Dal Gazzettino (10.11.2008)

Un “test” match anche per la città di Padova – IL DOPO PARTITA -AL TUNNEL DI VIGONZA – Colpo a Canavosio, chiamato Travagli -ALL’ESTERO – Padova capitale d’autunno del rugby italiano – Le certezze di Marcato e i dubbi degli avanti – Dondi promuove l’Euganeo: «Esame superato»

Un "test" match anche per la città di Padova

La partita Italia-Australia è stata un "test" match anche per la città di Padova. Un Veneto orfano della nazionale di rugby da troppi anni ha colto l’occasione per lanciare una candidatura importante: quella di "capitale" dei test match invernali. Padova in questo si presenta senza dubbio in prima linea. Di certo il pubblico ha superato l’esame. Solo qualche striscia di curva nord, penalizzata dalla visibilità del campo, è rimasta vuota e tutti i tifosi, nonostante il giusto richiamo di Andrea Marcato a un maggiore rispetto per la concentrazione dei calciatori anche avversari, hanno fatto la loro parte. I brividi durante l’inno nazionale sono un’esperienza comune, l’emozione al momento della meta di Mirco Bergamasco palpabile. Insomma un grande spettacolo sugli spalti. Un po’ meno fuori.

È passato già il ventesimo del primo tempo e il flusso di persone in tribuna non si è ancora fermato. Tanta, troppa gente imbottigliata prima nel traffico e poi all’ingresso dei cancelli, che si è persa così ampi stralci di una bellissima partita. A parte qualche altro superabile problema di adattamento a uno sport diverso dal calcio (il primo da affrontare quello del tabellone segnapunti) è l’accesso allo stadio il nodo da sciogliere per fare di Padova la "città dei test match".

Sia il vice sindaco Claudio Sinigaglia sia il direttore nuovi eventi di Rcs (organizzatrice per la Fir dell’incontro) Matteo Pastore hanno sottolineato che i problemi sono stati causati soprattutto da fattori di sistema e dalla scarsa abitudine ad affrontare partite da tutto esaurito. Anche il comandante dei vigili urbani di Padova Lucio Terrin sembra confermarlo: «I parcheggi dell’Euganeo possono ospitare 2.750 auto. Moltiplicato per quattro arriviamo a 10 mila auto. Purtroppo il parcheggio del Foro Boario, nonostante il servizio di navette gratuito, è rimasto quasi inutilizzato. Peraltro non ci sono stati incidenti né fatti particolari e devo fare un plauso ai miei ragazzi che si sono impegnati al massimo».

Quindi per evitare di perdersi quasi mezza partita bisogna imparare a modificare le proprie abitudini di spettatori: «Con un pubblico di 30 mila persone sono inevitabili le code continua Terrin Il pubblico in questi casi deve cercare di muoversi per tempo per arrivare allo stadio il prima possibile e armarsi di pazienza all’uscita. Un pizzico di comprensione serve perché 10 mila macchine non possono volatilizzarsi».

Una maggiore insistenza sulla possibilità di utilizzo del parcheggio del Foro Boario, soprattutto per il pubblico di fuori provincia, pare dunque la strada necessaria. Anche per Terrin comunque Padova resta candidata ad ospitare questi eventi: «Noi siamo sempre pronti, sempre in prima linea. Anche perchè quella cui abbiamo assistito è stata una bella festa, un’autentica scuola di sportività».La chiave dunque sembra essere l’abitudine: abitudine a eventi capaci di portare 30 mila persone all’Euganeo. Per Pasquale Presutti, direttore generale del Petrarca, l’adattamento deve arrivare da due parti: «Forse le precauzioni attuate per il calcio sono eccessive per il rugby – commenta – Non vedo il motivo di timori, quindi si potrebbe avere maggiore elasticità. Comunque personalmente non ho avuto alcun problema, utilizzando il parcheggio di corso Australia e i bus navetta, che sono stati rapidissimi a portarmi allo stadio. Speriamo che ci siano altre partite per mettere a frutto gli insegnamenti e migliorare il tutto. Non si può pretendere di uscire di casa alle due ed essere dentro allo stadio alle tre».Anche su questo l’opinione dunque è comune: Padova è pronta a ospitare regolarmente un test match. E se l’Italia di Mallett si è dimostrata certamente all’altezza degli Wallabies, così come il pubblico, anche l’organizzazione vuole imparare a esserlo.

