Neil Jenkins

Una vita da mediano

Neil Jenkins (alias "Jenks" e "The Ginger Monster"), è stato il primo uomo a raggiungere i 1000 punti nei test match. Una perfetta “score machine” dal piede preciso e fidato, senza la quale un gallese rabbrividisce a pensare a come sarebbe potuta andare la sua nazionale nel anni 1990 e all’inizio del 2000. Infatti, in una carriera che copre undici anni, Jenkins ha registrato numerosi records: punti segnati (1049), penalty calciati fra i pali (248), caps per un gallese (87) e maggior numero di test giocati da un apertura (70). Uno dei pochi record gallesi che non è riuscito a battere è quello dei drop segnati, appartenente a Jonathan Davies (10, contro i 13 del collega). Incredibile ma vero, nonostante il suo tabellino Neil non è sempre stato la prima scelta come calciatore per la sua squadra e spesso è stato paragonato sfavorevolmente a leggendari numeri 10 degli anni passati come Barry John e Phil Bennett.

Tuttavia, come già visto a suo tempo con un altro campione sovente criticato, Rob Andrew, Jenkins è sempre stato pienamente consapevole dei suoi punti di forza e dei propri limiti; per questo si può considerare un vincente.

 

Neil Jenkins è nato l’8 luglio 1971 a Church Village, in Galles naturalmente. Giocatore del Pontypridd ha fatto il suo debutto in nazionale a soli 19 anni, contro l’Inghilterra a Cardiff il 19 gennaio 1991, insieme ad un altro adolescente, il combattivo centro Scott Gibbs. Il XV della Rosa quella volta ha dominato il gioco e vinto 25 a 6, ma Jenkins ha avuto la consolazione di portare a casa i suoi primi punti segnando un penalty.

Contro l’Irlanda, nella stessa stagione, ha invece centrato il suo primo drop, ma ha commesso un errore difensivo che ha consentito a Brendan Mullin di marcare una meta.

In seguito Neil è stato fortunato, forse, a non fare parte della disastrosa spedizione gallese alla Coppa del Mondo di quell’anno: con la maglia numero 10, infatti, gli era stato preferito Mark Ring.

 

Dopo un anno povero come il 1991, il Galles ha recuperato un po’ di dignità nella stagione successiva, con Neil che durante il Cinque Nazioni ha segnato la maggior parte dei punti della sua squadra. Nella prima gara, una vittoria a Dublino per 16 a 15, Ginger Monster ha siglato 9 punti, mentre nella seguente contro la Francia, 12 a 9 per i transalpini, è stato l’unico giocatore in maglia rossa ad andare a punti centrando i pali con tre punizioni. I gallesi sono stati poi “whitewashed” 24 a 0 dall’Inghilterra, quindi hanno concluso il torneo vincendo 15 a 12 contro la Scozia, dove Neil è stato nuovamente l’unico dragone a segnare.

 

La stagione 1993 è andata ancora abbastanza male, anche se nella partita inaugurale contro l’Inghilterra, a Cardiff, Jenkins è stato in grado di trasformare una meta di Ieuan Evans, centrando così una famosa vittoria per 10 a 9; l’unica purtroppo di quel torneo chiuso dal Galles all’ultimo posto. Contro l’Irlanda Neil ha segnato nove punti, ma ha sbagliato sette calci e i rossi sono stati sconfitti per 19 a 14.

Jenks ha però goduto di un notevole successo durante il tour che il Galles ha intrapreso in Zimbabwe e in Namibia quando, contro quest’ultima, ha raggiunto i cento punti in carriera nonostante fosse solo alla sua quindicesima gara.

 

Il 1994 è stato invece uno dei migliori anni per il Galles e per Neil, il quale ha giocato in dodici partite, comprese le quattro di un vincente Cinque Nazioni e quelle per la qualificazione alla Coppa del Mondo. Egli ha dato una grossa mano ai dragoni per vincere il loro primo titolo dal 1988: ha segnato subito 15 punti contro la Scozia (29 a 6), quindi ha siglato tutti i punti del suo team in un 17 a 15 con cui il Galles ha conquistato l’Irlanda. Quella vittoria ha visto Neil mettere fra i pali quattro penalties e marcare una meta a seguito di un intelligente passaggio del mediano di mischia Rupert Moon. È stato sempre in questa partita che Neil ha superato il record gallese di 166 punti di Phil Bennett, in sole 19 gare.

