Wayne Shelford

L’uomo in nero

"La Haka è una composizione suonata con molti strumenti. Mani, piedi, gambe, corpo, voce, lingua, occhi… tutti giocano la loro parte nel portare insieme a compimento la sfida, il benvenuto, l’esultanza, o il disprezzo contenute nelle parole. È disciplinata, eppure emozionale. Più di ogni altro aspetto della cultura Maori, questa complessa danza è l’espressione della passione, del vigore e dell’identità della razza. È, al suo meglio, un messaggio dell’anima espresso attraverso le parole e gli atteggiamenti.”.

(Alan Armstrong: Maori Games and Haka)

 

Quando è diventato capitano della nazionale neozelandese, Wayne Shelford ha portato i suoi compagni di squadra presso il Te Aute College, una scuola Maori, ad osservare gli studenti eseguire un’Haka tradizionale. Anche se fino a quel momento gli All Blacks si erano sempre esibiti con l’Haka all’inizio di ogni gara, Shelford ha voluto insegnare loro il modo corretto di eseguire la famosa "Ka Mate", la danza usata ancora oggi dagli All Blacks, della quale hanno goduto anche i tifosi accorsi a San Siro il 14 novembre scorso.

 

Oltre all’Haka, c’è un’altra immagine che ha reso Shelford famoso in tutto il mondo, ed è quella di un atleta con il numero 8 sulle spalle, inzuppato di sangue e sudore, dopo la vittoriosa serie contro l’Australia della Bledisloe Cup 1988, un ritratto diventato il simbolo del dominio All Blacks nella seconda parte di quel decennio.

 

Wayne Thomas “Buck” Shelford è nato a Rotorua, il 13 dicembre 1957. La sua era una famiglia di rugbisti. I fratelli Dean e Darral hanno giocato, rispettivamente, per i Combined Services e Bay of Plenty. Uno zio, Gordon McLennan, ha giocato a Otago ed ha disputato alcuni trials per gli All Blacks, mentre un altro, Jack McLennan, è stato un atleta anch’egli di Otago. Infine, il flanker della nazionale Frank Shelford, era un suo cugino di secondo grado.

 

Wayne è stato educato alla Western Heights High School, nella sua città natale, dove nella stagione 1973/74 ha giocato nel suo primo XV.

Dopo quell’esperienza, Buck è passato a giocare per le Bay of Plenty Secondary School e, più tardi, nel 1982, ha rappresentato la provincia di Auckland.

 

Ingaggiato dal North Shore Club, è stato trasferito automaticamente al North Harbour, quando, nel 1985, è stata costituita la nuova Unione di North Shore. È stato quello l’anno in cui Wayne è diventato prima scelta degli All Blacks, ricevendo la convocazione per il tour in Sudafrica. Nella nazione arcobaleno, a causa della posizione dominante di Murray Mexted al numero 8, Buck non ha mai toccato l’erba dei campi di gioco, ma quando il tour è proseguito verso l’Argentina, ha disputato quattro partite non ufficiali.

 

Shelford, in seguito, ha subito una squalifica per avere aderito al non autorizzato tour dei Cavaliers in Sudafrica nel 1986. Una volta riammesso, gli All Blacks lo hanno scelto per il secondo test contro l’Australia, al quale però, è stato costretto a rinunciare causa infortunio.

Per colpa di questi contrattempi, il rugger di Rotorua ha dovuto attendere un tempo abbastanza lungo per il suo debutto in nazionale, il quale è finalmente arrivato contro la Francia, l’8 novembre 1986, all’età di 28 anni, una partita disputata a Tolosa e vinta dai neri 19 a 7. In quell’occasione Buck ha segnato anche una meta.

 

Considerato il miglior numero 8 in circolazione, a quel punto Wayne Shelford è diventato la scelta automatica per la Coppa del Mondo casalinga del 1987, nella quale ha giocato in cinque delle sei partite e marcato una meta contro il Galles.