Massimo Zilio

IL DOPO PARTITA

La freddezza dimostrata nel calciare quel drop al 26′ del primo tempo Andrea Marcato l’ha fatta vedere anche nel post partita. L’apertura azzurra, che di certo può essere soddisfatto del suo primo "esame" da numero dieci nonostante l’uscita anticipata per un piccolo guaio fisico, sembra infatti capace di controllare l’emozione: «Giocare a Padova non è stato l’aspetto primario. Certo, molte persone che conosco, tanti amici, erano qui. Ma la partita l’avrebbero di certo vista comunque, magari in televisione. Certo che essere in cinque padovani è stato significativo». Concentrato sulla sua partita, Marcato non poteva pensare alle emozioni. Dal suo punto di vista particolare comunque l’organizzazione pare promossa: «Venerdì quando abbiamo provato il campo ho pensato che avrei potuto avere dei problemi a prendere la mira nei calci, vista la distanza delle tribune dal campo. Invece non è stato così: i pali sono molto alti e non ci sono state grosse difficoltà». Insomma, nella preparazione del campo tutto è andato per il meglio.
Maggiore spazio all’atmosfera e alle condizioni ambientali lo ha invece concesso chi ormai con la maglia azzurra è abituato a giocare, ma che non aveva mai avuto l’occasione di farlo nella città che lo ha visto nascere e crescere. Come Marco Bortolami: «Il pubblico è stato incredibile, l’atmosfera bellissima. Noi in campo dovevamo dimostrare di essere all’altezza di queste partite e lo abbiamo fatto. Lo stesso è stato sugli spalti. Non vedo dunque perchè un evento del genere non debba tornare ogni anno a Padova».

Una meta all’Australia è sempre da ricordare, segnarla poi di fronte non solo ai propri tifosi, ma agli amici e alla propria famiglia, diventa speciale. Mirco Bergamasco è tornato a segnare in azzurro e lo ha fatto proprio all’Euganeo: «Quando segni non pensi a nulla, in realtà. Solo ai cinque punti della tua squadra. Ma prima abbiamo sentito un’emozione particolare. Giocare davanti alla famiglia ci ha fatto sentire un affetto un sostegno enorme che ha fatto crescere la voglia di tutta la squadra». A proposito di famiglia. Il primo ad abbracciare Mirco Bergamasco dopo la meta è stato il fratello Mauro, come sempre anima di questa nazionale, presente e spesso decisivo a tutto campo: «Ringrazio tutti per il sostegno e le emozioni che ci hanno regalato. Siamo partiti molto carichi proprio perchè eravamo molto carichi e avevamo voglia di metterci alla prova. Noi ci credevamo davvero e fino a dieci minuti dalla fine eravamo vicini a qualcosa di importante».

M.Zi.

 


Alla fine le società padovane erano presenti. C’erano nel villaggio fuori dallo stadio, all’interno dello stand gastronomico gestito dal Comune, c’erano sul campo prima e dopo la partita, con i ragazzi delle under 11 a giocare un mini torneo che ha ingannato l’attesa dei fortunati (o previdenti?) che sono arrivati prestissimo all’Euganeo, c’erano sugli spalti, in un depliant informativo sulla loro attività predisposto dal settore sport, c’erano nell’organizzazione, con molti volontari (riconoscibili dalle divise societarie) a disposizioni per le mille incombenze di un evento del genere.
«Venti dei nostri ragazzi dell’under 19 e della prima squadra sono rimasti a disposizione dell’organizzazione Rcs per svariati compiti. Ce l’hanno chiesto e noi siamo stati molto felici di renderci disponibili» spiega il presidente del Cus Padova Roberto Zanovello. Proprio dal Cus erano arrivate le maggiori sollecitazioni a un profondo coinvolgimento del movimento padovano, che non a caso ha dato a questa nazionale cinque giocatori fondamentali.«Siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi che ci eravamo posti continua Zanovello per noi questa è stata un’esperienza interessante, vissuta con palpitazione fin dalla vigilia. È stata una festa del rugby ed è servita per misurare le forze del movimento. Alla fine è stato fatto quello che era possibile, ma partendo prima a lavorare tutti assieme avremmo potuto fare meglio, come sempre».

