
argentina, noi sempre meno di formazione italiana. Anche con il
Portogallo gli azzurri di formazione argentina, sudafricana, inglese,
francese, neozelandese e canadese sono stati la metà dei giocatori
utilizzati (8/15 dei titolari; 7,5 se consideriamo uno come Parisse
formato a metà in Italia). Una tendenza, quest'ultima, in atto da un
decennio, su cui si innesta ora quella nuova degli italiani
all'estero.

L'Italia, quindi, è sempre meno figlia dei vivai e del campionato. Un
prezzo che si è deciso consapevolmente di pagare per crescere come
Nazionale, restare tra le big e centrare al Mondiale '07 la storica
qualificazione ai quarti.

Ivan Malfatto
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VERSO I MONDIALI Il ct si attende un match più fisico: Sole in
mischia. Usa qualificati, Romania quasi
Marcato torna a Treviso, in Russia c'è Griffen


(im) L'Italia ha scelto i 24 giocatori che sabato a Mosca disputeranno
contro la Russia il secondo e decisivo match di qualificazione alla
Coppa del Mondo (passa chi vince il girone a 3 con incontri secchi).
Torna a disposizione il mediano di mischia Paul Griffen, ristabilito
dall'attacco di appendicite. Tornano ai propri club, invece, Bernabò,
Padrò, Barbieri, Neethling, Spragg, Peens e Marcato che facevano parte
dei 31 di L'Aquila. Mentre dallo Stade Francais ci sarebbero pressioni
per far rientrare a Parigi Parisse in modo da far fronte agli
infortuni che hanno colpito la squadra. Azzurri in allenamento fino a
giovedì a Roma, poi partenza per Mosca dove si gioca alle 14 (le 12 in
Italia). Diretta su Skysport2.
QUATTRO SALTATORI -Per i giovani Robert Barbieri e Andrea Marcato non
è una bocciatura. «È una scelta tattica - spiega il team manager Carlo
Checchinato - La Russia è più forte del Portogallo in touche, servono
quattro saltatori, Sole è più utile di Barbieri. La mischia sarà più
impegnata, abbiamo scelto 13 avanti a 11 trequarti, perciò dietro
puntiamo su elementi poliedrici. In caso di problemi a Pez sarà
Griffen l'apertura».

CONSEGNE DA RISPETTARE -Chiarito cosa non è piaciuto al ct Pierre
Berbizier nell'83-0 con il Portogallo: il mancato rispetto delle
consegne dopo i 25' iniziali. Invece di giocare coralmente, di seguire
la strategia (due punti d'incontro e palla al largo, o in touche) gli
azzurri hanno preso iniziative individuali. Con i portoghesi nessuna
conseguenza. In passato con Figi e Argentina il mancato rigore è
costato la partita. Doveroso il richiamo del ct.

RUSSIA PIU' FISICA -Ct che alla domanda, quale sarà la differenza tra
Russia e Portogallo, picchia ancora su questo tasto: «A Mosca
troveremo un contesto ambientale e una dimensione fisica diversi.
Dobbiamo comportarci come abbiamo fatto i primi 25' a L'Aquila».
Attesa una discreta battaglia con il pack.

ALTRE QUALIFICAZIONI - Nell'altro gruppo europea a Bucarest la Romania
batte 20-8 la Georgia e ipoteca la qualificazione. Ora affronta la
Spagna, passa la prima del girone, la seconda spareggia con la seconda
del gruppo dell'Italia. La vincente dello spareggio europeo va
anch'essa al Mondiale. La perdente si gioca l'accesso con la perdente
del gruppo africano (in finale Marocco-Tunisia o Namibia); chi vince
questo ulteriore spareggio sfida l'Uruguay e la vincente va al
Mondiale. Uruguay che è stato eliminato dagli Stati Uniti (andata
42-13, ritorno 33-7). In tutto finora le qualificate sono 13 su 20: le
prime 8 della Rwc '03 (Inghilterra, Australia, Francia, Nuova Zelanda,
Sudafrica, Irlanda, Galles, Scozia), 3 americane (Argentina, Canada,
Stati Uniti), 2 dell'Oceania (Samoa, Figi). Le altre usciranno da
Europa (3), Africa (1), Asia (1) e dagli spareggi incrociati fra
continenti (2).
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I PREMI DEL CONI DIMENTICANO GLI ALLENATORI VENETI


