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[RUGBYLIST] Notizie del lunedì

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Lun 2 Mar 2009 12:00:16 CET


Da "Il Treviso" e dalla Tribuna di Treviso
Ciao.
Franco (TV)

Da "Il Treviso".

SeI Nazioni. In Scozia terza lezione (26-6)  per il XV di Mallett. Ora
con Galles e Francia missione impossibile
L'ITALRUGBY PIU' VICINA
AL CUCCHIAIO DI LEGNO
■ Per l’Italia il Sei Nazioni
2009 rischia di diventare il più
disastroso di sempre. Mai come
quest’anno gli azzurri sono
sembrati in balia degli avversari
e la sconfitta per 26 a 6, la
terza in tre match, subita sabato
ad Edimburgo con la Scozia è
forse la più dura da sopportare.
«Gli scozzesi sembravano dei
mostri, ci siamo difesi ed i ragazzi
hanno dato tutto, ma a
questi livelli bisogna fare qualcosa
in più», ha detto alla fine il
presidente della Fir Dondi, ripetendo
concetti già sentiti dopo
i rovesci con Inghilterra e Irlanda.
Normale per una nazionale
ormai lontana parente di
quella che ci fece entrare nel
torneo più prestigioso del mondo
una decina di anni fa. E il
peggio è che ora non si capisce
come farà questa squadra ad
evitare altre due sconfitte e il
settimo ultimo posto nel Sei Nazioni
 nei due successivi impegni
casalinghi con Galles e
Francia (21-16 per i francesi nel
match di venerd). Poi, come da
consolidata abitudine italica
traslata dal calcio al rugby,
qualcuno pensa che tutto possa
essere risolto con l’avvicendamento
del Ct. Ipotesi subito
smentita da Dondi: «Dell’esonero
di Mallett non si parla
nemmeno, i conti li faremo alla
fine del torneo». Ci mancherebbe
solo che i problemi strutturali
del nostro movimento fossero
accollati al Ct, che ammette:
«Signori, il rugby italiano è
questo: il livello del campionato
e dei nostri giocatori è inferiore
rispetto alle altre squadre
del Sei Nazioni. Abbiamo difeso
bene e tenuto palla più degli
scozzesi, però abbiamo problemi
nell’uno contro uno e ci
mancano giocatori veloci che
facciano la differenza». È la verità.
Intanto, in tre partite, l’Italia
ha incassato già 100 punti e
ne ha fatti solo 26. Sabato, inoltre,
ha subito due mete (da Danielli
e Gray) e quattro piazzati
ai quali ha saputo rispondere
solamente con un drop di Parisse
(il migliore dei nostri) e un
piazzato di McLean. Troppo poco.
Sempre sabato, poi, l’Irlanda
ha battuto di misura l’Inghilterra
14-13. ■ Franco Bovaio


Dall tribuna di Treviso

Mallett si rilancia solo con una vittoria, il 6 Nazioni mostra tutti i
limiti di un gruppo senza gioco

