Peter Winterbottom – Forza e determinazione

Forte, molto determinato e dotato di un tackle feroce, Peter Winterbottom è stato il numero sette della nazionale inglese dal 1982 al 1993, e con i suoi 58 caps è stato a lungo il flanker con più presenze a livello internazionale per l’Inghilterra.

Il Wall of Fame è costituito da una serie di placche inserite sulle pareti di Twickenham e serve ad onorare le leggende del rugby e a celebrare i 100 anni dello stadio. Caratteristica essenziale per l’introduzione è che ogni atleta deve avere avuto un impatto notevole in questa Casa del Rugby. Ad ogni test giocato dalla nazionale inglese nello stadio, un paio di giocatori ricevono l’onore di vedersi assegnare un posto sulla parete. La prima volta è stato durante la gara contro lAustralia nel 2000, e si proseguirà per tutto il 2010, sino al raggiungimento di 100 personaggi. Su quel muro trova posto anche la placca dedicata all’open-side flanker Peter Winterbottom.

Peter James Winterbottom è nato a Horsforth, il 31 maggio 1960, e ha studiato presso la Rossall School. A 16 anni ha giocato per la Lancashire School e, in seguito, è stato il numero 8 degli England Colts prima di passare a flanker. In questo ruolo, nel 1981, ha fatto parte dell’Inghilterra B contro la Francia pari livello.

Giocatore degli Headingley di Leeds, ha debuttato con il XV della Rosa l’anno seguente, a 21 anni. Gli avversari erano i Wallabies, il campo quello di Twickenham e il flanker ha mostrato da subito l’energia, il tackle feroce e la determinazione che sarebbero stati il suo marchio di fabbrica negli anni a venire, tanto che ben presto è stato paragonato ad un altro flanker biondo di capelli, il leggendario Jean-Pierre Rives.
Il match ha visto la vittoria inglese per 15 a 11, ma è stato reso memorabile dalla corsa a seno nudo, sul terreno di gioco, di tale Erica Roe, nota anche come The Twickenham Streaker.

Dopo due stagioni, nelle quali la nazionale inglese è stata piuttosto deludente, nel 1983 Winterbottom ha ricevuto la convocazione per il tour in Nuova Zelanda dei Lions. Giusto un anno prima il flanker aveva affinato la sua formazione rugbistica con il club neozelandese di Hawke’s Bay, quindi, con quel tour, ha assaporato la possibilità di giocare di nuovo dall’altra parte del mondo, dov’era stato molto apprezzato dai tifosi e anche dagli allenatori.
Con i Leoni ha disputato 12 delle 18 partite, ed è comparso in tutti e 4 i test match. Grazie alla sua aggressività e alla continuità, è stato una delle poche stelle di quel tour.  I rossi allenati dallo scozzese Jim Telfer, infatti, sono stati umiliati  dagli All Blacks con un secco 4 a 0 nella serie.

Tornato in patria il biondo Yorkshireman ha giocato uno dei tornei peggiori della storia del team inglese, che ha subito 3 sconfitte e si è salvato dal whitewash solo grazie al pareggio 13 a 13 con il Galles a Cardiff.
Quindi, nel 1984, è ripartito per una tournée in Sudafrica, dove anche in quel caso l’Inghilterra ha perso entrambe le partite.

In seguito alcuni infortuni hanno ostacolato la carriera di Peter; per questo motivo, nella stagione 1985, non è stato preso in considerazione né dal coach Dick Greenwood né dal suo sostituto M.J. Green.
Tuttavia, la sua sete di rugby internazionale era così forte che nel 1986 era già in campo per affrontare il Cinque Nazioni, dove i bianchi hanno vinto le due gare interne e perso quelle in trasferta.

L’anno seguente, ecco il viaggio Down Under verso la prima Coppa del Mondo di Rugby.
Purtroppo anche stavolta l’Inghilterra ha deluso parecchio. Arrivata ai quarti di finale la squadra allenata da Martin Green ha subito una dura lezione dal Galles. Questa è stata ampiamente riconosciuta come la peggiore partita del torneo, con un’Inghilterra persino imbarazzante da guardare.

Alla fine degli anni Ottanta però, l’Inghilterra del rugby ha cominciato a fiorire grazie al lavoro del nuovo coach Geoff Cooke. Tuttavia, Winterbottom è stato tenuto sempre sotto pressione dal suo pari ruolo del Bath Andy Robinson, che come lui era un flanker mobile e molto competitivo. Nella stagione 1988-89, Peter è comunque passato dalla sua amata Headingley ai più famosi Harlequins e questo ha indubbiamente elevato il suo profilo. Sfortunatamente, egli non ha potuto partecipare al tour dei Lions in Australia nel 1989.

Dal Cinque Nazioni 1990 sino al suo ritiro nel 1993, l’atleta di Horsforth è stato sempre presente nel XV della propria nazionale. Quel periodo, tra l’altro, è stato ricco di grandi successi per il rugby inglese, una squadra che vantava ormai grande esperienza e che ha raggiunto il proprio apice. Winterbottom ha formato una straordinaria terza linea con Dean Richards e Mickey Skinner. Il flanker degli Harlequins aveva una grande capacità di arrivare sempre primo al breackdown e la sua atleticità non è diminuita neppure con l’avanzare dell’età. Con un pacchetto di mischia di così alta fattura, i talentuosi trequarti sono stati in grado di eseguire notevoli incursioni, e con Winterbottom come uomo di collegamento, l’Inghilterra ha giocato il suo rugby migliore.

Il Grande Slam è infine arrivato nel 1991, l’anno in cui si è svolta anche la seconda Coppa del Mondo. Peter è stato un membro chiave del team che è arrivato sino alla finale contro l’Australia, una sfida che i bianchi avrebbero potuto vincere se proprio allora Cooke non avesse cambiato la tattica, che vedeva la squadra impostata sulla forza e il dominio degli avanti.

La delusione della sconfitta è stata comunque presto cancellata da un altro Grande Slam nel 1992.

L’ultima partita di Peter con la maglia della nazionale inglese è arrivata il 20 marzo 1993, una sconfitta 3 a 17 contro l’Irlanda a Dublino.
Peter Winterbottom è stato il secondo giocatore, dopo Rory Underwood, a raggiungere le 50 partite in nazionale e con i suoi 58 caps è stato a lungo il flanker con più presenze a livello internazionale per l’Inghilterra, prima di essere superato da Neil Back nel 2003.

A quel punto il flanker è stato selezionato ancora una volta dai Lions per il tour del 1993 in Nuova Zelanda. Nonostante la concorrenza di una nuova generazione di opensides, tra i quali il Gallese Richard Webster, Peter ha conservato la sua maglia numero sette per le partite più importanti del tour, giocando in tutti e tre i tests match. Alla fine la serie è stata persa 2 a 1, ma bisogna dire che non ci sono molti giocatori che possono vantare due tour dei Lions a dieci anni di distanza.

Una volta terminata l’attività rugbistica, Peter ha continuato quella manageriale, dapprima come broker finanziario presso la BCG Partner, poi, dall’aprile 2008, come intermediatore di titoli presso la Creditex.

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