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[RUGBYLIST] Intervista a Pancho Rubio, tecnico della Capitolina.

Luigi Bocchino giggibocchino a yahoo.it
Mer 13 Maggio 2009 15:52:19 CEST


Interessante intervista al tecnico della Capitolina, che ha guidato la squadra ad una salvezza in extremis raggiunta contro tutte le previsioni.
 
Pancho: "Stagione indimenticabile"        
12/05/2009  
Ecco un'intervista finale al coach della AlmavivA Capitolina, dopo un importante salvezza conquistata sabato scorso. 

Pancho ora che è finita si può dire, è stata una stagione davvero difficile.
«Direi difficilissima, dal primo giorno abbiamo avuto problemi di infortuni e non abbiamo mai avuto la squadra al completo, ma anche notizie importanti a livello societario che chiaramente non ci tranquillizzavano. In più in campo devo dire che non abbiamo avuto sempre tanta fortuna, alla fine di ogni gara ci siamo sempre ritrovati a rimpiangere qualche punto, altrimenti sono convinto che avremmo anche potuto lottare per altri obiettivi. Ma la cosa più bella è che la squadra è sempre stata unita e compatta per arrivare all’obiettivo. Diciamo che nonostante la società stesse per fare delle scelte giuste, noi volevamo dimostrare che non lo erano sul campo, ovvero che valevamo il Super 10». 
Una stagione, questa, che ha visto i singoli elementi della squadra crescere e migliorare. Del resto questo era il progetto sui giovani della Capitolina.
«Siamo cresciuti tantissimo, come squadra e come singoli, ed abbiamo dimostrato il nostro valore. Nelle difficoltà abbiamo capito che in campo non si va in 15, che non contano i singoli, ma il gruppo formato da 25 ragazzi sempre pronti a fare il massimo per la squadra. Tutti giocavamo lo stesso rugby, senza differenze eclatanti se manca uno o l’altro, e tutti volevamo vincere allo stesso modo. E questa è stata una bellissima dimostrazione anche al rugby italiano, che si può fare il Super 10 senza esagerare con gli stranieri. A Padova, nella nostra partita più importante, c’erano 11 italiani su 15 in campo. E ad un certo momento, quando ho sostituito Myring e Manawatu, tutta la nostra trequarti era di matrice italica. Questa è una cosa importantissima che ha caratterizzato il lavoro di questa stagione e pur sforzandomi non trovo negli anni tante squadre che hanno fatto lo stesso. Il nostro obiettivo era crescere e far migliorare i giovani e
 credo che l’abbiamo fatto alla grande».
Hai qualche rimpianto in questa stagione? 
«No, nessuno, perché ogni sconfitta ci ha fatto crescere e maturare. Ci è servita insomma ad imparare a fare di necessità virtù, a prendere ogni cosa dal punto di vista positivo. Anche i problemi finanziari non ci hanno fatto vivere sonni tranquilli, ma è andata così, non ci si poteva fare molto. Forse il rimpianto può essere quello di non aver vinto partite che magari meritavamo e penso al derby d’andata, oppure al Gran Parma sempre all’andata e magari alla Benetton, ma da questo punto di vista non posso che far notare come invece abbiamo battuto Padova in casa e pareggiato fuori, contro una squadra che farà le coppe il prossimo anno. Per questo dico ai miei ragazzi “bravi!”, è difficile avere rimpianti, abbiamo fatto il massimo. E’ stato un processo di crescita bello ma chiaramente graduale. Il progetto era su base triennale e come primo anno non c’è male, anzi. Sono sicuro che questa squadra in 3 anni avrebbe fatto dei grandi
 miglioramenti e avrebbe potuto togliersi delle soddisfazioni, perché partivamo da una base solida e da delle certezze. Peccato non poterlo fare».
Quale sarà il futuro di Pancho Rubio? «Tornerò in Argentina per continuare a lavorare con la Federazione. Ad oggi ho scelto così. Ma questo anno alla Capitolina è stato bellissimo, perché mi ha fatto crescere molto anche dal punto di vista mentale. Era durissimo fare una stagione così, tenere sempre la squadra motivata nonostante per 16 giornate guardavamo tutti dall’ultimo posto in classifica. Coi miei ragazzi ho avuto un rapporto di collaborazione che è diventato amicizia, sono sicuro che loro per me ci saranno sempre, così come io per loro. Questo è il valore più grande, al di là di tutto. Del resto capitan Guatieri il primo giorno in spogliatoio disse a tutti “siamo una famiglia”. Aveva ragione, perché siamo diventati davvero una grande e bella famiglia». 
Ma a parte l’ottimismo di facciata, c’è stato un momento in questa stagione che il guerriero Pancho credeva di non farcela? 
«Mai, credetemi. Davvero mai. Magari questo sarà anche un mio difetto ma credo sempre fino in fondo in tutte le cose, fino a che non sfumano. Ed ai ragazzi ho cercato di trasmettere proprio questo: finché la matematica non ci condanna noi lottiamo. E penso di esserci riuscito. Ci abbiamo creduto, forse solo noi, perché gran parte del rugby italiano ci dava per retrocessi e invece abbiamo dato un bel segnale. Questa è un’esperienza che non dimenticherò davvero mai, perché ha un valore grandissimo». 
Grazie di tutto, Pancho!  


      
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