Azzurri, squadra in cantiere

Bocciature e nuove scelte contro Galles e Irlanda

FABRIZIO ZUPO

 EDIMBURGO. Le cose che si vengono a sapere quando sta per cadere un
ct e con lui un progetto che avrebbe dovuto lanciare una generazione
di azzurri ormai nella maturità sportiva, sono molte. Ora parlano in
tanti. Nel polverone che già si sta alzando prima del possibile tonfo,
non si distinguono bene le chiacchiere dalle verità, i desideri dai
veleni, le tante ambizioni che condiscono ogni ambiente agonistico.
Voci pure di un tecnico italiano contattato (lui smentisce) per il
cambio in corsa.
 Difficile, molto difficile, non cadere nel gioco al massacro che -
sebbene stimolato dalle sconfitte - si sta scatenando contro la
nazionale-simpatia, contro lo sport più glamour del decennio.
 Come se qualcuno non riuscisse a dare più valore all’intero movimento
del rugby italiano, quello che ha portato la pallaovale ad avere la
sua chance di popolarità. E sparando sugli azzurri, si finisce per
sporcare tutto.
 Che Mallett resti o se ne vada, non cambia nulla per le sorti dei
tornei prossimi futuri. La sua “testa” non serve a nessuno. Servono 50
o 100 giocatori in concorrenza e non a malapena i 25 che riempono la
lista partita. Ed è un bene che sotto, nell’Italia A si sia
risvegliato un orgoglio che ha portato a condurre a Perth la sfida di
categoria con gli scozzesi, pur bravi a rimontare all’ultimo minuto
(22-22).
 Continuare a dare valore ai valori di uno sport così bello, dovrebbe
essere l’obiettivo: l’unica cosa può far rigenerare l’interesse. Il
rugby non è solo dei rugbisti ormai: pubblico nuovo e tifosi di
esperti o ex giocatori siedono assieme sulle stesse seggiole nei
mitici stadi a Londra, Cardiff, Dublino, Parigi, Roma ed Edimburgo
dove erano 6mila gli italiani.
 Vanno rispettati i neofiti, perché il rugby ha “intercettato” un
sentimento che poco ha a che fare con il risultato sportivo. Perché
ora e non prima, in coincidenza di altre vittorie storiche (a Grenoble
contro la Francia del grande slam nel ’97, o al primo 6 Nazioni) è
scoppiata la rugby mania? Nel febbraio del 2007 dopo mesi di
“calciopoli” (qualcuno che ha truccato per 10 anni il campionato più
bello del mondo e amato dagli italiani - e non importa a favore di
chi), di un poliziotto morto in uno scontro con “tifosi”, di
depressioni generali per un’aria di crisi economica che già
s’annusava, e crisi di ideologie grandi o piccole, un paio di vittorie
hanno fatto posare lo “sguardo” su una minoranza di italiani che si
divertiva allo stadio, gelosa di riti e tradizioni, pronti a passarsi
una birra col “nemico”. Inni cantati “unplugged” sugli spalti come
sabato al Murrayfield quando la banda ha lasciato di colpo 46mila voci
cantare senza accompagnamento. Colpo di teatro. Da pelle d’oca.
 Questo paradiso sportivo ha attratto molti, anche e soprattutto chi
non ne aveva mai sentito parlare. Quelli che fanno il tutto esaurito
al Flaminio, e portano moglie e figli in week-end all’estero, e
iscrivono i pargoli nei club spazzando via definitivamente il dogma di
sport violento. Un grande pubblico senza una grande squadra. Il
fenomeno non finirà presto. Ma perché mortificarlo? Ci saranno i
parvenu, ma il mondo è di tutti. E il rugby è una grande famiglia.
 I “senatori” azzurri hanno l’ambizione di arrivare a giocare un
mondiale, finalmente degno. Al top della loro forza agonistica. Il
ricambio c’è anche se non tutti lo vedono. Solo 8 dei 15 titolari di
sabato giocarono due anni fa a Edimburgo. I debutti si moltiplicano.
Mallett dovrebbe però non farli diventare subito degli aborti. Quando
vuole il ct da 5 chance come apertura ad un estremo che gioca centro
nel club (Masi), scopre un 10 che lo salva dal cucchiaio di legno
(Marcato) ma ora dice che il migliore in quel ruolo è un estremo
(McLean) e che il padovano è il miglior 15 in circolazione. Grazie
alla pausa si stempererà l’aria di catastrofe generata dai primi tre
turni. Mallett riaprirà il cantiere Italia e potrebbe rimanere, perché
rompere il progetto verso il Mondiale è forse peggio che ripartire da
zero. Sperando forse in un mago? Un tecnico non basta, per quanto
bravo. O credendo che la Celtic risolva tutto in pochi mesi? I
giocatori vanno nuovamente coinvolti perché altrimenti si
comporteranno da “professionisti” cercando palcoscenici personali.
Galles e Francia hanno bisogno di vittorie con tanti punti per vincere
il torneo e devono giocare al Flaminio, casa del rugby. Che azzurri
troveranno?
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L’Italia di Burton

 Il week-end scozzese delle nazionali azzurre ha avuto risultati in
chiaroscuro. L’Italia A rinforzata dai “retrocessi” dal Sei Nazioni di
Mallett come Pavan, Favaro, Montauriol, Reato e del ritrovato pilone
Staibano, ha pareggiato a Perth per 22-22. Era in vantaggio ed è stata
rimontata grazie alla meta di Beattie. Segnali positivi alla Nazionale
maggiore per segnali di concorrenza. Tutti i punti sono arrivati da
Burton (1 meta, il resto al piede), l’apertura scovata nell’Orleans da
Berbizier nel pre-mondiale e mai più rilanciata. Sconfitta invece di
misura nel 6 Nazioni femminile: l’Italdonne è stata superata dalla
Scozia per 13-10. Le azzurre sono formate nella maggioranza dai
“blocchi” del Riviera del Brenta e del Treviso. E la Scozia giovanile
strappa sul filo di lana la vittoria, superando a Dundee gli Azzurrini
di Stefano Romagnoli ed Alessandro Ghini per 14-10. Alla pausa Italia
in vantaggio per 3-10. I punti sono firmati da Benvenuti della
Benetton (1 meta trasformata e un piazzato).
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«Celtic, la Fir scelga il Nord»