La seguente vittoria sulla Francia per 24 a 15 aveva fatto sperare i gallesi di ottenere un prestigioso Grande Slam, ma nell’ultima gara sono stati battuti 15 a 8 dall’Inghilterra a Twickenham. Il titolo è finito comunque nella loro bacheca, anche se, per la prima volta dalla nascita del torneo, è stato assegnato considerando la differenza punti.

Neil ha trascorso il resto dell’anno segnando punti contro ogni squadra avesse giocato: 22 con il Portogallo, 18 con Tonga e 24 contro l’Italia. In autunno, il suo Galles è arrivato anche a condurre con un inatteso 12 a 10 contro il Sudafrica, ma una meta di Chester Williams ha infine risolto la questione in favore degli Springboks che hanno vinto 20 a 12.

 

Dopo aver vinto il campionato l’anno prima, il Galles è entrato nel 1995 con grandi speranze ma, nonostante queste aspettative, i suoi risultati sono stati molto deludenti. Infatti, ha dovuto prima sopportare l’umiliazione di passare da campioni a prendersi il cucchiaio di legno in una sola stagione e poi, al mondiale in Sudafrica, non sono riusciti a passare ai quarti di finale per la seconda volta consecutiva.

Il Cinque Nazioni si era aperto con una sconfitta 21 a 9 contro la Francia, una gara in cui Neil ha sbagliato tre penalties. Quindi il Galles ha perso 23 a 9 per mano dell’Inghilterra a Cardiff. La serie nera è proseguita perdendo anche in Scozia 26 a 13, prima di suggellare il cucchiaio di legno con una sconfitta 16 a 12 contro l’Irlanda.

 

Anche la Coppa del Mondo è stata un’esperienza umiliante per i dragoni: la squadra che era giunta terza nel 1987, nell’edizione del 1995 ha vinto una sola partita. Infatti, dopo aver sconfitto il Giappone 50 a 28 in un match che ha visto Neil siglare 22 punti, i gallesi sono stati prima bastonati 34 a 9 dai futuri finalisti All Blacks, e poi hanno perso anche contro l’Irlanda 24 a 23.

Più tardi, quello stesso anno, i rossi sono stati battuti 40 a 11 dagli Springboks campioni del mondo. Tuttavia, con i due calci di punizione messi a segno in quella partita, Neil aveva raggiunto i 400 punti, il che significava una media di 80 punti a stagione dal suo debutto.

 

Durante il Cinque Nazioni del 1996 le presenze in campo di Neil sono state ridotte a causa di alcuni infortuni. Sostituito da Arwel Thomas, Jenks ha giocato una sola partita.

Tuttavia al rientro, sempre quell’anno, ha disputato sette test.

 

La stagione successiva invece è stata una delle migliori di Neil, merito soprattutto della vincente performance con i Lions nella seconda gara in Sudafrica.

Prima di questo però, Jenks aveva disputato un mediocre Cinque Nazioni, giocando alcune partite come estremo, una posizione che avrebbe in seguito occupato anche per i Lions. Di positivo in quel torneo c’è stata la meta segnata contro la Scozia, che lo ha aiutato ad infrangere la barriera dei 500 punti nei test matches e ha fatto di lui il migliore marcatore nella storia del Cinque Nazioni. Come controparte però, egli non potrà mai dimenticare il suo errore contro la Francia, che si è concretizzato in una meta di Laurent Leflammand, e la frattura del braccio subita nella partita contro l’Inghilterra a Cardiff.

 

Il braccio per fortuna è guarito in tempo per il tour dei Lions, in cui Neil ha trovato ispirazione e forma con l’avvio della seconda gara.

Il primo match è stato vinto dai rossi grazie alle mete di Matt Dawson e di Alan Tait, il che voleva dire che i sudafricani dovevano vincere per forza il secondo incontro se non volevano perdere la serie. La gara, con i leoni a difendere in maniera egregia e Jenkins a capitalizzare il risultato con cinque precisi penalties, è arrivata nei minuti finali sul risultato di 15 a 15. È stato allora che Jeremy Guscott ha regalato la vittoria ai suoi con un drop vincente.

 

Oltre a questo, il 1997 è stata davvero un’annata memorabile per Neil, il quale ha contribuito non poco a fare sì che il suo club, il Pontypridd, vincesse il campionato gallese.