Anche il presidente cussino è assolutamente convinto che l’appuntamento con i test match debba diventare una consuetudine per la città di Padova: «Sono convinto che Padova debba essere la sede di eventi del genere, per tradizione, per le strutture, per la posizione di centro del Nord Est. La partita è stata vista bene nel Veneto probabilmente è questo l’impianto che si presta meglio a ospitare il rugby. Non si sbaglia a organizzare questi eventi a Padova. Certo l’impegno è molto, ma si tratta sempre di una sfida. L’anno prossimo arriveranno gli All Blacks e questa città può e deve essere un punto fisso nella programmazione federale degli eventi».

Eventi che non vivono solo nel campo: «La partita è il culmine di giorni di festa che diventano tanti motivi di coinvolgimento. È stato bellissimo vedere i giocatori australiani entrare in campo per il riscaldamento e fermarsi a guardare i nostri bimbi giocare. Vedere poi a fine gara le due squadre fare il giro d’onore attorniate dai piccoli rugbisti. È stata la dimostrazione di cos’è il rugby. C’è piaciuto molto anche poter ospitare nei nostri impianti i giocatori dell’Australia, molto disponibili ad accogliere l’abbraccio di tanti ragazzi».La felicità arriva come detto dopo qualche "scambio di opinioni" anche movimentato, ma per Zanovello non fine a se stesso: «Le nostre considerazioni hanno avuto comunque il merito di smuovere le acque. Le società in queste settimane sono riuscite a farsi ascoltare e a conquistarsi spazi. Penso che anche l’organizzazione abbia capito l’importanza del movimento padovano».

Anche dalle parole del presidente Dondi sembra che in futuro, se la nazionale dovesse (come a questo punto sembra) tornare a Padova, tutte le società (Petrarca, Cus, Valsugana, Roccia Rubano, ma anche Piazzola, Monselice, Stanghella, Este e altre) avranno spazio e considerazione: «Credo che nelle polemiche ci sia stata anche qualche esagerazione. Non c’è mai stata l’intenzione di non considerare il movimento. Per Rcs questo è stato il primo test match organizzato e forse non tutto ha funzionato a dovere. All’inizio forse ci eravamo fidati un po’ troppo, ma anche loro ora hanno capito di dover coinvolgere al massimo il tessuto del movimento rugbistico. Chiedo scusa, non capiterà più».

 

M.Zi.

 

AL TUNNEL DI VIGONZA

Rugbisti azzurri di tre generazioni si sono ritrovati alla Trattoria Tunnel di Vigonza, assieme ad un folto numero di commensali ed appassionati, per una serata di "chiacchiere ovali" abbinata all’interesse enogastronomico per le proposte dello chef Marco legate alla tradizione di San Martino: menù a base d’oca, quindi, accompagnato dagli ottimi vini piemontesi della cantina Marchesi di Barolo.
I padovani Mario Piovan e Franco Baraldi hanno rievocato la storica sfida fra Italia e Australia all’Arena di Milano nel 1976, quando gli azzurri sfiorarono un clamoroso successo (15-16). Alla verve di Monfeli e dell’aquilano Camiscioni si devono gustosi retroscena dallo spogliatoio azzurro del tempo, animato dalla goliardia fra il nucleo veneto e quello abruzzese-laziale.

Con Walter Cristofoletto si è balzati agli anni 90 e all’ultima apparizione dell’Italia a Padova, nel 1996 proprio contro i Wallabies, mentre la Nazionale di Coste si incamminava verso l’ammissione al Sei Nazioni, grazie alle doti dei Dominguez e dei Troncon ma anche di tutti quei giocatori con meno talento ma con straordinario cuore come appunto "Cristo". Manuel Dallan, confermatosi anche in questa occasione idolo del pubblico femminile, ha ricordato l’esperienza della World Cup 2003 e analizzato, fra il serio e il faceto, il rapporto in campo con il fratello Denis.