Bossi lancia Fava in aiuto alla candidatura mondiale

 EDIMBURGO. Lui giocava tallonatore (ruolo di chi ragiona anche sotto
pressione) di una squadra nata nel 1970 in una cittadina di cui poi è
diventato pure sindaco, che ha vinto già uno scudetto.
 Giovanni Fava, deputato della Lega Nord, originario di Viadana ha
appena due anni in più della società di cui è stato giocatore e
presidente. Con l’apertura della Celtic League s’è scatenata la lotta
fra le possibili selezioni per i due posti per ora disponibili (inizio
dal 2010): gli Aironi del Po sono quelli che mettendo assieme Mantova,
Viadana, Colorno, Gran Parma e forse Reggio Emilia hanno depositato
per primi le carte bollate. Fideiussone compresa con il sigillo dei
Monti dei Paschi di Siena. Forse non basterà (Roma e Treviso sono in
pole) ma sono in gioco.
 Compare sulla tribuna vip del Murrayfield con un pass presidenziale
appuntato sul loden. E lì da tifoso con amici e parenti, uno dei
“seimila” di Murrayfield. Nei giorni scorsi ha presentato in
Parlamento una proposta (trasversale) che appoggia il progetto di
candidatura Fir dell’Italia ad ospitare uno dei due mondiali (2015 o
2019) che saranno assegnati a luglio dall’International Board.
 Insomma un leghista che vuole il rugby padano nella lega celtica (e
non fa una grinza) ma appoggia qualcosa che - se verrà - sarà il
trionfo dell’Italia unita nel tricolore ovale. Ci scusi onorevole
Fava, ma allora sono vere le chiacchiere di un’azione di lobby in
concerto con la Fir? Una sorta di scambio: tu mi dai la Celtic League
(quindi addio ai Gladiators romani) e io ti appoggio per il mondiale
all’interno del governo che deve concedere una fideiussione da paura
(altro che gli 8 milioni della Celtic). Anzi c’è chi ha usato la
parola ricatto.
 «Non c’è nessun ricatto - dice Fava - ho detto e ribadito che tocca
alla Fir decidere sulla Celtic League. Ho solo detto che non farle al
nord sarebbe un errore strategico, madornale. Al nord c’è il pubblico
che, al di là delle mode, riempirà gli stadi sempre; le società e gli
atleti per crescere. Poi se si vuole - per motivi turistici - regalare
ancora a Roma un palcoscenico nuovo. Va beh.... Pensi che nel 1999
quando c’era la polemica sul Sei Nazioni “dove” e come, io che ero
sindaco di Viadana ma anche rugbista, riconobbi che il Flaminio era la
soluzione. Qui invece c’è di mezzo la crescita di questo sport. Quindi
la Fir decida per il meglio. Spetta a Dondi».
 E questa passione per un mondiale in Italia?
 «L’ho lanciata da mesi, solo che nessuno mi badava. Invece tre
settimane fa ho ricevuto una telefonata da Bossi che mi ha convocato,
assieme a Giorgetti».
 Bossi è il rugby? «Sì mi ha detto: questa è una cosa importante,
bisogna lanciarsi per farla riuscire. Così mi ha dato il via libera e
in Parlamento come si vede siamo riusciti a lavorare. Si sono spesi in
tanti, non solo io».
 L’Mps crede nella Celtic? «Crede tanto da metterci i soldi. Anzi
secondo me crede più nella Celtic che nel campionato. Faranno una
scelta, non potranno finanziarle entrambe». Notizia questa che di lato
interessa una società come il Petrarca che ha come sponsor proprio
l’Antonveneta-Mps. Possibili ricadute? (f.z.)
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I MIGLIORI DEL TORNEO

IRLANDA. Doveva essere il canto del cigno per O’Driscoll  e del gruppo
che dal 2003 sfiora la vittoria nel torneo. Ma il capitano dei Lions è
rinato, e potrebbe alzare il trofeo, all’ultimo tentativo.

FRANCIA. Morgan Parra e Benoit Baby sono la mediana che venerdì ha
fermato il Galles. L’esperimento di Lievremont è riuscito: inserire
sempre più i ragazzi che vinsero il mondiale giovanile.

INGHILTERRA. Martin Johnson, ct inglese, preferisce Toby Flood al
talento Danny Cipriani a numero 9. Ma appena le cose vanno male entra
l’esperta balia Goode che giocava con il ct in nazionale.

GALLES. È una delle tre H del Galles. Ha 20 anni e a differenza delle
stelle Hook e Henson costrette da Jones a partire in panca, Leith
Halfpenny  è l’ala che gioca e ruba la scena a Shane Williams.

SCOZIA. Ha un nome italiano come Nick De Luca, ed è stata la croce
degli azzurri di McLean (cognome scozzese higlander doc): Simone
Danielli giocava con l’Inghilterra U21 ma ha scelto la Scozia.


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