Il mondo (ovale) a metà

La divisione è netta. E’ un confronto trasversale tra nord e sud ma quanto può essere utile allo sport?

Ogni anno, quando è tempo di Test Match, ritorna in auge la diatriba sulla presunta superiorità
ovale dell’emisfero sud. All Blacks, Wallabies e Springbock, durante i
mesi di Giugno e Novembre si scontrano con le realtà provenienti da
sopra l’equatore, ultimamente concedendo poca gloria agli europei.

Già dal 1905, quando gli Originals (i precursori degli All Blacks)
visitarono i Regno Unito uscendone imbattuti, gli scontri tra gli ex
coloni e la corona britannica avevano assunto un carattere che
trascendeva il mero senso sportivo della vicenda: era ed è ancora una questione storico-sociale.
Inculcare nella testa del colono britannico la consapevolezza della
fine dell’Impero Vittoriano. L’indipendenza dagli odiati oppressori.

Non è altro che un desiderio ancestrale traslato sul campo da rugby,
il cui senso nel 2009 potrebbe facilmente sfuggire ai non anglosassoni.

Nonostante ciò da anni assistiamo impotenti al massacro delle
formazioni del nord da parte di quelle del sud. Così è sempre stato
anche in occasione delle varie edizioni della Coppa del Mondo, ma
l’anno del vero tracollo, quello psicologico, è stato il 2005. Chi fu
il “Generale Custer” della situazione? Sir Clive Woodward, un
allenatore che probabilmente spinto dalla smania di successo ha armato, fra giocatori e staff, un intero esercito per andare alla conquista della Nuova Zelanda.

Era il tour dei Lions. Il gotha del rugby europeo era pronto a
muovere guerra agli All Blacks ma quello che rimediarono non fu altro
che un serie di tre sonore sconfitte, intervallate da quella con i New
Zealand Maori.

L’umiliazione subita da quella che sembrava, almeno sulla carta, una
squadra imbattibile (i Lions sembrano sempre imbattibili) ha cancellato
ogni ostacolo emotivo: il mondo si era diviso in due ovali differenti,
quello del nord, potente e tattico, e quello del sud, veloce e
iper-tecnico.

Chi gioca meglio? Quale spettacolo vale il biglietto? Sembra una parafrasi dello scisma tra Union e League.

La situazione odierna è più o meno la stessa: il gioco sta attraversando una crisi d’identità. Un anno di regole sperimentali (le ELVs) ha messo in luce tutte le sue vulnerabilità.

Negare il maul come strumento offensivo ha fatto alzare diverse
sopracciglia. Legittimarne il crollo aveva rappresentato un atto folle,
comparabile nel mondo reale solo alla depenalizzazione dell’omicidio
colposo.

Fortunatamente l’International Rugby Board, organismo regolatore del
Rugby a XV, è tornato sui suoi passi, ringraziando gli scienziati di
Stellenbosch per lo sforzo profuso nel creare queste “nuove regole”,
dirottando il gioco da vicolo cieco in cui si era inoltrato.

Le federazioni del sud, in particolare quella Australiana,
vorrebbero sperimentare ancora per rendere il rugby uno spettacolo
ancora più televisivo di quanto già non sia. La Nuova Zelanda sembra
abbastanza d’accordo con i cugini al di là del Mare di Tasman ma un
ruolo chiave potrebbe essere giocato dai dirigenti sudafricani: il
Sudafrica potrebbe lasciare il SANZAR, organo
sportivo/politico del rugby sudista, determinandone lo scioglimento. Se
ciò dovesse veramente accadere è probabile che australiani e
neozelandesi dovranno rivedere nettamente le proprie strategie per il
futuro dei rispettivi movimenti.

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