Dalla Tribuna di Treviso (02.03.2009)

Mallett si rilancia solo con una vittoria – L’Italia di Burton – Bossi lancia Fava in aiuto alla candidatura mondiale – I migliori del Torneo

Azzurri, squadra in cantiere
Bocciature e nuove scelte contro Galles e Irlanda

Mallett si rilancia solo con una vittoria

il 6 Nazioni mostra tutti i limiti di un gruppo senza gioco

 

FABRIZIO ZUPO

EDIMBURGO. Le cose che si vengono a sapere quando sta per cadere un ct e con lui un progetto che avrebbe dovuto lanciare una generazione di azzurri ormai nella maturità sportiva, sono molte. Ora parlano in tanti. Nel polverone che già si sta alzando prima del possibile tonfo, non si distinguono bene le chiacchiere dalle verità, i desideri dai veleni, le tante ambizioni che condiscono ogni ambiente agonistico. Voci pure di un tecnico italiano contattato (lui smentisce) per il cambio in corsa.

Difficile, molto difficile, non cadere nel gioco al massacro che – sebbene stimolato dalle sconfitte – si sta scatenando contro la nazionale-simpatia, contro lo sport più glamour del decennio. Come se qualcuno non riuscisse a dare più valore all’intero movimento del rugby italiano, quello che ha portato la pallaovale ad avere la sua chance di popolarità. E sparando sugli azzurri, si finisce per sporcare tutto.

Che Mallett resti o se ne vada, non cambia nulla per le sorti dei tornei prossimi futuri. La sua “testa” non serve a nessuno. Servono 50 o 100 giocatori in concorrenza e non a malapena i 25 che riempono la lista partita. Ed è un bene che sotto, nell’Italia A si sia risvegliato un orgoglio che ha portato a condurre a Perth la sfida di categoria con gli scozzesi, pur bravi a rimontare all’ultimo minuto (22-22).

Continuare a dare valore ai valori di uno sport così bello, dovrebbe essere l’obiettivo: l’unica cosa può far rigenerare l’interesse. Il rugby non è solo dei rugbisti ormai: pubblico nuovo e tifosi di esperti o ex giocatori siedono assieme sulle stesse seggiole nei mitici stadi a Londra, Cardiff, Dublino, Parigi, Roma ed Edimburgo dove erano 6mila gli italiani.

Vanno rispettati i neofiti, perché il rugby ha “intercettato” un sentimento che poco ha a che fare con il risultato sportivo. Perché ora e non prima, in coincidenza di altre vittorie storiche (a Grenoble contro la Francia del grande slam nel ’97, o al primo 6 Nazioni) è scoppiata la rugby mania? Nel febbraio del 2007 dopo mesi di “calciopoli” (qualcuno che ha truccato per 10 anni il campionato più bello del mondo e amato dagli italiani – e non importa a favore di chi), di un poliziotto morto in uno scontro con “tifosi”, di depressioni generali per un’aria di crisi economica che già s’annusava, e crisi di ideologie grandi o piccole, un paio di vittorie hanno fatto posare lo “sguardo” su una minoranza di italiani che si divertiva allo stadio, gelosa di riti e tradizioni, pronti a passarsi una birra col “nemico”. Inni cantati “unplugged” sugli spalti come sabato al Murrayfield quando la banda ha lasciato di colpo 46mila voci cantare senza accompagnamento. Colpo di teatro. Da pelle d’oca. Questo paradiso sportivo ha attratto molti, anche e soprattutto chi non ne aveva mai sentito parlare. Quelli che fanno il tutto esaurito al Flaminio, e portano moglie e figli in week-end all’estero, e iscrivono i pargoli nei club spazzando via definitivamente il dogma di sport violento. Un grande pubblico senza una grande squadra. Il fenomeno non finirà presto. Ma perché mortificarlo? Ci saranno i parvenu, ma il mondo è di tutti. E il rugby è una grande famiglia. I “senatori” azzurri hanno l’ambizione di arrivare a giocare un mondiale, finalmente degno. Al top della loro forza agonistica. Il ricambio c’è anche se non tutti lo vedono. Solo 8 dei 15 titolari di sabato giocarono due anni fa a Edimburgo. I debutti si moltiplicano. Mallett dovrebbe però non farli diventare subito degli aborti. Quando vuole il ct da 5 chance come apertura ad un estremo che gioca centro nel club (Masi), scopre un 10 che lo salva dal cucchiaio di legno (Marcato) ma ora dice che il migliore in quel ruolo è un estremo (McLean) e che il padovano è il miglior 15 in circolazione. Grazie alla pausa si stempererà l’aria di catastrofe generata dai primi tre turni. Mallett riaprirà il cantiere Italia e potrebbe rimanere, perché rompere il progetto verso il Mondiale è forse peggio che ripartire da zero. Sperando forse in un mago? Un tecnico non basta, per quanto bravo. O credendo che la Celtic risolva tutto in pochi mesi? I giocatori vanno nuovamente coinvolti perché altrimenti si comporteranno da “professionisti” cercando palcoscenici personali. Galles e Francia hanno bisogno di vittorie con tanti punti per vincere il torneo e devono giocare al Flaminio, casa del rugby. Che azzurri troveranno?

