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[RUGBYLIST] Violenza nel rugby

allrugby allrugby a gmail.com
Mar 17 Ott 2006 22:04:54 CEST


Evidentemente il fair play e la moderazione, in senso assoluto, anche
nel rugby hanno i loro limiti.
Quello che è accaduto a Montebelluna (TV) e sul campo del Tirreno, ne
è una prova.
Culturalmente, l'italiano in particolare (ed il latino in generale),
prescinde da un'insofferenza per l'autorità costituita, sia essa
promulgatrice di leggi sociali o sportive.
Il clima è quello di  vivere una repressione settimanale (superiori,
famiglia, religione, ecc.) che, da noi più che in ogni altra parte,
fiorisce e si alimenta.
Resta il fine settimana (una volta era solo la domenica), dove queste
repressioni trovano sfogo nella rabbia sportiva (e non).
E da qui in avanti cominciamo pure a fare una serie di considerazioni
socio/psicologiche che, pur avendo senz'altro limiti di giudizio e
preparazione, potrebbero dimostrarsi anche veritiere.
Innanzitutto, la cultura media del "tifoso": sarebbe troppo facile
dire che, essendo il calcio seguito da molta più gente rispetto al
rugby, lo stesso è insito di maggior tasso di violenza.
Probabilmente, dove la cultura del rugby è radicata e si distingue da
quella calcistica, la differenza è più marcata, nel senso che
succedono infinitamente meno "incidenti" nel rugby, nei paesi
anglosassoni, rispetto alla "filiera" calcio.
In Italia il "tifoso" di calcio molte volte è "prestato" al rugby, con
la conseguenza che lo sport ne importa anche i comportamenti, nel bene
e nel male.
Oltre al verificarsi un'aumentata propensione alla rissa nel campo, il
rugby sta "copiando" comportamenti estremi solitamente estranei al suo
spirito solo fino a qualche anno fa.
Il professionismo può avercene messo del suo, accrescendo interessi e
circolazione di denaro, ma questo fa a pugni con il diminuito
interesse nel rugby causa il decadimento dello spettacolo che,
soprattutto nel massimo campionato, è sotto gli occhi di tutti.
Anche gli educatori dovrebbero essere educati, nel senso che i
genitori dovrebbero imparare dai loro figlioli neo-rugbysti, quello
che a loro volta apprendono da allenatori e dirigenti.
Insomma, il discorso è complesso, ma prima che ci siano veramente
rovinose cadute di stili e principi, sarebbe bene che tutti gli
addetti ai lavori facessero un bell'esame di coscienza, ripartendo
dallo spirito che William Webb Ellis, ignaro del fatto, ha
inconsapevolmente trasmesso a generazioni e generazioni di miti,
atleti, allenatori, leggende, amicizie sincere e solidarietà umana.
Ciao.
Franco (TV)



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