(im) Il Veneto è la regione più rugbistica d'Italia, ma per il Coni
non ha allenatori degni di ricevere la Palma d'oro, d'argento, o di
bronzo. Nuova onorificenza istituita quest'anno e andata, per quanto
riguarda il rugby, a Marco Bollesan, Lino Maffi (oro), Massimo
Mascioletti, Stefano Romagnoli (argento), Francesco Ascione, Franco
Bernini e Pino Lusi (bronzo). Sette personaggi e tecnici conosciuti e
stimati, ma possibile che in mezzo a loro non ci fosse posto per
almeno un veneto? I nomi non mancano. Se si guardano gli scudetti
vinti, solo fermandosi agli ultimi vent'anni, bastano quelli di
Vittorio Munari, Oscar Collodo e Gianni Zanon, Andrea Cavinato.
Passando ai ct della nazionale c'è Doro Quaglio. Chiudendo con i
tecnici impegnati a livello federale e nelle nazionali giovanili come
dimenticare Titta Casagrande, Giorgio Sbrocco, Ino Pizzolato e tanti
altri? Evidentemente secondo i criteri di selezione non sono stati
ritenuti all'altezza. Un altro smacco per il Veneto rugbistico, dopo
la battuta del presidente Giancarlo Dondi sulla ridotta capacità ormai
dei suoi vivai di produrre talenti. Battuta fortemente contestata dai
club.
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IL LEADER DEI MARCATORI
Scanavacca vede azzurro, Coste lo promuove


(a.li.) Autunno magico per Andrea Scanavacca. Il mediano di apertura
rodigino dopo i primi 4 turni di Super 10 si ritrova per la prima
volta nella sua carriera con un doppio primato: in vetta al campionato
col Calvisano e leader dei marcatori. Soprattutto è in forma, tanto da
aver trovato nell'ex ct Coste uno sponsor inatteso. L'ex tecnico della
nazionale parlando degli azzurri più in forma all'estero, ha fatto
un'eccezione per Pepe citandolo accanto ai Bergamasco e ai Parisse:
«Ho trovato Pepe in una condizione sorprendente - dice il francese - E
non solo nel gioco al piede, suo punto di forza. L'ho visto vivo,
intelligente nelle scelte di gioco, forte alla mano, presente in
difesa. Un giocatore sicuramente di interesse per la nazionale».
Scanavacca ringrazia. Alla nazionale ci pensa ancora ma senza i patemi
di un tempo: «Il mio obiettivo è il mondiale 2007. Mi piacerebbe
rientrare in azzurro il prima possibile. Giocare contro l'Australia in
novembre sarebbe un sogno. Sono pronto. Ho 33 anni e la pressione non
mi fa certo tremare le gambe, anzi la cerco per dimostrare il mio
valore. Se il ct mi chiama vado di corsa con l'entusiasmo di un
ragazzino alla prima convocazione. Tuttavia non ho l'ansia della
maglia azzurra. E prima di tutto penso al Calvisano: domenica andiamo
a Padova, poi in Heineken affronteremo sfide importanti contro lo
Stade Francais e il Sale. Quest'anno ho lo scudetto a cui pensare,
l'altro mio grande sogno».

Parole che lasciano capire che il feeling con Berbizier non è
interrotto. I due si sono parlati dopo la partita tra Calvisano e
Treviso. Il ct è stato schietto, come d'abitudine: Scanavacca non è in
questo momento la sua prima scelta. E l'anagrafe lo obbliga a
investire sui giovani per il futuro. Ma le porte non sono chiuse. «Ho
stima di Berbizier - dice Scanavacca - so che non ci sono preclusioni
nei miei confronti. A Calvisano ho trovato un club competitivo e un
ambiente ideale che assomiglia un po' a Rovigo. L'Heineken mi
consentirà di confrontarmi ad altissimo livello. Con Delpoux ho un
rapporto molto buono. C'è un dialogo continuo, e per me è importante.
Inoltre mi trovo a meraviglia col suo sistema di gioco: gli piace il
movimento ma senza troppi azzardi: dai nostri 22 metri non si rischia
un contrattacco se non ci sono le condizioni per farlo. Prima dello
spettacolo viene la concretezza. Ci chiede un'implicazione totale, di
ragionare, di riflettere». Parole che Berbizier sottoscriverebbe in
pieno.
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Le sfide di alto livello e lo sviluppo dei vivai