 

L’Italia di Burton

Il week-end scozzese delle nazionali azzurre ha avuto risultati in chiaroscuro. L’Italia A rinforzata dai “retrocessi” dal Sei Nazioni di Mallett come Pavan, Favaro, Montauriol, Reato e del ritrovato pilone Staibano, ha pareggiato a Perth per 22-22. Era in vantaggio ed è stata rimontata grazie alla meta di Beattie. Segnali positivi alla Nazionale maggiore per segnali di concorrenza. Tutti i punti sono arrivati da Burton (1 meta, il resto al piede), l’apertura scovata nell’Orleans da Berbizier nel pre-mondiale e mai più rilanciata. Sconfitta invece di misura nel 6 Nazioni femminile: l’Italdonne è stata superata dalla Scozia per 13-10. Le azzurre sono formate nella maggioranza dai “blocchi” del Riviera del Brenta e del Treviso. E la Scozia giovanile strappa sul filo di lana la vittoria, superando a Dundee gli Azzurrini di Stefano Romagnoli ed Alessandro Ghini per 14-10. Alla pausa Italia in vantaggio per 3-10. I punti sono firmati da Benvenuti della Benetton (1 meta trasformata e un piazzato).

 

«Celtic, la Fir scelga il Nord»

Bossi lancia Fava in aiuto alla candidatura mondiale

EDIMBURGO. Lui giocava tallonatore (ruolo di chi ragiona anche sotto pressione) di una squadra nata nel 1970 in una cittadina di cui poi è diventato pure sindaco, che ha vinto già uno scudetto.

Giovanni Fava, deputato della Lega Nord, originario di Viadana ha appena due anni in più della società di cui è stato giocatore e presidente. Con l’apertura della Celtic League s’è scatenata la lotta fra le possibili selezioni per i due posti per ora disponibili (inizio dal 2010): gli Aironi del Po sono quelli che mettendo assieme Mantova, Viadana, Colorno, Gran Parma e forse Reggio Emilia hanno depositato per primi le carte bollate. Fideiussone compresa con il sigillo dei Monti dei Paschi di Siena. Forse non basterà (Roma e Treviso sono in pole) ma sono in gioco.

Compare sulla tribuna vip del Murrayfield con un pass presidenziale appuntato sul loden. E lì da tifoso con amici e parenti, uno dei “seimila” di Murrayfield. Nei giorni scorsi ha presentato in Parlamento una proposta (trasversale) che appoggia il progetto di candidatura Fir dell’Italia ad ospitare uno dei due mondiali (2015 o 2019) che saranno assegnati a luglio dall’International Board. Insomma un leghista che vuole il rugby padano nella lega celtica (e non fa una grinza) ma appoggia qualcosa che – se verrà – sarà il trionfo dell’Italia unita nel tricolore ovale. Ci scusi onorevole Fava, ma allora sono vere le chiacchiere di un’azione di lobby in concerto con la Fir? Una sorta di scambio: tu mi dai la Celtic League (quindi addio ai Gladiators romani) e io ti appoggio per il mondiale all’interno del governo che deve concedere una fideiussione da paura (altro che gli 8 milioni della Celtic). Anzi c’è chi ha usato la parola ricatto.

«Non c’è nessun ricatto – dice Fava – ho detto e ribadito che tocca alla Fir decidere sulla Celtic League. Ho solo detto che non farle al nord sarebbe un errore strategico, madornale. Al nord c’è il pubblico che, al di là delle mode, riempirà gli stadi sempre; le società e gli atleti per crescere. Poi se si vuole – per motivi turistici – regalare ancora a Roma un palcoscenico nuovo. Va beh…. Pensi che nel 1999 quando c’era la polemica sul Sei Nazioni “dove” e come, io che ero sindaco di Viadana ma anche rugbista, riconobbi che il Flaminio era la soluzione. Qui invece c’è di mezzo la crescita di questo sport. Quindi la Fir decida per il meglio. Spetta a Dondi».

E questa passione per un mondiale in Italia? «L’ho lanciata da mesi, solo che nessuno mi badava. Invece tre settimane fa ho ricevuto una telefonata da Bossi che mi ha convocato, assieme a Giorgetti».

Bossi è il rugby? «Sì mi ha detto: questa è una cosa importante, bisogna lanciarsi per farla riuscire. Così mi ha dato il via libera e in Parlamento come si vede siamo riusciti a lavorare. Si sono spesi in tanti, non solo io». L’Mps crede nella Celtic? «Crede tanto da metterci i soldi. Anzi secondo me crede più nella Celtic che nel campionato. Faranno una scelta, non potranno finanziarle entrambe». Notizia questa che di lato interessa una società come il Petrarca che ha come sponsor proprio l’Antonveneta-Mps. Possibili ricadute? (f.z.)

 

I MIGLIORI DEL TORNEO

IRLANDA. Doveva essere il canto del cigno per O’Driscoll e del gruppo che dal 2003 sfiora la vittoria nel torneo. Ma il capitano dei Lions è rinato, e potrebbe alzare il trofeo, all’ultimo tentativo.

FRANCIA. Morgan Parra e Benoit Baby sono la mediana che venerdì ha fermato il Galles. L’esperimento di Lievremont è riuscito: inserire sempre più i ragazzi che vinsero il mondiale giovanile.

INGHILTERRA. Martin Johnson, ct inglese, preferisce Toby Flood al talento Danny Cipriani a numero 9. Ma appena le cose vanno male entra l’esperta balia Goode che giocava con il ct in nazionale.

GALLES. È una delle tre H del Galles. Ha 20 anni e a differenza delle stelle Hook e Henson costrette da Jones a partire in panca, Leith Halfpenny è l’ala che gioca e ruba la scena a Shane Williams.

SCOZIA. Ha un nome italiano come Nick De Luca, ed è stata la croce degli azzurri di McLean (cognome scozzese higlander doc): Simone Danielli giocava con l’Inghilterra U21 ma ha scelto la Scozia.

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