Rob Andrew

Il piccolo Principe

Rimaniamo ancora un istante con il telescopio puntato sulla patria del rugby e apprestiamoci a scrutare un’altra delle numerose stelle che illuminano il suo firmamento. Questa volta ad essere ammirato è Rob Andrew, il “piccolo Principe”.

 

Dal giorno del suo debutto, nel 1985, quando è stato descritto dall’ex capitano John Scott come "il peggior giocatore che abbia mai rappresentato l’Inghilterra" sino a quello in cui ha appeso le scarpe al chiodo nel 1997, Rob Andrew ha dovuto sopportare infinite critiche circa le sue performance. Se c’erano dei dubbi a proposito della sua capacità di calciare o circa il confronto con il più dotato Stuart Barnes, i suoi detrattori non sembravano perdere occasione per cercare di trascinarlo verso il basso. Tuttavia, come tutti i veri campioni, Andrew ha saputo reagire in modo positivo, lavorando in maniera tale da migliorare i propri punti deboli, pur cercando di non cambiare radicalmente il suo gioco tanto per non dare soddisfazione ai critici.

Anche se non era la tipica apertura capace di deliziare i fini palati dei puristi, Rob è stato comunque il giocatore perfetto per la squadra del connubio Carling – Cooke. Si era alla fine degli anni ’80 e nei primi ’90 e senza di lui è poco probabile che l’Inghilterra avrebbe raggiunto lo stesso livello di successi. I suoi punti di forza sono stati i calci e le eccezionali doti difensive; ma nel prosieguo della carriera è riuscito a migliorarsi continuamente e ad appianare le lacune tecniche, tanto che alla fine è riuscito a diventare anche il leader del XV della Rosa per quanto riguarda i punti realizzati: 396 in 71 caps.

 

Christopher Robert Andrew è nato a Richmond, nel North Yorkshire, il 18 febbraio 1963. Ha frequentato la Barnard Castle School dove nel 1981 è stato capitano della squadra di rugby e dove ha anche giocato nello stesso team di cricket del suo futuro compagno di nazionale Rory Underwood. In seguito ha conseguito alcuni successi notevoli giocando con la squadra del Nottinghamshire e con quella dell’Università di Cambridge, della quale è stato capitano nel vittorioso Varsity Match del 1985 contro Oxford.

Lo stesso anno, il 5 gennaio, Rob ha fatto la sua prima apparizione per l’Inghilterra contro la Romania. Già al suo debutto ha totalizzato 18 punti, compresi due dei 21 drop che arriverà a piazzare nell’arco della sua attività. Grazie a questo è stato convocato per tutte e quattro le sfide del successivo Cinque Nazioni, dove ha segnato quel penalty che ha garantito il 9 a 9 con cui i bianchi hanno pareggiato contro la Francia a Twickenham.

Sempre nel 1985 Rob ha lasciato il Nottingham RFC e ha firmato per i London Wasps.

 

La stagione 1986 era iniziata bene per l’Inghilterra, che aveva battuto il Galles 21 a 18 a Londra, il che non succedeva dal 1982, in una gara in cui Rob ha segnato altri 18 punti. Purtroppo nel match seguente si sono dovuti confrontare con una rampante squadra scozzese a Murrayfield e hanno perso con il punteggio record di 33 a 6, la loro peggiore performance nel Cinque Nazioni dai tempi del “martellamento di Cardiff” targato 1979, quando avevano perso 27 a 3.

Un certo grado di rispettabilità è stato ristabilito con la vittoria sull’Irlanda, ma il campionato si è concluso con una sconfitta 29 a 10 a Parigi e un mesto quarto posto in classifica.

 

L’anno seguente è stato uno dei peggiori per la nazionale della Rosa, con una sola vittoria nel Cinque Nazioni, quella contro la Scozia 21 a 12, e due nella neonata Coppa del Mondo, contro Giappone e USA Lì, Andrew ha giocato solo un paio di gare, una delle quali è entrato dalla panchina.

 

Nella stagione 1988 Andrew ha saltato le prime due gare del Cinque Nazioni a causa della temporanea riconvocazione in maglia bianca di Les Cusworth, ma è tornato per giocare le gare vinte contro la Scozia a Murrayfield (9 a 6) e con l’Irlanda a Londra (35 a 3). Quest’ultima ha visto l’Inghilterra perdere prima il suo capitano Nigel Melville per una frattura ad una caviglia, quindi recuperare lo svantaggio iniziale di 0 a 3 sino a segnare 35 punti, compiendo così la sua migliore vittoria da diversi anni a quella parte.

