Scott Gibbs

Centro implacabile

Ian Scott Gibbs è nato il 23 gennaio 1971 a Bridgend, nel Galles. Ha iniziato la sua carriera di rugbista da ragazzino nel Pencoed RFC, per poi salire di livello nella stagione 1990/91 con il passaggio al Bridgend RFC e, in quella seguente, al Neath.

Proprio allora, esattamente il 19 gennaio 1991, dopo avere giocato due anni per l’under gallese e per il Galles B, il diciannovenne centro ha debuttato in nazionale, perdendo 25 a 6 contro l’Inghilterra a Cardiff.

Come una meteora, quindi, Scott si è guadagnato il suo primo cap dopo appena sei mesi in cui giocava nel rugby senior, creandosi subito la reputazione di duro e di grande corridore.

 

Purtroppo il 1991 è stata una stagione poco esaltante per i dragoni, che hanno toccata il punto più basso durante la Coppa del Mondo, dove non sono riusciti a raggiungere i quarti di finale.

Infatti, ad un’imbarazzante sconfitta all’Arms Park contro Samoa (13 a 16), ha fatto seguito la vittoria contro l’Argentina (16 a 7) e la schiacciante sconfitta per 38 a 3 per opera dell’Australia.

 

È del 1992 il trasferimento di Scott allo Swansea, dove ha marcato una meta subito alla prima gara, in una partita di coppa contro Oakdale. Il centro ha segnato ulteriori mete, sempre in coppa, contro Neath e Newport, che hanno garantito allo Swansea di raggiungere la finale, persa però con il Llanelli all’Arms Park.

 

Per quanto riguarda la nazionale, invece, durante il Cinque Nazioni del 1992 ha giocato in tutte e quattro le partite, sia nelle strette vittorie contro l’Irlanda (16 a 15) e la Scozia (15 a 12) in apertura e chiusura del torneo, che nelle sconfitte in Francia (12 a 9) e in Inghilterra (24 a 0).

 

Perdere in Inghilterra in quel periodo era diventata quasi un’abitudine, ma almeno Gibbs ha avuto la gioia di partecipare alla famosa vittoria per 10 a 9 all’Arms Park, nel 1993.

 

Pur avendo solo 22 anni, Scott è stato selezionato per il tour che nel 1993 i British Lions hanno intrapreso in Nuova Zelanda. Il giocatore ha talmente impressionato il coach Ian McGeechan, da essere schierato in campo per il secondo (20 a 7) ed il terzo test (13 a 30), al posto del capitano inglese Will Carling.

 

Tuttavia, una sconfitta casalinga con il Canada, nel maggio dello stesso anno, ha ricordato a Scott che il suo talento era pressoché sprecato in quella squadra gallese.

 

Così, nell’aprile 1994, Gibbs è entrato a far parte della squadra di rugby XIII del St. Helens, dove ha goduto di una carriera di grande successo, vincendo la Challenge Cup nel 1996 e il primo titolo del Super League.

Il giocatore ha giocato anche venti volte per la nazionale di specialità, perdendo solamente cinque incontri.

 

Scott Gibbs è tornato a Swansea, quindi al rugby XV, nel 1996, con un contratto di 200000 sterline, poco dopo che nello sport con la palla ovale era nato il professionismo.

L’atleta, durante il periodo trascorso in League, aveva messo su una maggiore massa muscolare, e anche come corridore era ormai senza uguali, tanto da essere soprannominato “il più veloce pilone del mondo”, anche se in realtà non aveva mai smesso di giocare come centro.

Così non c’è voluto molto affinché sia il Galles sia i British Lions lo selezionassero nuovamente.

 

Scott è stato capitano dei dragoni nella gara disputata contro gli Stati Uniti nel 1997, dove, tra l’altro, ha segnato la sua terza meta internazionale.

 

Nello stesso anno, il giocatore è diventato quindi l’anima dei Lions, che hanno vinto la serie sul suolo degli Springboks, campioni del mondo in carica, per 2 a 1.

I placcaggi devastanti ed il formidabile tackle hanno fatto sì che Gibbs si aggiudicasse il “man of the series’ award”. Il modo in cui si è scontrato in corsa con il pilone sudafricano Os Du Randt è in seguito diventato una parte fondamentale della storia dei Leoni.

 

Ma Gibbs è diventato famoso principalmente per un altro fatto. Ogni fan gallese, infatti, si gusta ancora il ricordo della sua meta fondamentale, quella marcata all’ultimo minuto, che ha dato la possibilità al piede di Neil Jenkins di uscire vincitori da Wembley, contro l’Inghilterra in cerca di un altro Grande Slam.

Prima di quella partita, i bianchi avevano spazzato via ogni avversario, e anche quel giorno essi stavano facendo un buon lavoro; ma i calci di Jenkins erano riusciti a tenere il Galles attaccato al risultato. Con l’avvicinarsi dello scadere, dopo una serie di passaggi, Gibbs è stato lanciato sulla lineout, e il giocatore dello Swansea ha marcato una splendida meta. La trasformazione del numero 10 ha poi regalato una storica vittoria ai dragoni per 32 a 31.

Per Gibbs, e per la sua nazionale, quello è stato davvero un periodo d’oro. Con Graham Henry come allenatore, la squadra ha registrati dieci vittorie, tra cui una rara in Francia.

 

Di quel team, Gibbs è stato l’anima, giocando magistralmente sia in difesa, come grande placcatore, sia in attacco, dov’è stato spesso usato come ariete.

Al contrario della prima parte della sua carriera, in quel periodo Gibbs è stato in grado di godere di una fornitura costante di palloni giocabili, grazie al fatto di essere supportato da gente di vera classe quali Scott Quinnell e Robert Howley.

 

Così è arrivata naturale la chiamata per la Coppa del Mondo del 1999, ospitata proprio dal Galles. Scott ha contribuito a condurre la sua squadra sino ai quarti di finale, dove purtroppo è stata sopraffatta dai futuri campioni dell’Australia, per 24 a 9.

 

Nel 2001, dopo aver ottenuto il suo 50° caps durante il pareggio con la Scozia a Murrayfield, Scott Gibbs, ha disputato la sua ultima partita per il Galles l’8 aprile a Roma, contro l’Italia, vincendo 33 a 23.

 

Nonostante il ritiro dal circuito internazionale, quello stesso anno egli è stato chiamato per la terza volta dai Lions per il tour in Australia. Anche se come sostituto, e anche se non ha giocato alcuna gara, è stata comunque una grande soddisfazione.

 

Nel 2003 è nata la squadra regionale degli Ospreys, che comprende, tra le altre, le zone di Neath e di Swansea. Gibbs vi ha giocato in quella prima stagione, per poi appendere definitivamente le scarpe al chiodo nel 2004.

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