Colpo a Canavosio, chiamato Travagli

Meno di ventiquattro ore dopo aver fatto tremare l’Australia all’Euganeo di Padova, la Nazionale guarda già alla partita di sabato all’Olimpico di Torino contro i Pumas argentini fermati sabato a Marsiglia dalla Francia sul 12-6. L’ultima mattinata padovana degli azzurri si è concentrata da subito sul recupero, con una sessione defatigante ad Abano Terme con il preparatore atletico Alex Marco, mentre il medico di squadra Marco Patacchini, dopo aver valutato i singoli casi, ha potuto emettere un bollettino medico confortante: «Dal punto di vista fisico – spiega l’ortopedico aostano – la gara contro i Wallabies è stata altamente impegnativa, ma al di là di una lunga serie di inevitabili contusioni, pi o meno dolorose, la situazione è sotto controllo. Masi e Marcato sono entrambi dolenti per dei traumi contusivi alla cresta iliaca, recuperabili in pochi giorni, e lo stesso vale per il trauma costale di Mauro Bergamasco e per un lieve problema alla mano per Pablo Canavosio. Contiamo di rimettere tutti loro a disposizione dello staff tecnico senza particolari difficoltà in vista della gara di sabato contro l’Argentina».

Nel primo pomeriggio gli azzurri hanno lasciato Padova e, in serata, hanno raggiunto il capoluogo sabaudo, dove hanno trovato ad accoglierli presso il Principi di Piemonte, sede del ritiro per la settimana torinese, il mediano di mischia dell’Overmach Cariparma Pietro Travagli, convocato in mattinata dal CT Mallett che ha così portato a 26 il numero di componenti della rosa.

ALL’ESTERO

Con l’Argentina la Francia torna alla vittoria. Springboks a fatica in Galles

Dopo sei sconfitte nelle ultime sette sfide dirette con i Pumas dal 2002 ad oggi, per i francesi sabato a Marsiglia era d’obbligo interrompere questo trend negativo. E la vittoria è arrivata, seppure striminzita 12-6 (pt 9-6), dopo una gara confusa, farcita di errori e di troppi falli e dove l’abuso del gioco al piede ha frustrato il normale uso di ruck e maul.
Ma per i transalpini, che schieravano ben otto tolosani, era imperativo vincere e sono bastati tre calci di Skrèla (tra cui un drop) e uno di Baby per ottenere il successo contro questa Argentina che solamente nel secondo tempo ha messo il naso fuori dalla propria metà campo. Nei Bleus positivo esordio dell’estremo Maxime Médard e conferme per il terza centro Picamoles ed il pilone Barcella. Negli ospiti Hernandez e Contepomi i migliori, nonché solido esordio del pilone rodigino Juan Pablo Orlandi.

La nuova Inghilterra di Martin Johnson non ha avuto difficoltà a sbarazzarsi dei Pacific Islanders apparsi molto vulnerabili tra gli avanti. E’ finita quindi 39-13 (pt 20-10) con due mete di Sackey ed una a testa per Cipriani (in tutto 19 punti per lui), per l’esordiente seconda linea Nick Kennedy e per Mears. Decisamente promettenti gli esordi dell’estremo Delon Armitage, del centro maori Riki Flutey e dell’ala Ugo Monye per un Xv della Rosa che adesso è atteso a Twickenham dalle tre potenze australi.

Al Millennium di Cardiff la rimonta gallese è riuscita solo parzialmente, lasciando agli Springboks la vittoria finale 20-15 (pt 13-3). Sotto 3-20 al quarto d’ora della ripresa, in virtù delle mete ospiti di Jacobs e de Villiers, i Dragons con un eccellente lavoro delle terze linee Powell, Martyn Williams e capitan Ryan Jones hanno frustrato le ulteriori velleità dei Boks permettendo al cecchino Hook di incamerare quattro importanti piazzati. Ma un’attenta difesa sudafricana, che ha visto capitan Smit schierato a pilone, ha resistito ai veementi e disperati attacchi gallesi sebbene Jaque Fourie nel finale sia stato spedito dieci minuti nella panchina dei puniti. Ottimo l’esordio per la diciannovenne ala gallese Leigh Halfpenny confermatosi inoltre promettente calciatore. Per i campioni del mondo continuano a permanere dubbi reali sul game plan adottato dal tecnico Peter de Villiers mentre i beffati padroni di casa non hanno nascosto il crescente disappunto per l’occasione mancata, sconfitta che ha portato Warren Gatland a dichiarare: Le grandi squadre non falliscono in queste situazioni.

Vittoria agevole per la Nuova Zelanda che a Murrayfield ha disposto della Scozia 32-6 (pt 18-6). Gli All Blacks hanno schierato al fischio d’inizio un Xv zeppo di sostituti che però si è subito dimostrato nettamente superiore per velocità d’esecuzione e fisicità. Le mete di Tuitavake, Weepu, Kahui e Boric hanno scavato un solco incolmabile nello score ma l’ostinata difesa scozzese è riuscita a contenere le folate offensive ospiti limitando i danni.

A Limerick tra Irlanda e Canada (Carlo Damasco guardalinee) non c’è stata partita. Otto mete degli uomini del nuovo corso del tecnico Declan Kidney hanno massacrato i rassegnati Canucks che già sabato avevano faticato a vincere in Portogallo (21-13). Per la cronaca l’Irlanda ha vinto 55-0 (pt 33-0) con doppiette per Kearney e Bowe e singole mete di Earls, Heaslip, David Wallace e Quinlan.

Altri risultati: Stati Uniti-Uruguay 43-9. Coppa Europa Fira: Russia-Spagna 42-15 (due mete Matveev e 17 punti di Kushnarev per i russi).

Giampaolo Tassinari

 

Padova capitale d’autunno del rugby italiano

Ma solo se risolve i gravi problemi organizzativi

 

Padova capitale d’autunno del rugby italiano, ma solo se risolve i gravi problemi organizzativi (in particolare di traffico, ma anche gli inni silenziosi, l’orologio segnatempo mancate, ecc.) visti sabato scorso. Questa è la sentenza di Italia-Australia 20-30, primo dei tre Cariparma test match di novembre, giocato davanti ai 30mila spettatori dell’Euganeo tutto esaurito. Dentro il campo il 20-30 con cui gli azzurri sono stati piegati dai Wallabies è stato vissuto come un’esaltante occasione perduta. Esaltante perchè essere 20-20 a 4′ dal termine contro la 3. forza del ranking mondiale è un grande attestato di merito per la Nazionale italiana. Vuol dire che gioca alla pari con le migliori. Finora è successo 7 volte su 8 da quando c’è Nick Mallett in panchina (6 per chi vuole escludere anche lo 0-26 in Sudafrica). Vuol dire che è ad un passo dal centrare vittorie di prestigio e quando le circostanze lo permettono (Scozia, Argentina) lo fa. Occasione perduta perchè non è capitato spesso in 12 scontri diretti di avere l’Australia alla portata (4 volte finora). Non avere sfruttato l’occasione, e accontentarsi della solita onorevole sconfitta, può condizionare il resto dei test autunnali. Ora è quasi d’obbligo battere Argentina (sabato a Torino) e Pacific Islanders (il 22 a Reggio Emilia). Risultati per nulla scontati, visto quanto fatto dalle rivali contro Francia e Inghilterra.

Fuori dal campo i 30mila sugli spalti (750mila euro l’incasso stimato dalla Federazione) hanno dimostrato come Padova (dopo 12 anni) e il Veneto (dopo 7 anni) meritano davvero di tornare a vedere una volta l’anno la Nazionale. Nei test d’autunno contro le stelle del Sud (nel 2009 arrivano Sudafrica e Nuova Zelanda). La risposta del pubblico è stata unica. Mai la Nazionale in Italia ha fatto un tutto esaurito del genere con spettatori paganti e quasi solo italiani (al Flaminio 5-10mila sono stranieri). Il calore con cui la gente si è stretta intorno agli azzurri in settimana e li ha sostenuti dagli spalti pure. Per non parlare della competenza e della passione, visto che il Nordest è l’area più rugbistica d’Italia. Emblematico fra i tanti striscioni simpatici ("Ghea femo, young caimans", "Zio canguro"), o di testimonianza ("Mini rugby Belluno presente"), quello dove c’era scritto "Finalmente a casa!". In tre parole diceva tutto.

