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[RUGBYLIST] Favole ovali

allrugby allrugby a gmail.com
Gio 20 Nov 2008 12:02:51 CET


"C'era una volta un re, direte voi miei cari piccoli amici"…
Così iniziavano molte fiabe della mia infanzia, tanti anni fa;
racconti che avevano quel misto di surreale e misterioso, scritti con
caratteri grandi ed abbastanza veloci da leggere, sebbene la lettura
scorrevole fosse ancora un miraggio.

Ne ricordo uno, in particolare, che parlava di un despota cattivo e
capriccioso, divenuto potente e famoso grazie ad un sortilegio che
spingeva tutti i suoi sudditi ad onorarlo, venerarlo ed amarlo. Un
filtro magico, trovato per caso in un buio cassettone, gli aveva dato
il potere di tenere come sotto ipnosi tutti gli abitanti del suo
reame, opprimendoli e svilendoli.
Ciò gli aveva permesso, negli anni, di controllare tutto e tutti, e di
accumulare enormi ricchezze che gli avevano donato un potere immenso.
Era figlio di Lontanissima Passione e di Senso Perduto che, a loro
volta, gli avevano dato un nome un po' strano, come i loro d'altronde:
Calcio.
La sua prepotenza imponeva che tutti i sudditi, quando e per qualsiasi
motivo uscissero per strada, dessero delle pedate ad un involucro di
stoffa tondeggiante, così da tenere pulite le vie e badando bene che
quel fagotto non fosse preso con le mani, pena la loro amputazione.
La vecchiaia, però, cominciava a farsi sentire ed il filtro magico a
scarseggiare. Così qualcuno, a partire dalle borgate più lontane dalla
reggia, cominciava a respirare un'aria diversa, dal momento che gli
effetti malefici del sortilegio si stavano, pian piano, spegnendo.
Così, ci furono i primi trasgressori, che in clandestinità iniziavano
ad armeggiare con le mani quel fagotto di stracci sozzo e lacerato
cercando di pulirlo, di lavarlo, di renderlo più consono alla loro
dignità.
La repressione fu tremenda, come quella di belva ferita: il despota,
vedendo che il suo potere, pian piano, lo abbandonava, aveva reazioni
furibonde e molte mani, anche innocenti, caddero.
Ma il filtro magico era quasi esaurito, lui era vecchio e malato ed un
fenomeno si stava sempre più espandendo: la gente era stanca di
prendere solo a calci quel "coso"; voleva far si che fosse utile anche
per simulare, per i bambini, ad esempio, di avere in braccio una
bambola da accarezzare, o, per i più grandicelli, un preziosissimo
vaso di cristallo da ammirare (anche perché quelli veri li avevano
sempre e solo immaginati), un qualcosa di molto più importante da
considerare che non un semplice ammasso di stracci da prendere solo a
calci. Qualcosa da amare spontaneamente, da sentire orgogliosamente
proprio, visto che era costato sofferenze e sacrifici indicibili.
I più temerari avevano finito per andare sotto la reggia a passarsi
con le mani, quasi fosse un dono fatto l'uno all'altro, quel "coso"
che, a furia di essere maneggiato, stava cambiando forma: si stava
allungando leggermente e agli apici del suo asse più lungo si stavano
formando due piccole sommità.
Le guardie del despota, ora, se ne stavano rintanate nella reggia,
impotenti all'azione contro quella marea montante, sempre più folta,
che ormai assediava da vicino, giocosamente, il castello di quel
tiranno che sentiva sempre più vicina la sua fine.
Giocavano tutti, fuori dal castello: molti facevano dei capitomboli
clamorosi per accaparrarsi il pallone da "donare" al proprio figlio,
che a sua volta lo "donava" al fratello maggiore, e così via.
In un ultimo gesto di rabbiosa disperazione, Calcio aprì le porte di
quel maniero che lo aveva visto, un tempo, disporre della vita e della
morte dei suoi sudditi e, facendosi scivolare dalle mani le sue ormai
poche monete d'oro in un ultimo, significativo gesto, moriva pian
piano rantolando gli ultimi improperi contro il popolo ribelle.
Per un lunghissimo attimo, tutti smisero di passarsi quell'uovo
derivato dal "coso", ed in silenzio osservarono con pietà la fine di
chi, per un tempo interminabile, li aveva defraudati di un'invenzione
dalla bellezza mai vista prima.

Ciao.
Franco (TV)



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