Ian Jones

L’eroe di tre mondiali

Ian Jones è stato uno dei nomi nuovi del panorama All Black nel periodo che è seguito alla Coppa del Mondo del 1987. Egli, in breve tempo, è diventato una delle migliori seconde linee del mondo e, a fine carriera, risulterà essere il secondo giocatore con più caps del suo Paese, ben 79, dietro solo a Sean Fitzpatrick.

In coppia con il suo omonimo Michael, con il quale non ha nessuna relazione di parentela, il nome Jones è diventato presto sinonimo di rugby d’eccellenza.

 

Nato il 17 aprile 1967 a Whangarei, Ian Donald Jones ha esordito per la provincia di North Auckland nel 1988.

Atleta molto alto (198 cm), fin dalla prima stagione nel Ranfurly Shield ha dimostrato di essere un’ottima seconda linea e ha garantito una sorprendente quantità di conquiste in touche.

 

La sua classe è stata notata dall’allora coach della nazionale Alex Wyllie, il quale lo ha incluso nella rosa in partenza per la tournée di fine stagione in Galles e Irlanda. Sebbene Gary Whetton e Murray Pierce fossero state le due seconde linee titolari nei test match, Jones ha disputato un ottimo tour, giocando contro Cardiff, Pontypool, Neath, Leinster e Connacht.

Così, quando Pierce si è ritirato, non c’è stato alcun dubbio che il sostituto naturale fosse proprio Ian.

 

Il debutto ufficiale è arrivato il 16 giugno 1990, a 23 anni, contro una nazionale scozzese arrivata in Nuova Zelanda forte del Grande Slam rimediato nel Cinque Nazioni. I neri hanno vinto la gara 31 a 16 (per l’occasione Ian ha segnato anche una meta), e con essa la mini serie per 2 a 0, ma gli scozzesi sono stati più tenaci che mai e la vittoria non è stata affatto facile come sembra..

 

Nel 1991, dopo una vittoriosa tournée in Argentina e la sfida contro l’Australia per la Bledisloe Cup, dove ha segnato la sua seconda meta per la nazionale, Kamo Kid, questo il soprannome di Ian, dal sobborgo di Whangarei dov’è cresciuto, è stato convocato per la Coppa del Mondo in Inghilterra.

Gli avanti All Blacks sono stati molto competitivi durante quel torneo ed hanno vinto numerosi possessi, ma i tre quarti erano soltanto l’ombra dei loro predecessori del 1987, così la Nuova Zelanda è stata piegata in semifinale, a Dublino, dall’Australia di Campese.

 

L’anno seguente il giocatore ha preso parte a gare casalinghe, sfidando il World XV e l’Irlanda. Contro i verdi, nella seconda gara della mini serie, vinta alla grande dagli All Blacks (59 a 6), Ian ha marcato un’altra meta. Quindi il giocatore ha avuto l’onore di indossare, per l’unica volta nella sua vita, la fascia di capitano della nazionale, quando, il 5 agosto, ha affrontato, in una gara non valida però per i test match, Orange Free State.

 

10 giorni più tardi i neozelandesi hanno sconfitto a Johannesburg gli Springboks per 27 a 24.

 

La successiva grande sfida per Ian è stata contro i Lions, fra giugno e luglio del 1993. Gli avanti inglesi erano considerati i più forti del pianeta, in particolare nella lineout, e Ian, nella prima prova, ha dovuto lavorare veramente sodo per avere la meglio del suo diretto avversario, il terribile Martin Bayfield.

La partita è stata vinta con un margine ristretto, 20 a 18, ma per la seguente partita, persa dai neri 20 a 7, Ian si è dovuto accomodare in panchina per cedere il posto a Mark Cooksley.

Egli è poi stato ributtato nella mischia nel decisivo terzo match. Alla fine, l’istinto di conservazione degli All Blacks si è dimostrato superiore al desiderio di immortalità del Leoni britannici, e la partita è stata vinta 30 a 13, e con essa la serie.

 

Il 1993 ha visto anche Ian giocare a dicembre a Cardiff contro i Barbarians (25 a 12), nonché il cambio di maglia, a livello di club. Dopo 66 caps, infatti, il seconda linea ha lasciato il North Auckland, caduto in seconda divisione , per trasferirsi al North Harbour.

 

Nel frattempo, con l’avvento del professionismo nuove esigenze erano state richieste ai giocatori di ogni ruolo. Anche alle seconde linee, naturalmente, è stato chiesto di diventare degli atleti a tutto tondo. Alcuni, come John Eales e lo stesso Ian Jones, sono riusciti a adattarsi meglio di altri. Kamo è stato aiutato in questo anche dal fatto che egli era sempre stato un fanatico del fitness; così, per lui il passaggio è avvenuto praticamente senza alcuna difficoltà.

 

Il 1994 è stato per gli All Blacks un anno piuttosto negativo, con le due sconfitte casalinghe subite dalla Francia, quella a Sidney con i Wallabies e una vittoria ed un pareggio nella serie contro i sudafricani.

 

Nonostante tutto, con l’avvicinarsi della Coppa del Mondo del 1995, gli All Blacks hanno dimostrato di essere più avanti rispetto ad altri team in termini di velocità, resistenza e agonismo atletico, qualità che sarebbero ormai state essenziali nell’epoca del professionismo. Anche tatticamente, essi erano nettamente superiori a qualsiasi altra squadra del mondo.