Però nell’ingorgo di auto creatosi in tangenziale prima (e dopo) la partita, c’erano anche tifosi imbufaliti e imprecanti: «È giusto che la Nazionale giochi a Roma e non in Veneto se capita questo!». È il legittimo sfogo di chi aspetta tanto un evento e poi si sente tradito dai disagi organizzativi da patire per assistervi. Disagi di cui è rimasta vittima la Nazionale stessa (pullman senza scorta bloccato nel traffico, Checchinato che corre a piedi dai vigili urbani per fagli strada). O che hanno costretto certi tifosi a perdere il primo tempo, o una buona fetta di partita.

L’Euganeo è uno stadio che si può raggiungere solo in auto. Tutti lo sanno, da quando è stato costruito. Comune e organizzatori devono predisporre un piano del traffico adatto a non creare gli ingorghi d’auto. Potenziando anche i parcheggi satellite da cui utilizzare il bus navetta (c’erano per chi veniva da sud, non da nord) ed educando la gente a non voler arrivare tutta con la propria vettura mezz’ora prima. Se a Twickenham e allo Stade de France ci riescono con 80mila persone, possibile che a Padova non si riesca con 30mila? Se la risposta è no, allora il Veneto non è degno di diventare capitale d’autunno dei test azzurri. Ma crediamo che il calore del pubblico dica esattamente il contrario.

Ivan Malfatto

 

Le certezze di Marcato e i dubbi degli avanti

Una pagina di storia. Fuori e dentro l’Euganeo. Le interminabili  colonne d’auto in tangenziale e in autostrada, la processione di tifosi con le famiglie al seguito che a piedi marciavano alla conquista del tempio del calcio, resteranno a lungo nella memoria. Sulle tribune gremite la stessa roboante tensione, come avrebbe detto Carwyn James, che faceva fremere il vecchio Arms Park di Cardiff nei pomeriggi delle grandi sfide, e che 31 anni fa percorse, sempre a Padova, gli spalti dell’Appiani per la prima volta degli All Blacks in Italia.

Purtroppo l’evento non si è compiuto anche sul campo. L’avvio è stato pieno di brutti presagi. La prima mischia, termometro della partita, è stata uno choc. Il reparto che avrebbe dovuto essere il punto di forza azzurro ha preso un’inattesa serie di rovesci. La prima linea dei canguri stava alta fino all’ultimo e quando si abbassava andava dritta all’impatto senza attendere il comando d’ingaggio. Nieto e Perugini anticipati sistematicamente, venivano privati dell’angolo di spinta e costretti a retrocedere. Anche la touche era piena di spifferi. Gli australiani scippavano e sporcavano i lanci con tre blocchi di salto. Dettagli? Che si sappia, nessuna squadra destabilizzata nella conquista e neutralizzata nei punti forti può pensare ragionevolmente di imporsi. A meno che la partita non la perda la squadra che ha il possesso e la qualità. E i Canguri sembravano effettivamente irriconoscibili rispetto a quelli ammirati appena una settimana prima contro la Nuova Zelanda. Anche perché l’Italia di fronte allo sgretolarsi delle sue certezze nella conquista, trovava altre risorse. Il carattere prima di tutto. E una linea di difesa puntuale e compatta: salita piatta, a velocità controllata per dare modo alle terze linee, da mischia chiusa, di arrivare in sostegno.È vero che certi placcaggi alti sono risultati poco efficaci: gli azzurri venivano quasi respinti come mosche fastidiose da avversari fisicamente più attrezzati. Forse sarebbe stato preferibile andare sempre alle gambe per metterli subito a terra, affidando al compagno vicino il tentativo di recuperare la palla. Ma la pressione è stata comunque tanta. E poi l’Italia ha beneficiato del ritorno di un’apertura di ruolo. Marcato, pur non immune da imprecisioni sia nei calci in touche che in profondità, ha ricordato quanto sia indispensabile usare la testa e i piedi per avvicinarsi alla meta e mettere un minimo di incertezza alla difesa, senza contare il passaggio splendido nella meta di Mirco Bergamasco.