 

Dopo quella gloriosa cavalcata con i Lions, Neil è stato purtroppo sbalzato a terra nel 1998. Costretto a giocare ancora fuori posizione, come estremo, ha disputato uno straziante Cinque Nazioni, che ha visto il Galles subire pesanti sconfitte sia contro l’Inghilterra sia con la Francia. Con i primi i dragoni avevano marcato due mete a inizio partita per merito di Alan Bateman, ma alla fine sono stati battuti con un imbarazzante 60 a 26. Quasi la metà della squadra inglese è riuscita ad attraversare la linea bianca: David Rees (due volte), Austin Healey, Neil Back, Lawrence Dallaglio, Will Greenwood, Kyran Bracken e Matt Dawson hanno tutti schiacciato l’ovale in meta. Dopo la gara Neil ha affermato che egli non avrebbe mai più giocato come fullback.

Il Galles ha poi battuto la Scozia (19 a 13) e l’Irlanda a Dublino (30 a 21): in quest’ultimo match Jenks ha segnato 20 punti, compresa una meta.

Quelle vittorie avevano dato ai Gallesi un illusorio senso di fiducia, ma contro la Francia hanno patito forse il loro peggior risultato internazionale fino ad oggi: un 51 a 0 che ha portato i punti subiti dal Galles nell’arco del torneo ad un totale di 145.

Neil è stato poi, per così dire, fortunato a non giocare in estate la partita contro il Sudafrica, dove i suoi compagni hanno ceduto ad una sconfitta per 96 a 13.

Più tardi, nel corso dell’anno, il Galles ha affrontato ancora gli Springboks, questa volta sotto la guida del nuovo allenatore Graham Henry e, nonostante sia uscito ancora perdente, la sconfitta è stata decisamente più dignitosa: un 28 a 20 che, fino a tre minuti dallo scadere, era un 20 a 17 per i rossi. Neil Jenkins ha segnato cinque punizioni e ha contribuito a portare il Galles a inizio gara sul 14 a 0. Tra l’altro, in quella partita, ha raggiunto quota 600 punti.

In seguito ne ha segnati altri 23 contro i Pumas, comprensivi di quattro trasformazioni e cinque penalties.

 

Fortunatamente il 1999 si è rivelato più proficuo per il team gallese che, mettendo in scena alcune buone performance, ha nutrito grandi speranze per il mondiale che si sarebbe svolto in casa loro quell’anno.

I dragoni, a dire il vero, non sono mai stati in corsa per vincere il Cinque Nazioni: avevano perso le gare con entrambe le loro rivali celtiche, ma sono poi riusciti a battere i favoriti del torneo, Inghilterra e Francia, tant’è che alla fine il trofeo è finito nella bacheca degli scozzesi.

Jenkins ha giocato bene in ogni partita, ma è stato nell’ultima giornata, a Wembley, contro un’Inghilterra che cercava il Grande Slam, che ha realizzato una delle sue migliori prestazioni di sempre, piazzando fra i pali otto calci compresa la trasformazione che ha sistemato il risultato sul 32 a 31 in favore dei rossi. Ma quel giorno Neil non è stato solo “calci precisi”. Come ha poi ricordato l’ex ala inglese Miles Harrison nel suo libro: “Dopo l’intervallo, Jenkins ha scardinato la perfetta difesa inglese con un passaggio preso in prestito dal bagaglio di Barry John, col quale ha dato a Shane Howarth la possibilità di segnare la meta che ha riportato il Galles in partita". Nonostante la segnatura di Howarth, l’Inghilterra ha tenuto ancora il controllo della situazione, almeno fino al momento in cui il centro Scott Gibbs, ricevuto l’ovale da Quinnell dopo una touche, ha bucato la difesa avversaria, ha eluso con una finta il suo avversario ed è corso a schiacciare una meta diventata famosa. A quel punto, Neil Jenkins si è trovato nel piede il calcio della vittoria e non ha deluso le aspettative, piazzando nell’acca la trasformazione.

 

Dopo avere costretto l’Inghilterra a lasciare per strada sia il Grande Slam sia il titolo del Cinque Nazioni, il Galles ha continuato a gestire il suo magico momento di forma sconfiggendo ancora la Francia, la seconda volta quell’anno, e poi il Sudafrica, il 26 giugno a Cardiff, intascando la prima vittoria celtica contro un team dell’emisfero australe dai tempi in cui era stata battuta l’Australia nella Coppa del Mondo del 1987. Contro gli Springboks (29 a 19 il risultato) Neil ha segnato 19 punti con i suoi calci e ha anche regalato a Gareth Thomas la palla per una meta.

Sempre in quella magica stagione, nella seguente partita contro l’Italia, Jenks ha stabilito un nuovo record di punti segnandone 30, costituiti da una meta, cinque, trasformazioni e cinque penalties. Con questi Neil Jenkins aveva segnato 80 punti in quattro apparizioni contro la sventurata squadra azzurra.

Poco dopo, altri 28 punti messi a segno contro il Canada con una meta, una trasformazione e sette punizioni, lo hanno portato oltre la soglia degli 800.

Quindi gli uomini in rosso hanno sconfitto la Francia, con Neil che ha fissato un altro record segnando nove penalties d’oro.

 

Vista una tale prodigiosa forma, ci si attendeva che il Galles giocasse la Coppa del Mondo casalinga (ribattezzata per l’occasione Cymru ’99) da protagonista. Invece è possibile che la squadra avesse raggiunto l’apice con un paio di mesi d’anticipo, oppure che fosse affetta dalla pressione delle aspettative, così non è riuscita a svolgere il compito a loro auspicato.

Dopo avere battuto l’Argentina nella gara d’esordio per 23 a 18, con Neil che ha messo a segno 3 penalties e 2 trasformazioni, e dopo avere strapazzato il Giappone 64 a 15 (8 trasformazioni e un penalty per Jenks), il Galles ha perso contro Samoa, come già successo al mondiale di quattro anni prima, con il punteggio di 38 a 31. In quella occasione però, Jenkins ha avuto la soddisfazione personale di diventare il più prolifico marcatore del mondo nei test internazionali, superando quota 900 punti e battendo il record di 911 stabilito dall’australiano Michael Lynagh nella Coppa del Mondo del 1995.

Purtroppo, i sogni di gloria dei dragoni sono evaporati nella pioggia di Cardiff, contro una magnifica squadra australiana che li ha sconfitti nel quarto di finale per 24 a 9.

Nonostante questo i gallesi speravano che le belle prestazioni del 1999 fossero l’inizio di un’altra età dell’oro al pari di quella degli anni settanta. Niente di più sbagliato!

 

Sul campo i rossi hanno disputato un misero Sei Nazioni (il primo dopo l’ingresso dell’Italia), che ha fatto registrare una sconfitta 46 a 12 contro l’Inghilterra a Twickenham e un 36 a 3 subito dalla Francia a Cardiff.

A peggiorare le cose è arrivato anche il cosiddetto "Grannygate" lo scandalo che ha coinvolto Shane Howarth e Brett Sinkinson, i due giocatori nati in Nuova Zelanda e naturalizzati nella nazionale dei dragoni vantando un “falso” antenato gallese. In sostanza, l’incidente ha portato in due giocatori alla squalifica dopo che essi non sono stati in grado di fornire le prove sufficienti a dimostrare che fossero effettivamente di origine celtica.

 

I test autunnali del 2000 hanno visto poi la conclusione della lunga diatriba fra Neil Jenkins ed il rivale per la maglia numero 10 Arwel Thomas, una saga che ha molte analogie con la rivalità tra gli inglesi Rob Andrew e Stuart Barnes dei primi anni novanta. A Thomas è stato dato di giocare contro Western Samoa e Stati Uniti, mentre Jenkins ha disputato la partita con il Sudafrica, solo per essere sostituito da Thomas negli ultimi venti minuti.

Proprio in quest’ultima gara, con il Galles in vantaggio, Thomas ha iniziato bene segnando un penalty da 40 metri. Ma in seguito ha iniziato a pasticciare e a fallire diverse possibilità di andare a punti, sbagliando una punizione da buona posizione e mettendo fuori un drop cruciale. I sudafricani infine hanno vinto 23 a 13 e per Thomas, a causa di questa povera prestazione, è effettivamente suonata la campana a morto per la sua carriera internazionale. Il suo fallimento è stato anche lo spunto per i sostenitori di Jenkins per rivendicare il ritorno in regia del loro beniamino. Anche il coach Graham Henry ha ammesso che lasciare fuori Neil è stato un errore che, sommato al fallimento come allenatore dei British Lions nella tournée in Australia del 2001, ha gettato le basi per le sue dimissioni. Il suo posto in panchina è stato preso dal connazionale Steve Hansen, con un breve interrenio di Lynn Howells, allenatore ad interim.

 

Nel mese di ottobre del 2000, Neil Jenkins è stato insignito del MBE per i servizi resi allo sport britannico. Jenks ha ricevuto l’onorificenza a Buckingham Palace, poco prima di volare in elicottero nella capitale gallese per giocare una partita in cui ha segnato tutti i 24 punti della sua squadra, il Cardiff, Blues, nella sfida vinta 24 a 14 contro i Saracens.

 

Con la carriera ormai agli sgoccioli, dopo tutti i traguardi raggiunti, a Neil non rimaneva altro che tagliare il magico traguardo del punto numero 1000. Ciò è stato compiuto il 2 marzo 2001, a Cardiff contro l’Inghilterra, guarda caso proprio la squadra contro cui aveva fatto il suo debutto dieci anni prima. Jenks era arrivato a quella partita con 996 punti all’attivo e, dopo un calcio di punizione, aveva raggiunto quota 999. Il mitico numero 1000 era vicino, ma la tensione nervosa ha fatto si che sbagliasse la trasformazione della meta di Howley e anche una serie di penalties, quelli che di solito infilava nell’acca con facilità. La salvezza per lui è arrivata sotto forma del vecchio amico Scott Quinnell, che ha marcato una meta fra i pali dando così la possibilità a Ginger Monster di trasformarla e, nonostante la sconfitta per 44 a 14, di diventare il primo giocatore nella storia a raggiungere il fatidico 1000.

 

Oltre alla sua eroica impresa, in quel Sei Nazioni Neil ha salvato la faccia al suo team segnando una trasformazione, quattro penalties e tre drop contro la Scozia, che hanno ribaltato il risultato da 6 a 25 ad un 28 pari. I rossi hanno poi vinto 43 a 35 a Parigi, con Jenkins a segno con una meta, quattro trasformazioni, tre punizioni e due drop. Quindi a Roma 33 a 23 (3 trasformazioni e 4 penalties).

Nonostante la scarsa vena dei dragoni, Jenks era ancora riuscito a segnare 74 punti nel torneo: un altro record.

 

Nel frattempo l’età e gli infortuni hanno richiesto il loro tributo a Neil Jenkins e la sua ultima gara internazionale è così arrivata il 1 settembre del 2002, una vittoria per 40 a 3 contro la Romania.

Tuttavia, gli è stato concesso un tributo l’anno successivo, quando ha guidato la squadra in una partita contro i Barbarians.

 

In totale Jenkins ha guadagnato 87 caps e ha segnato 1049 punti per il Galles e 4 caps con 41 punti per i British Lions.

 

Nella stagione 2002/2003 è tornato a giocare per il Pontypridd, mentre quella successiva l’ha disputata con la franchigia dei Celtic Warriors (che includeva, oltre alle altre, anche Pontypridd), dove ha chiuso la carriera anche a livello di club.

 

Come spesso accade, finita una carriera se ne apre subito un’altra. Così, nell’autunno del 2004, Jenkins è tornato nella Welsh Rugby Union come Kicking Skills Coach, ovvero l’allenatore dei calciatori, in collaborazione con l’allora appena nata WRU Accademie, per migliorare le capacità balistiche delle generazioni future.

 

Nell’estate del 2006 è tornato invece in nazionale come Skills Coach, dove ha lavorato prima per Gareth Jenkins, durante la Coppa del Mondo del 2007 e poi, questa è attualità, per Warren Gatland.

Durante la stagione 2007-2008, abbiamo visto tutti Neil in campo a supportare la squadra gallese che avrebbe poi vinto il secondo Grande Slam in quattro anni.

 

Per finire. Nel 1999 Neil Jenkins ha pubblicato una sua autobiografia, “Life at number 10”, insieme al giornalista freelance Paul Rees, giusto una settimane prima che venisse superato il record di punti internazionali di Lynagh. Il libro è stato poi ristampato nel 2001 da Mainstream Publishing.

Inoltre, il 10 novembre 2003, è uscito un DVD tributo intitolato “Jenks – A rugby legend”, che ripercorre la storia di Jenkins dal suo inizio, quando era un semplice ragazzo della classe operaia nelle valli gallesi, sino ad essere il numero 10 fra più rispettati nel mondo della palla ovale.

 

Il record di Neil Jenkins, lo sappiamo, è stato battuto da Wilkinson e non v’è dubbio che altri in futuro faranno altrettanto. Quello che conta però, è che il primo ad abbattere la barriera dei tre zeri sia stato lui, e questo lo ha reso un campione immortale.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *