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[RUGBYLIST] I: I: R: R: R: R: R: mi dispiace ma a me l'Italia non convince e non piace

Andrew jeppo678 a virgilio.it
Mar 20 Ott 2015 20:02:22 CEST


Corso 1° livello; come per prendere la palla alta; le mani pronte a più o meno il livello degli occhi, poi le mani devono fare i pugni nel caso in cui la palla arriva sulla punta delle dita come potrebbe essere molto doloroso ...
Questa è la verità, non una favola ... se questo è il livello dei docenti allora non c'è speranza ...
Jeppo 

From: Salvatore Messina 
Sent: Tuesday, October 20, 2015 6:40 PM
To: Rugbylist Rugbylist 
Subject: [RUGBYLIST] I: I: R: R: R: R: R: mi dispiace ma a me l'Italia non convince e non piace

Se è per questo sabato scorso al corso allenatori di 1° livello (corso 1) il tecnico dell'accademia U18 di Milano ha ribadito la stessa cosa (che un gioco situazionale). Poi visto le facce degli astanti (tutti tranne un paio che non avevano mai neppure giocato a rugby) ha aggiunto che se nel frattempo insegniamo a lanciare la palla male non fa.

Le cose da fare le sanno TUTTI però bisogna continuare a mantenere in vita il metodo del prof?... E ubbidire a ciò che viene "proposto" dall'alto.

Salvatore Messina

----- Messaggio inoltrato -----
Da: Luca Oliva <lucaoliver63 a gmail.com>
A: rugbylist a rugbylist.it 
Inviato: Martedì 20 Ottobre 2015 14:57
Oggetto: Re: [RUGBYLIST] I: R: R: R: R: R: mi dispiace ma a me l'Italia non convince e non piace


Ieri ho finalmente visto Irlanda-Argentina, che non ho potuto seguire in diretta domenica sera.
Mi hanno colpito i commenti fortemente orientati a sottolineare le superiori abilità individuali dei giocatori dell'emisfero sud.
Mi è venuto da sorridere pensando a quando facevo i primi corsi allenatore - anni 2006-2008, categoie under 6-under 14 - e mi veniva detto che non era assolutamente necessario insegnare ai bambini o ai ragazzi che allenavo la "tecnica" - intesa come skills di placcaggio, passaggio, gioco al piede ... - perchè tanto quella era una cosa che si poteva insegnare dopo ...
L'importante era fargli capire che il rugby è un gioco "situazionale" ...
Ora, a parte che forse qualcuno ha estremizzato un pò, mi chiedo, cosa è rimasto di quella generazione di metà anni '90 cui è stata negata la possibilità di approfondire la differenza tra uno spin pass e un reverse pass ? Non è che per caso questo difetto di impostazione tecnica ha avuto la sua influenza quando oggi constatiamo che giocatori arrivati a quello che viene chiamato "alto livello" hanno difficoltà a svolgere determinati skills di base ?
Ed è possibile correggere questo difetto della impostazione tecnica del ns rugby ?

Ciao a tutti.
Luca Oliva 


Il 19/10/2015 15:32, Salvatore Messina ha scritto:

  Come fa ben notare Luciano, lasciamo agli altri i loro problemi che ben poco hanno a che vedere con i nostri.

  Per quanto ci riguarda potremmo anche essere un'oasi felice del rugby non mancando ne in possibilità economiche (gli italiani i soldi ce li hanno e tanti solo che le tasse li tengono nascosti) ne in bacino d'utenza (considerando la popolazione non i praticanti), basterebbe solo che cominciassimo ad imparare a giocare (come si faceva una volta).
  Quando da noi si comincerà nei club di rugby a fare sport (non solo in quelli grandi e storici ma in tutti) accademie e franchigie avranno ben altri risultati.
  Finché la base darà più importanza al terzo tempo che a passare o calciare la palla aumenteremo solo il numero di praticanti tifosi che quello di praticanti giocatori.... 
  A questo punto magari non sarà più uno sport così divertente ed anche la nazionale non avrà pubblico perché impegnato a giocare o a seguire i figli/giocatori ma i risultati saranno in linea con quelli dei primi anni di 6 Nazioni.


  Salvatore Messina

  ----- Messaggio inoltrato -----
  Da: Giovanni Ciraolo mailto:jxcira a tin.it
  A: rugbylist a rugbylist.it 
  Inviato: Mercoledì 14 Ottobre 2015 11:34
  Oggetto: [RUGBYLIST] R: R: R: R: R: mi dispiace ma a me l'Italia non convince e non piace


  Scusami, non mi riferivo a te per il sentimento anti-federale; tra l’altro dai sempre contributi molto equilibrati e propositivi. Penso che distribuire soldi a pioggia nei club maggiori dia dei risultati, ma data la situazione che sussiste in Italia, e la quantità di imbucati che ovunque non scarseggiano, questo possa essere un rischio perché non allarga abbastanza la pratica. Il rugby in Italia deve essere ancora molto, molto allargato. Prima ancora di trovare una dottrina unitaria, che forse non verrà mai trovata (vedremo la prossima elezione). E’ vero quello che sostiene Salvatore Messina e cioè il rugby non è come gli altri sport, ma io rimango convinto che se allarghi molto il movimento con buoni tecnici e soprattutto con preparatori inflessibili che controllano e girano costantemente il territorio e fiutino (ci vuole orecchio!) le situazioni (per arrivare a tesserati/praticanti di sport in cui siamo competitivi come basket/pallavolo cioè almeno 250mila: il basket anche per affinità elettive potrebbe essere un punto di riferimento manageriale), alla fine raccogli a livello nazionale perché uno su mille ce la fa sempre. Non sto scopiazzando una canzone pur bella, ma quando dico uno su mille non mi riferisco solo ad una persona che ce la fa rispetto a 999 che mollano: guardo anche all’uno su mille che è all’interno di ogni persona. Un atleta che vuole diventare importante deve dare spago a quella sola voce su quasi mille dentro di lui che consigliano di finirla (lascia perdere … questo sport è troppo duro … non fa per te … troppi colpi da dare e ricevere … oggi si va avanti solo con i soldi … ti giochi la partner e tutti gli affetti … sei mingherlino e devi completamente scoppiare prima di andare avanti!). Del resto i numeri del professionismo sono questi: nell’universale e per certi versi demenziale calcetto della palla rotonda (dove la gente attempata si rompe il ginocchio a 50 anni) è praticamente dimostrato che un ragazzo grossomodo su mille va avanti veramente cioè diventa un giocatore almeno di serie B.
  Le accademie secondo me vanno sempre integrate dal numero complessivo dei fedeli, perché se se questi scarseggiano, rimane poca fede in giro e da un momento all’altro non c’è più nessuno che si impegni sul serio. E’ vero che secondo alcuni monsignori le chiese sono semivuote, ma la fede di chi rimane in assemblea è diventata più autentica: sì, questi monsignori hanno proprio ragione, quando le chiese saranno completamente vuote, la fede avrà raggiunto il massimo dell’autenticità!
  Ciao
  Giovanni Ciraolo         
  (Ha ragione Luciano Ravagnani: l’Argentina viola ogni regola; sono italiani che si credono inglesi; e che come gli inglesi guardano ad isole lontane; noi, invece, su isole lontane ci viviamo e ci accogliamo altre persone, e può darsi che su una di queste isole spunti prima o poi anche qualche club multinazionale … !)  





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