Lunga conversazione con Georges Coste sul futuro dei settori
giovanili. L'ex ct azzurro, dopo aver lasciato l'incarico di
responsabile dei centri di formazione della federazione francese, è
tornato in Italia con il ruolo di consulente e referente tecnico della
Fir per la neo costituita Accademia di Tirrenia. All'inizio sembrava
che Coste fosse destinato a un impegno a tempo pieno. «Ma non è stato
possibile - spiega il tecnico - perchè sono sopraggiunti problemi
familiari che mi costringono a limitare la presenza in media a una
settimana al mese». Il tecnico affianca dunque il direttore
dell'Accademia Mario Lodigiani: oltre che della supervisione nella
formazione di giocatori e tecnici si occupa anche della definizione di
indirizzi e programmi.
«L'ingresso dell'Italia nel grande giro del rugby comporta un grosso
sforzo nella formazione dei giovani e dei tecnici - sottolinea Coste
-. Siamo chiamati a non solo a essere sempre più competitivi sul piano
dei risultati e della qualità nelle grandi rassegne giovanili
internazionali, ma anche a fare dei vivai la nuova realtà di
riferimento del rugby italiano dal momento che quasi tutti gli azzurri
della nazionale maggiore giocano all'estero. L'obiettivo è quello di
garantire un rifornimento di qualità al Super 10 che non può
assolutamente scendere di livello. E visto che l'Italia nei settori
giovanili fa un po' di fatica a seguire i costanti progressi degli
altri Paesi si è pensato di creare una prima Accademia dove radunare i
ragazzi più promettenti, farli studiare e lavorare di più per
avvicinarli alla dimensione dell'alto livello».

Chiedo a Coste quali sono i problemi di fondo cui si cerca di dare
risposte a Tirrenia, quali le linee tecniche a cui ci si ispira.
Secondo l'ex ct il metodo analitico utilizzato nella preparazione da
tempo segna il passo e andrebbe almeno integrato da un sistema che
risponda alla nuova realtà dell'alto livello: l'adattamento
permanente. «A parità di preparazione fisica, lo scarto è determinato
soprattutto dalla capacità di adattamento alle situazioni reali
proposte dal gioco, sotto un'enorme pressione e con confronto continuo
tra attacco e difesa che offre pochissime pause- dice Coste-. Nella
finale del mondiale under 21 dello scorso anno il tempo di gioco
effettivo è stato di 42 minuti su 80, mentre tra gli under 19 si
arriva a 38 su 70. Il movimento è continuo e può richiedere a una
nazionale giovanile tra i 100 e i 120 placcaggi a partita».

Da qui la messa in discussione dei sistemi di preparazione
tradizionali. «In allenamento si devono creare condizioni reali di
gioco - dice Coste- è necessario lavorare con l'opposizione su una
situazione di confronto continuo tra attacco e difesa ad alta
velocità, abituando i giocatori a trovare soluzioni rapide e coerenti
a problemi concreti, ad adattarsi incessantemente alle differenti
condizioni che propone una partita. Naturalmente la tecnica
individuale, la preparazione fisica, la tattica continuano a rivestire
un'importanza fondamentale. Ma da sole non bastano più a tenere il
passo. Certo gli schemi restano. Il problema è saperli adattare e
modificare in tempo reale. Ecco perché oggi si parte dal movimento
complessivo per arrivare alla tecnica individuale».

Georges individua nella scuola di Tolosa, cui negli anni Ottanta ha
dato un enorme contributo Pierre Villepreux, l'inizio di questa
metodo: «Francesi e australiani sono stati i precursori. Da 6-7 anni
anche i neozelandesi lavorano moltissimo su questi principi mentre gli
anglosassoni e i sudafricani si sono mossi in ritardo. Ora sono i
sudafricani, molto legati alla loro cultura di approccio fisico,
quelli maggiormente in difficoltà sotto questo aspetto».



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