A seguito di un altro bel successo contro l’Irlanda, nella gara che celebrava il millennio di Dublino, l’Inghilterra è partita con il morale alto per la sua mini tournée in l’Australia. Nella terra dei canguri Rob ha giocato in entrambe le partite, ma nonostante una degna sconfitta 22 a 16 nella prima, le maglie bianche sono state sbeffeggiate 28 a 8 nel secondo incontro, con notevoli critiche piovute, come abbiamo visto nell’articolo dedicato a Carling, al capitano John Orwin.

Quando proprio Orwin ha subito un infortunio durante i test autunnali, Andrew è stato in lizza per prendere in consegna la fascia, ma Geoff Cooke ha preferito cederla a Will Carling, ritenendo che Rob non fosse sufficientemente in forma per far fronte al carico di lavoro supplementare che spetta ad un capitano. La prima partita con Carling come skipper è stata una vittoria 28 a 19 a Twickenham contro l’Australia, che ha visto due mete di Rory Underwood e una a testa di Dewi Morris e Simon Halliday.

L’epoca di Carling era cominciata e Rob Andrew sarebbe diventato uno dei suoi più affidabili luogotenenti.

 

L’Inghilterra ha iniziato il campionato 1989 con la sola intenzione di arrivare al top, un’ambizione realistica date le premesse dell’anno precedente. Purtroppo la Scozia aveva altre idee per la testa e sono scesi a Twickenham per imporre un pareggio 12 a 12, con Rob Andrew e Jon Webb i soli a riuscire a convertire in punti quattro calci su undici.

I bianchi hanno quindi sconfitto la Francia e l’Irlanda, ma poi si sono nuovamente adagiati, perdendo il titolo a causa di una sconfitta 12 a 9 a Cardiff, per gentile concessione della meta contestata di Mike Hall.

Un’ulteriore delusione è arrivata a Rob quando è stato escluso dal tour dei British Lions in Australia. Per fortuna sua però, è stato subito chiamato a sostituire l’infortunato irlandese Paul Dean. In quel tour Andrew ha avuto la sua opportunità quando Craig Chalmers è stato escluso a seguito della pesante sconfitta per 30 a 12 nella prima gara, cedendo a lui la maglia numero 10. Il Principino si è trovato egregiamente con il mediano di mischia Robert Jones così la seconda partita, giocata a Brisbane, è stata vinta 19 a 12, grazie anche al suo gioco al piede che ha contribuito non poco a contrastare le minacce portate da Michael Lynagh. Rob ha trovato pure lo spazio per un drop, col quale è andato ad incrementare lo score raggiunto dalle mete di Gavin Hastings e Jeremy Guscott.

Poi, nella terza prova, un drop fallito di Rob Andrew ha portato allo storico errore di David Campese che, dopo avere raccolto il pallone al volo presso la propria linea di meta, anziché correre in solitaria o calciarlo in avanti, ha voluto passare l’ovale all’estremo Greg Martin, il quale si vedeva chiaramente che non avrebbe potuto prendersene carico: palla persa quindi, tempestivamente raccolta dall’ala Ieuan Evans che l’ha schiacciato in meta. La partita è stata vinta 19 a 18 e con essa i Lions di Finlay Calder hanno portato a casa anche la vittoria nella serie per 2 a 1; un risultato in gran parte costruito con il pack inglese.

 

L’Inghilterra, rafforzata dal successo di quei Lions, ha vinto le prime tre partite del Cinque Nazioni 1990, portando sul campo una miscela di potenza e creatività. Purtroppo, come nel 1989, gli scozzesi sono riusciti a rovinare la festa battendoli 13 a 7 nella più volte citata, ma sempre epica, battaglia di Murrayfield, conquistando il Grande Slam e lasciando Rob e compagni a mani vuote ancora una volta.

Tuttavia, la nostra apertura ha avuto la consolazione di aiutare i Wasps nella loro prima vittoria nel nuovo formato del Courage League Championship.

 

Nel 1991 l’Inghilterra ha finalmente corretto gli errori delle precedenti stagioni e ha raccolto il suo primo Grande Slam dal 1980. Il giorno in cui si è decisa l’assegnazione del titolo, contro la Francia a Londra, Philippe Saint Andre ha schiacciato subito  una meta al termine di un’azione che si era distribuita per tutta la lunghezza del campo. Poi un drop di Rob Andrew ha rimesso in sesto la gara e dato coraggio ai compagni. La successiva meta di Rory Underwood si è rivelata decisiva per consentire ai bianchi di condurre in porto un più che sufficiente 21 a 19. Quando il fischio finale ha fatto esplodere, la folla di Twickenham, Rob e Will Carling sono stati issati sulle spalle dei fans e portati in trionfo. È stato quello uno dei momenti più grandi per il rugby inglese di tutti i tempi: il dolore e la delusione del recente passato erano stati cancellati in un attimo.