 

Quindi, giusto un mese dopo avere sconfitto la Francia in finale e sollevato la coppa al cielo, era in campo nella prova di Sydney, dove gli All Blacks hanno riconquistato la Bledisloe Cup, rifilando un netto 30 a 16 ai Wallabies.

La sua reputazione come uno dei più duri uomini nel mondo di rugby, ha fatto sì che, a quel punto, si guadagnasse l’onore d’indossare la fascia di capitano della sua nazionale, sostituendo David Kirk per il tour in Giappone nel mese di ottobre e novembre, dove ha giocato in ciascuna delle cinque gare.

 

Shelford è stato skipper di una squadra capace di rimanere imbattuta dal 1987 al 1990, un record perfetto, macchiato solo dal pareggio, 19 a 19, contro l’Australia nel 1988. A cadere sotto i duri colpi degli All Blacks, una dopo l’altra, sono state la squadra gallese e quella australiana nel 1988, poi, nel 1989, l’Argentina e la Francia e ancora il Galles, per finire con l’Irlanda a Dublino alla fine della stessa stagione.

 

Quattro anni di sangue e di ferite, oltre, naturalmente, alla vittoria nella Coppa del Mondo, non sono però servite quando, nel 1990, la sua carriera internazionale è finita in circostanze alquanto ignominiose. Dopo avere praticamente vinto tutte le gare in cui era stato capitano, tranne il pareggio di Brisbane contro l’Australia, quell’estate Buck è stato licenziato in tronco dal coach Alex Wyllie, a seguito di una difficile, ma vittoriosa, serie, con la Scozia.

L’ultima sua partita è stato il sofferto 21 a 18, appunto contro gli Highlanders.

 

I motivi precisi di tale esclusione rimangono un mistero, ma molte persone pensano sia stata una mossa orchestrata dal potente contingente di Auckland, per affermare meglio la loro posizione dominante nel progetto di quella squadra.

Le critiche si sono intensificate nella seguente serie contro l’Australia, quando gli All Blacks sono stati battuti nella terza prova. “Bring Back Buck” era lo slogan con cui i mass media del paese dei kiwi intendevano sensibilizzare l’opinione pubblica contro i selezionatori della nazionale.

Sono stati in molti che, col senno di poi, si sono chiesti se il licenziamento di questo grande condottiero ha contribuito alla deludente performance che i neri hanno sciorinato durante la Coppa del Mondo 1991.

 

Nonostante il clamore suscitato però, Wyllie è stato di parola e Buck non ha ricevuto la convocazione per la tournée in Francia alla fine del 1990.

 

L’anno seguente gli è stata regalata una magra consolazione, quando è stato eletto capitano di una Nuova Zelanda XV che ha disputato un tour in Romania e Unione Sovietica, e della squadra B che ha giocato in Australia.

A quel punto però, la carriera di Shelford era finita, così si è definitivamente ritirato dal rugby giocato al termine della stagione 1991.

 

È stato quindi vice-allenatore a North Harbour nel 1997 e verso la fine dell’anno, è stato nominato Head Coach per la stagione successiva.

Nel 2002/03 ha allenato i Saracens, e attualmente siede sulla panchina della sua ex squadra, il North Shore di Devonport.

 

Il 23 giugno 2007, Shelford ha rivelato di essere in cura per una forma di tumore noto come linfoma. Chiedendo rispetto verso la sua vita privata, ha dichiarato che non avrebbe più parlato della malattia in pubblico.

 

La parola Maori ‘”Mana” potrebbe essere stato coniato proprio per Shelford. Numero 8 competitivo e saggio, egli ha dato l’esempio guidando i suoi avanti verso la linea di meta, sia in mischia chiusa sia nelle rucks, ma anche in fase difensiva, rimanendo sempre in piedi contro gli attacchi avversari. Buck è stato il tipo di giocatore che ha fatto innamorare i fans della Nuova Zelanda: duro, senza compromessi e in possesso di un desiderio insaziabile di vedere la propria squadra vittoriosa. Non vi è alcun dubbio, insomma, che Wayne Shelford è stato uno dei più grandi avanti che abbia indossato la maglia degli All Blacks.

 

 

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