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[RUGBYLIST] Notizie del lunedì - coda

allrugby allrugby a gmail.com
Lun 7 Set 2009 22:38:32 CEST


Ecco l'articolo di Antonio Liviero, dal Gazzettino di oggi (trascritto).
Non so... Altri articoli di discutibile interesse, sul rugby,  non si
possono scaricare dal Gazzettino. Permalosi?
Se qualcuno ci legge, al Gazzettino, ci (mi) risponda. Se qualsoca non
quadra, siamo (sono) qui. Non lasciateci, anche voi, digiuni dal
rugby.
Grazie per una risposta.

L'articolo di Antonio Liviero, sotto riportato, mi sembra sia una
caustica, precisa ed evidente denuncia di un fatto gravissimo, che il
rugby italiano non potrebbe sopportare se le cose continuassero ad
andare nella direzione voluta da chi, a suo tempo, ha chiesto la
votazione segreta nel consiglio FIR e di chi, a torto e forse con
troppa sufficienza, ha aderito ad una prassi evidentemente scorretta
(art. 18 del regolamento). Dobbiamo continuare a lasciare in mano il
ns. rugby a gente disinformata, poco attenta al regolamento e succube
dei propri risentimenti verso Tizio e/o Caio, atteggiamenti tali da
menomare seriamente l'intero movimento?
Ragazzi, il tempo delle birre del dopo partita è finito. Soprattutto
per chi gestisce una federazione ambigua nelle decisioni e nelle
scelte.
Dondi & C. avete sbagliato. L'ho sempre detto e scritto. Andatevene,
per grazia di Dio. Lasciateci almeno la speranza che con altri
personaggi meno attenti alla "carega" e più sensibili alle
problematiche del rugby nostrano, si possa auspicare in un futuro
migliore.
Ciao.
Franco (TV)

MISCHIA APERTA
Perchè è il Veneto ad essere tagliato fuori (di Antonio Liviero - Dal
Gazzettino)

Si è detto che l'esclusione di Treviso e del Veneto dalla Celtic
League è stata una scelta politica. Bisogna intendersi sul termine. Se
la politica è considerata un mezzo di mera conquista e conservazione
del potere, ma anche il luogo di patti segreti e inconfessabili, di
logiche clientelari, allora se ne può comprendere l'uso da parte dei
tifosi arrabbiati per il torto subito. Ma se la s'intende
nell'accezione più nobile (sempre più in disuso, purtroppo) di scienza
del buon governo, se misuriamo un uomo pubblico dalla capacità di
mettersi al servizio del bene comune, allora quella della FIR non si
può dire una scelta politica. O almeno di buona politica.
Lasciamo stare per una volta la candidatura di Treviso, i suoi meriti
sportivi (che mancano alle altre candidature) e le credenziali
economiche del gruppo Benetton, un nome di cui nessuna federazione al
mondo si priverebbe. Concentriamoci invece sul Veneto. Prima regione
italiana per praticanti, per club nel massimo campionato (4 su 10) e
naturalmente quella più scudettata: 28 titoli negli ultimi 40 anni,
contro gli 8 della Lombardia, 3 dell'Abruzzo, uno del Lazio, zero
dell'Emilia.
Vogliamo prendere invece in considerazione i settori giovanili? O il
pubblico? Oppure la tradizione? Da qualunque parte si esamini la
questione non c'è alcun motivo ragionevole per tagliare le radici del
rugby italiano, per escludere il Veneto dall'attività di vertice.
Un tifoso di Rovigo o di Belluno dovrebbe andare a settimane alterne a
Viadana o a Roma per poter assistere ad una partita di èlite? E perchè
mai un settore giovanile veneto dovrebbe continuare a reclutare
ragazzini con lo stesso impegno se poi non avrà la soddisfazione di
veder giocare i più bravi nello stadio di casa o almeno della città
vicina? E i giocatori stessi? Se sono i più forti e i più numerosi,
perchè obbligarli un giorno ad andarsene?
Dal prossimo anno, se non ci saranno ripensamenti da aprte
anglosassone, l'Italia avrà tre sole squadre professionistiche
(nazionale compresa) e due tornei d'alto livello: il VI Nazioni e la
Celtic League. Disputandosi il VI Nazioni a Roma, sembrerebbe
scontato, se non si vuol affondare il rugby italiano, disputare la
Celtic al nord e in ogni caso stabilire la base di una delle due
franchigie in Veneto. Una logica stringente che non sfugge al
presidente federale Giancarlo Dondi, che ha avuto modo di esprimersi
duramente e pubblicamente contro l'esito del consiglio FIR di luglio.
Un consiglio in cui il presidente, per sua stessa ammissione, è finito
clamorosamente in minoranza su una questione strategica per il rugby
italiano. Una sorta di "sfiducia" a scrutinio segreto che pone
preoccupanti problemi di governabilità oltre che di buon governo e
potrebbe aprire prospettive di forti turbolenze dagli esiti
imprevedibili all'interno del movimento.
Spetta a Dondi ora una pubblica assunzione di responsabilità.
Riprendere le fila, promuovere un chiarimento all'interno del
consiglio federale attraverso un confronto aperto. E fare sintesi
delle posizioni. Per mettere infine in votazione la proposta del
presidente, alla luce del sole e non con voti segreti espressamente
sclusi dall'articolo 18 del regolamento (altrimenti come farebbe, in
caso di parità, ad essere decisivo il voto espresso dal presidente?).
Ben conoscendo i rischi di una nuova sconfitta di Dondi: l'azzeramento
del consiglio federale e la richiesta di nuove elezioni.


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