 

Con quasi tutti i giocatori al massimo della forma, la Nuova Zelanda ha devastato chiunque si fosse posta sul loro cammino verso la finale, dove la vittoria sembrava essere solo una formalità.

I loro rivali per l’ultimo atto sono stati gli Springboks, considerati sì una buona squadra, soprattutto per il fatto che giocavano in casa, ma dotati di un rugby che, se paragonato a quello dei Tuttineri, sembrava preistorico.

Invece è arrivato il disastro. Molti giocatori della squadra sono stati colpiti da un’intossicazione alimentare prima della partita, presumibilmente come parte di un cinico complotto al fine di garantire una vittoria sul loro suolo ai sudafricani, appena riammessi alle gare internazionali dopo lo stop dovuto all’apartheid. Lo stesso Ian Jones è stato uno dei più colpiti dalla gastroenterite. In seguito il seconda linea ha affermato che al momento si sentiva come se dovesse morire.

Nonostante questo gli All Blacks sono riusciti a restare competitivi per tutto il match, e il risultato è stato deciso solo dal drop di Joel Stránsky nel tempo supplementare.

 

La Nuova Zelanda ha comunque reagito bene alla batosta del mondiale.

Nel 1996 c’è stata una nuova sfida cui fare riferimento, ovvero l’inaugurale torneo Tri Nations, dove gli All Blacks hanno dimostrato che la loro forma dell’anno precedente non era stata un fuoco di paglia.

Con i veterani Ian Jones, Zinzan Brooke, Michael Jones e Sean Fitzpatrick a formare l’ossatura della squadra, e nuove stelle come Carlos Spencer e Christian Cullen a dare loro ancora più opzioni in fase offensiva, i Neri hanno demolito le due rivali garantendosi il trofeo.

 

Quello stesso anno poi, Ian ha partecipato ad uno dei più grandi successi nella storia della Nuova Zelanda, la serie vinta sul suolo sudafricano, proprio là dove l’anno precedente aveva perso la finale della Coppa del Mondo.

 

Il 1996 ha visto poi la nascita del Super 12, e Kamo ha giocato per la franchigia dei Chiefs di Waikato. Con essa il giocatore ha disputato 38 gare, spesso come capitano e, in un match contro Warathas, ha marcato 3 mete.

 

Quando il titolo del Tri Nations è stato vinto anche l’anno successivo dai giocatori con la felce, e visto anche il successo della tournée in Gran Bretagna con 3 vittorie contro Inghilterra (con meta di Ian), Irlanda e Galles, ed un pareggio (26 a 26) ancora contro il XV della Rosa a Londra, è sembrato a tutti che nel mondo ci sarebbe stato un lungo periodo di predominio nero.

 

Invece, nel 1998, dopo avere sconfitto gli inglesi in due gare casalinghe, i neozelandesi hanno perso cinque partite di fila: un vero disastro. Si è trattato, infatti, di una delle loro peggiori sequenze di risultati di tutti i tempi.

Anche Ian, naturalmente, è finito in mezzo alla carneficina che ne é seguita. Per gli ultimi due test di quell’infelice inverno egli è stato relegato a riserva, sostituito da Willis Royce. Nella sua autobiografia, "Unlocked" il seconda linea ha puntato il dito contro il coach John Hart, sostenendo che il processo di preparazione del team era diventato troppo orchestrato, a discapito delle prestazioni globali.

Da notare solamente che, nella partita dell’11 luglio a Melbourne, persa 16 a 24 contro l’Australia, Kamo ha marcato la sua nona e ultima meta per la nazionale.

 

Nel 1999 Jones ha dovuto lottare per mantenere il suo posto, ma ad un certo punto è stato retrocesso a giocare per la Nuova Zelanda A.

Dopo alcuni problemi in lineout però, ben evidenziati in una gara persa contro i Wallabies a Sydney, si è ben pensato di richiamare lui, soprattutto in vista dell’imminente Coppa del Mondo.

 

Per Jones quello è stato il terzo mondiale cui ha partecipato, anche se ha giocato solo in due gare: una contro L’Italia (101 a 3) e la seconda, il 24 ottobre, contro la Scozia (30 a 18), in un quarto di finale che ha visto la sua ultima apparizione con la maglia della Nuova Zelanda.

 

Come ormai sappiamo, gli All Blacks sono stati sconfitti da un’ispirata squadra francese in semifinale, e hanno solo potuto guardare i rivali australiani sollevare nuovamente il trofeo.

Si è trattata di un’altra delusione per Ian Jones, il quale avrebbe sicuramente meritato di concludere la sua già straordinaria carriera con almeno una vittoria nel campionato del mondo.

 

Terminata la Coppa, e la sua avventura con la nazionale, Ian ha fatto le valige ed è partito alla volta dell’Inghilterra, dove ad attenderlo c’era un sostanzioso contratto con il Gloucester, con il quale ha giocato per due stagioni.

 

Nel 2001 è passato ai London Wasps e lì, a fine stagione, ha appeso le scarpette al chiodo.

 

Jones è tornato in Nuova Zelanda nel 2002 per lavorare come commentatore per Sky Television.

 

 

 

 

 

 

 

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *