Christian Cullen

Oltre la linea di meta

Era dai tempi dell’allora capitano Wayne Shelford, nel 1990, che l’estromissione di un giocatore All Black non causava tante emozioni e polemiche come quella di Christian Cullen, nella stagione 2002-03. Persino i suoi detrattori hanno convenuto che l’esclusione di un tale campione, una vera e propria iconica del rugby neozelandese e mondiale, non fosse stata gestita con il tatto e la sensibilità che meritava da parte dei due allenatori John Mitchell e Robbie Deans. E anche se i numerosi infortuni avevano ormai influito sul suo ritmo e sui cambi di traiettoria della sua corsa, che erano stati i fattori principali del suo genio, a nessuno è passato per la testa che Christian avrebbe potuto benissimo dire ancora la sua nella Coppa del Mondo del 2003.

 

Christian Mathias Cullen è nato il 12 febbraio 1976 a Paraparaumu. Dopo il piccolo Kapiti College, il ragazzo ha frequentato le New Zealand Secondary Schools dove, nel 1993 e nel 1994, ha fatto parte della squadra di rugby. In quelle stagioni ha giocato soprattutto come centro, ed è stato proprio in quel ruolo che si è posizionato nella forte nazionale under 19 del 1994, almeno finché è stato ingaggiato da Horowhenua, con i quali ha iniziato a prestare servizio come estremo.

 

Nel 1995 Cullen ha cominciato la sua corsa verso la maglia nera entrando prima a far parte della nazionale Seven, quindi giocando con i New Zealand Colts, con i quali ha vinto un torneo internazionale in Argentina.

Nella medesima stagione il suo potenziale come estremo d’attacco è stato sottolineato dai 70 punti totalizzati con Manawatu e anche dalla straordinaria stagione inaugurale del Super 12 con gli Hurricanes, e di nuovo nella nazionale Seven, nel 1996, dove ha marcato un record di 18 mete al torneo di Hong Kong.

Tutto questo ha fatto sì che il suo ingresso negli All Blacks fosse solo una formalità.

 

Così, a soli 20 anni, il 7 giugno 1996, Christian Cullen ha debuttato con tre mete contro Samoa, seguite da altre quattro rifilate alla Scozia una settimana più tardi.

Per alcune stagioni Cullen è stato una scelta automatica nelle selezioni e, sebbene vi potessero essere state riserve su alcuni metodi poco ortodossi, soprattutto come estremo, dove a volte sembrava giocare fuori posizione, tutti hanno convenuto di trovarsi di fronte ad un talento unico.

 

La stagione 1997 è iniziata con un ricovero in clinica per sistemare la cartilagine del ginocchio, un problema questo che si trascinerà durante tutto l’arco della sua carriera, ma ciò non gli ha impedito di giocare su standard elevati sia con la propria franchigia, sia con i tuttineri, i quali hanno sconfitto in sequenza: due volte l’Argentina, due il Sudafrica, tre l’Australia, per poi sfiorare il Grande Slam nella tournée europea di novembre, mancato solo per colpa del pareggio 26 a 26 di Twickenham. 

 

L’anno seguente è stato per gli All Blacks quello tragico delle cinque sconfitte consecutive. Cullen ha comunque svolto degnamente il suo lavoro, marcando 4 mete in 7 gare.

Grande soddisfazione, invece, nel Rugby Seven, dove l’atleta di Paraparaumu ha condotto la sua nazionale alla medaglia d’oro ai giochi del Commonwealth.

 

Non c’è mai stata una vera e propria diatriba circa la posizione di Cullen negli All Blacks, ma un errore dell’allora coach John Hart ha cominciato a minarne la carriera. Come già scritto parlando di Tana Umaga, l’allenatore ha voluto agire con le migliori intenzioni, quando, durante la Coppa del Mondo 1999, per non escludere nessuno dei quattro eccezionali trequarti di cui era in possesso, ha sbagliato la posizione di tutti inserendo Jonah Lomu e Tana Umaga sulle ali, Cullen al centro e Jeff Wilson con il numero 15. L’esperimento si è rivelato fallimentare e gli All Blacks sono stati sconfitti in semifinale dalla Francia guidata dal c.t. Skrelà,, grazie a quattro mete marcate dai loro trequarti.

Per gran parte della stagione internazionale 1999 poi, Cullen è stato anche utilizzato all’ala, in coppia con Lomu.

 

Nel 2000 Christian è tornato alla sua posizione più efficace, con il numero 15, purtroppo però, nella stagione successiva ha iniziato ad avere fastidi per colpa di un dolore cronico al ginocchio dovuto ad un brutto infortunio. Nel frattempo Leon MacDonald stava crescendo ed è stato visto come l’opzione migliore per giocare estremo e, soprattutto, con l’arrivo di due c.t. quali Mitchell e Deans, Cullen è caduto improvvisamente in disgrazia.

Così, nonostante nel Super 12, con gli Hurricanes, si fosse messo in mostra ancora come uno dei migliori giocatori della stagione, dopo la gara di Parigi del 12 novembre 2002, Christian è stato costretto a lasciare la maglia nera: un’esclusione che è sembrata a tutti prematura e che ha creato polemiche a non finire.

 

L’abilità di Cullen nell’essere un sorprendente e prolifico “tryscorer” si riflette nel fatto che in 58 gare, tra il 1996 e il 2002, ha marcato qualcosa come 46 mete, che per l’epoca era il record degli All Blacks.

In tutta la sua carriera a livello di club, invece, dove ha abbracciato la rappresentativa di Horowhenua, Manawatu (15 partite nel 1995-96), dei Central Vikings (9 gare nel 1997), di Wellington (39 partite nel 1998-2003) e degli Hurricanes (85 apparizioni nel Super 12) ha ottenuto in totale 150 mete.

 

L’estremo di Paraparaumu ha giocato un ruolo importante nel successo del Wellington durante l’NPC del 2000 contro Auckland, per questo ha portato una forte emozione nei tifosi quando ha annunciato il suo trasferimento al Munster, in Irlanda, alla fine della stagione 2003, dov’è rimasto sino al 12 maggio 2007, giorno in cui ha annunciato il suo ritiro dal rugby giocato.

 

Prima di lui altri grandi numeri 15, a partire da Fergie McCormick nel 1960, passando per Allan Hewson e John Gallagher alla fine degli anni ’80, avevano trasformato la figura dell’estremo All Black in un attaccante aggiunto, ma nessuno ha mai avuto il fascino e la potenza che Cullen ha esercitato, soprattutto durante i suoi primi anni di attività.

 

 

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