Nella ripresa la prima linea ha finalmente aguzzato l’ingegno. Realizzato che l’arbitro neozelandese lo consentiva, ha anticipato a sua volta l’entrata in mischia. E a quel punto per gli australiani sono stati dolori. A una manciata di minuti dalla fine, il match era in parità. Nessuna delle due squadre sembrava riuscire a impadronirsene, l’esito affidato al fato. Ma l’Australia ha fatto pesare in extremis la sua fredda esperienza. È uscita dalla letargia con una delle sue famose sequenze lunghe aggiungendovi una furbata di Mortlock che ha aperto con un’ostruzione il varco per Cooper: il ragazzo è passato nell’area dei 22 come Thoeni tra le porte di Madonna di Campiglio. Uno sberleffo eccessivo. Ma quando vince una squadra che domina la conquista il risultato è quasi sempre legittimato. L’Italia più che recriminare dovrà farne tesoro, a cominciare dalla touche. Contro i Pumas la sfida si deciderà come sempre davanti. E sarà ancora più dura.

«Diventerà una piazza molto frequentata», dice il presidente federale.  Ma pochi hanno usato i parcheggi periferici

Dondi promuove l’Euganeo: «Esame superato»

Padova
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L’esame viene considerato superato. Se Padova vuole candidarsi a capitale del rugby d’inverno, la partita di sabato Italia-Australia conferma e rilancia questa candidatura.La conferma è autorevole e arriva direttamente dal presidente della Fir Giancarlo Dondi: «Da quello che abbiamo visto direi che Padova diventerà una piazza molto più frequentata. L’esame è stato superato». Una cornice di pubblico adeguata a quella che, quasi sul filo di lana, è rimasta un’impresa soltanto sfiorata: «La partita è stata bellissima e combattuta, un plauso va al pubblico che ha sostenuto la squadra dall’inizio alla fine, anche nei momenti di difficoltà. Una grande giornata di sport in cui Padova a fatto la sua parte». Dando quindi credito alla voglia di rugby internazionale della città: «Già due anni fa, quando il vice sindaco Sinigaglia mi ha chiesto questa partita, ho detto che Padova meritava un grosso incontro. Noi abbiamo assegnato quello più importante dei tre e Padova ha passato in modo ottimale la prova».

Anche Dondi comunque, nonostante il commento positivo se non entusiasta, ha presente i problemi di traffico che hanno complicato la giornata dei tifosi: «Il deflusso dallo stadio è stato in effetti è stato problematico (forse l’afflusso addirittura di più, ndr). Credo però che sia la prima volta che all’Euganeo è arrivata tanta gente. In futuro c’è da organizzare meglio il sistema di parcheggi scambiatori lontano dallo stadio. Comunque sono difficoltà cui si può rimediare».Dondi ha una parola anche sulle rimostranze che società di Padova avevano fatto alla vigilia, quando si erano sentite messe da parte: «Non c’è mai stata l’intenzione di non coinvolgere il movimento. L’organizzazione di Rcs, alla prima organizzazione di un test match, forse aveva tenuto un po’ in disparte il movimento, ma questo non capiterà più».Anche il comandante dei vigili urbani di Padova spiega quello che è successo attorno allo stadio prima e dopo il calcio d’inizio: «I parcheggi dell’Euganeo hanno una capienza di 2750 auto. Questo significa che possono servire a 10 mila spettatori. Purtroppo i parcheggi del Foro Boario in corso Australia, nonostante le navette, sono rimasti in gran parte inutilizzati. Le persone devono prendere l’abitudine a parcheggiare anche lontano ed ad usare i mezzi pubblici, oltre che a muoversi per tempo: il torneo nel pre partita serviva anche a motivare la gente ad arrivare prima. I miei ragazzi comunque si sono impegnati al massimo e hanno lavorato benissimo per ridurre gli inconvenienti inevitabili. Siamo comunque pronti a metterci a disposizione per un’altra festa come questa».

Massimo Zilio

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