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[RUGBYLIST] bilancio tecnico

Giovanni Ciraolo jxcira a tin.it
Dom 16 Mar 2008 09:33:42 CET


Il Sei Nazioni si chiude con un progresso. L'Italia e' un contendente del torneo e non piu' la squadra che deve giustificare di esserci. Il nostro rugby si sta integrando in quello internazionale, a livello di giocatori e di pubblico. Va dato atto a Dondi e alla sua diplomazia internazionale di aver originato questo processo. Tuttavia, a livello di coaching, c'e' molto da fare. Il rugby di oggi e' meno romantico di quello di una volta. Vedi la Francia che a Cardiff ha cercato il match ma non e' entrata nel contesto. Il rugby non e' piu' come una volta, perche' un tempo il gioco si capovolgeva un po' a pendolo ed era sempre bello. Oggi, la preparazione fisica delle grandi squadre puo' rendere la pressione unidirezionale con le difese che salgono cosi' forte da togliere ogni ossigeno. A quel punto, l'avversario non capisce piu' niente e perde anche i raggruppamenti introdotti in vantaggio, vedi l'Irlanda nel secondo tempo con l'Inghilterra ed anche un po' la Francia. Mi piangeva il cuore nel vedere O'Gara e i suoi arrancare in prossimita' della meta inglese (...un'intera generazione di players sempre alla ricerca di grandi appuntamenti!) e prendere una meta nemmeno tanto irresistibile, pero' che disciplina interiore questo quindici della rosa con un'apertura che e' il frutto e non la causa della stessa disciplina! Si, il rugby di oggi richiede una grande disciplina (Jean Pierre Rives: le rugby d'aujourd'hui ce n'est plus ton affaire!). Il gioco di piede si basa sull'intelligenza. Mentre il rugby di un tempo si fondava su principi continui, in pratica si eseguivano azioni con effetti che richiedevano altre azioni (palla calciata giusto oltre la linea avversaria, incroci tra apertura e centri per spostare l'attacco etc..), oggi la commistione di gioco a uomo e a zona fa si' che le ripartenze, piu' che spostare il gioco, tendono a scardinare il gioco avversario al centro e non e' il giocatore in azione (nemmeno l'apertura) che conta, non essendoci piu' piazzamenti residuali di singoli (l'ala per esempio), ma conta principalmente lavorare sull'asse principale di gioco riducendo al minimo gli intervalli e creando delle trappole in cui l'avversario viene saltato sempre al limite di tutto, dell'in-avanti, del fuorigioco etc... Se valessero i principi rugbistici di una volta, gli arbitri oggi dovrebbero fischiare di piu' cio' che non  fischiano, in particolare il fuorigioco, e fischiare di meno cio' che invece spesso fischiano, in particolare la lavorazione della palla in fase di raggruppamento. Per le sue caratteristiche di discontinuita' dell'azione, il rugby di oggi potrebbe essere definito 'rugby al limite', cioe' un gioco in cui tutto viene sempre (e secondo me: abnormemente) ritardato in modo da imprimere all'accelerazione finale del centro o della terza linea un carattere non resistibile. Anche alcuni placcaggi oggi sono al limite. Con un gioco del genere, andrebbero inserite delle terze linee capaci di gioco tattico e delle ali che sappiano giocare di piede su se' stesse, perche' si va in meta saltando e accelerando piu' che passando e spostandosi.
Giovanni                                
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