 

Con il Grande Slam in tasca, e per il fatto di giocare in casa, il XV della Rosa è stato per ovvie ragioni inserito tra i favoriti per la Coppa del mondo del 1991. Nella prima gara la squadra è entrata in campo molto nervosa e la Nuova Zelanda li ha sconfitti 18 a 12. Tuttavia la loro fiducia è cresciuta con il proseguo del torneo, toccando l’apice a Parigi. contro la Francia nei quarti di finale, dove si è svolta una partita caratterizzata da molta violenza, che ha visto anche Rob Andrew colpito duro da Philippe Sella. L’Inghilterra, superiore in quanto a disciplina, ha vinto per 21 a 10.

In semifinale, contro la Scozia di Gavin Hastings, il Principino è stato il match winner della partita, quando il suo ultimo drop, dopo una tipica azione della mischia, ha messo al sicuro i bianchi inchiodando il risultato sul 9 a 6.

La finale è stata giocato contro l’Australia, a Twickenham, e la folla ha creduto nel miracolo alla vista di una squadra in maglia bianca che faceva correre l’ovale con uno stile molto esuberante. Tuttavia, la zampata necessaria non c’è mai stata, anche se Rob è stato vicino a realizzarla nel secondo tempo, quando la sua corsa è stata bloccata da John Eales. Molti in Inghilterra hanno visto la sconfitta 12 a 6 come un fallimento, ma se considerata nel contesto delle precedenti stagioni il 1991 è stato fenomenale.

 

Quell’anno poi, Rob Andrew ha abbandonato i Wasps, accasandosi per una stagione al Tolosa.

 

Il 1992 ha visto gli inglesi vincere il Grande Slam per la seconda volta consecutiva. Il successo è stato suggellato con la vittoria contro il Galles a Twickenham per 24 a 0.

 

La stagione 1993 non ha visto solo la fine del dominio inglese nel Cinque nazioni (la vittoria è andata alla Francia), ma anche quella di Rob come mediano di apertura della nazionale, anche se temporaneamente. Dopo che l’Inghilterra aveva perso a Cardiff, infatti, il Principino è stato costretto a lasciare il ruolo al redivivo Stuart Barnes, un giocatore che già ai tempi dell’università era stato in antagonismo con Rob e che all’epoca aveva effettivamente giocato per l’Inghilterra prima di lui. Barnes ha giustificato la sua nomina sciorinando una superba prestazione contro la Scozia a Twickenham, ma non contro l’Irlanda, così è stato Andrew, non lui, ad essere convocato dai Lions in partenza per la Nuova Zelanda.

È stato quello un tour difficile, che si è concluso con una sconfitta nella serie per 2 a 1; ma Rob, nel secondo match, è stato salutato come una delle migliori aperture che abbiano mai giocato con i Leoni.

 

Più tardi, nel corso dello stesso anno, Andrew ha messo in scena un altro magnifico spettacolo ancora contro la Nuova Zelanda, a Twickenham, con i colori d’Inghilterra. Il suo tocco preciso al piede ha fatto sì che i bianchi avessero un maggiore controllo del gioco, mentre con un altro drop ha sigillata una famosa vittoria per 15 a 9.

 

La stagione seguente ha visto Andrew entrare in una nuova fase della sua carriera, quando è diventato la prima scelta come calciatore della nazionale. Rob era già stato preso in considerazione per tale compito, ma era anche stato considerato troppo inaffidabile. Tuttavia, sotto la tutela del guru Alred Dave, Rob ha ristrutturato con successo la sua tecnica in modo che fosse più affidabile anche sotto pressione. A lui quindi, dopo la partita fallimentare contro l’Irlanda, è stato assegnato il lavoro che fu di Jon Callard, e subito ha mostrato ciò che sapeva fare segnando tutti i punti dell’Inghilterra in un entusiasmante 18 a 14 che ha portato i bianchi a battere la Francia a Parigi.

Gli inglesi hanno poi annientato il Galles a Twickenham, ma con un punteggio non sufficiente per vincere il torneo, finito proprio nella bacheca dei Dragoni.

Più avanti nella stagione, il team inglese in tour in Sudafrica ha strabiliato i critici vincendo la prima gara a Pretoria 32 a 15, dopo essere stato in svantaggio di 20 punti nei primi 15 minuti. Rob ha dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, il suo status di fuoriclasse segnando ben 27 punti, con una meta, un drop, due trasformazioni e cinque penalty. La seconda partita è stata persa, ma Rob ha finito il tour con 58 punti sul tabellino personale.

Più tardi, contro il Canada, ha anche eguagliato il record mondiale di 30 punti in una partita, che apparteneva a Didier Camberbero, e ne ha siglati altri 24 pure contro la Romania.

Nonostante non avesse alcun trofeo da mostrare, non c’è dubbio che il 1994 sia stato il miglior anno di Rob Andrew sino a quel momento.

 

Dopo due stagioni relativamente indifferenti, l’Inghilterra è tornata in vetta nel 1995, quando ha vinto il suo terzo Grande Slam in quattro anni. Il tutto è avvenuto nell’ultima partita contro la Scozia a Twickenham, dove Rob ha messo fra i pali sette penalty e un drop per un risultato finale di 24 a 12.  Il giorno dopo il Sunday Telegraph è uscito con una sua foto ed il titolo "Il mondo ai suoi piedi", in previsione anche dell’imminente Campionato in Sud Africa.

 

L’Inghilterra ha faticato abbastanza nelle prime fasi della Coppa del Mondo, anche se Rob ha insaccato 24 punti contro l’Argentina e 17 contro l’Italia. Nei quarti di finale, contro i campioni in carica dell’Australia, Andrew ha vissuto forse il momento più esaltante della sua carriera, o almeno quello per cui sarà ricordato negli anni a venire: un drop all’ultimo minuto che ha suggellato una vittoria straordinaria per 25 a 22. Dopo una meta per ciascuna squadra, rispettivamente di Tony Underwood e Damien Smith, il gioco era diventato una gara di calci fra Rob Andrew e Michael Lynagh. Con il punteggio bloccato sul 22 a 22, e con il tempo che incombeva correndo verso i supplementari, la palla uscita da una mischia è stata lanciata in profondità ed è finita fra le mani di Andrew, il quale non ci ha pensato due volte a far partire il suo micidiale drop. L’allenatore australiano Bob Dwyer non ha nemmeno visto il calcio finire in mezzo ai pali, intento com’era a fornire nuove istruzioni ai suoi uomini. In quella che è stata la prima vittoria contro l’Australia nell’emisfero sud, nonché una rivincita attesa quattro anni il Principino ha segnato 20 dei 25 punti della sua squadra.

Purtroppo i festeggiamenti per l’Inghilterra sono stati di breve durata. La squadra, infatti, è stata eliminata dagli All Blacks in semifinale. Un’esausta Inghilterra, infine, ha perso in malo modo anche la finale per il terzo-quarto posto contro la Francia, con la quale aveva sempre vinto da sette anni a quella parte, e il mediano di mischia Dewi Morris, più tardi, ha accusato per quella sconfitta Rob Andrew, dimenticandosi che proprio lui aveva tenuto a galla la squadra segnando tutti i punti della partita.

 

Il 1995 è anche l’anno in cui Andrew ha messo la parola fine alla sua avventura con i London Wasps, per andare a giocare nei Newcastle Falcons di Sir John Hall. Alle vespe ha lasciato in omaggio 604 punti.

 

Per quanto riguarda la nazionale, invece, la partita con la Francia nella finale di consolazione del mondiale è stata la settantesima della sua carriera e, in teoria, doveva anche essere l’ultima. Tuttavia due anni più tardi, precisamente il 15 marzo 1997, è stato convocato nuovamente in panchina contro il Galles ed è entrato per una sostituzione: il suo ultimo cap. Per la cronaca i bianchi hanno vinto 34 a 13 e quella è stata la gara dell’addio anche di Will Carling.

 

Sebbene le sue giornate sui campi internazionali fossero finite, Andrew ha continuato ad esercitare una forte influenza nel rugby inglese. Infatti, nel 1998, ha guidato il Newcastle alla conquista del titolo in  Premiership, marcando sei mete. Sempre a Newcastle poi, il Principino è stato il tutor di un giovanotto di nome Jonny Wilkinson, che più tardi batterà il record di punti per l’Inghilterra che fu proprio di Rob. Ma questa è un’altra storia.

 

Il 18 agosto 2006 Andrew è stato nominato direttore dell’ Elite Club della RFU, ovvero colui che deve vigilare su tutti gli aspetti del rugby britannico, dalle accademie regionali alle squadre di prima divisione.

 

Rob Andrew, per finire, è oggi il presidente onorario del Rugby Charity Wooden Spoon, un ente che raccoglie fondi per i bambini svantaggiati del Regno Unito e dell’Irlanda.

 

Giada 

 

 

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