Dal Gazzettino (21.01.2008)

Red Panthers travolgenti nel derby – Crollo del maul effetto boomerang – Il citì a ruota libera – Colpo a Bortolami Domani lista dei 24 – LE SCELTE DI GIOCO DEL COMMISSARIO TECNICO –

Red Panthers travolgenti nel derby

SERIE A – DONNE

Risultati: Sitam Riviera del Brenta-Red Panthers Benetton 0-37, Red&Blu Roma-Monza 8-10, l’Orso Biella-Le Lupe Piacenza 0-27, Grazia Deledda Cagliari-CDS Pesaro 0-7.

Classifica: Benetton 55, Monza 37, Sitam, Red&Blu 35, CDS 27, Le Lupe 12, L’Orso 9, Grazia Deledda 7.

SERIE C
Girone d’Elite

Risultati: Casale-Oderzo 36-17, Vicenza-Belluno 10-13,
Montebelluna-Alpago 16-15, Conegliano-Villadose 17-29,
Lemene-Monselice 20-22, Montereale-Jesolo 7-31.

Classifica: Casale 47, Belluno 42, Monselice 40, Montebelluna, Villadose 32, Lemene 28, Oderzo 25, Jesolo 23, Conegliano 19, Alpago 18, Vicenza 7, Montereale 4.

 

Girone Civ:

Risultati: Pordenone-Trento 89-5, Pedemontana Livenza-West Verona 41-0, Cus Verona-The Monsters 0-13, Valeggio-Frassinelle 0-39, Valdagno-SudTirolo 5-10, Valsugana-Valpolicella 8-5, riposava Lido
Classifica: Venezia. Lido Venezia, Pordenone 55, Pedemontana Livenza, The Monsters 45, Frassinelle 32, Valdagno, West Verona 26, Valsugana 22, Cus Verona 17, Valpolicella 12, SudTirolo 7, Trento 2, Valeggio 0.

UNDER 19
Girone 1

 

Risultati: Cammi Calvisano-Benetton Treviso 14-0, Tarvisium-Montepaschi Viadana 3-5, ViBu Noceto-Easy Living L’Aquila 21-7, Laif Benevento-Carrera Padova 0-27, AlmavivA Capitolina – Barilla Parma 31-12.

Classifica: Benetton 49, AlmavivA 43, Cammi 37, Tarvisium 36, Carrera 32, Laif 22, ViBu 21, Easy Living 19, Montepaschi 17, Barilla 14.

Girone 2:

Risultati: Casale-Banco Brescia 12-12, Rolly Gran Parma-Mirano 41-22, Grande Milano-Cus Genova 8-7, Femi CZ Rovigo – MarchiolSanMarco 33-3, Orved San Donà – Donelli Modena 34-3.

Classifica: Rolly 51, Orved 49, Donelli 41, Femi Cz 35, Cus Genova 29, Grande Milano 27, Mirano 23, MarchiolSanMarco 19, Banco Brescia 11, Casale 3.

Ennio Grosso

 

Crollo del maul effetto boomerang (di A. Liviero)

Oggi il maul è un mezzo offensivo che può fare la differenza. Ma negli
ultimi cinque metri non vale una meta sicura. Per segnare servono una
spinta assiale perfetta, organizzazione, solidarietà, tempismo. E
delle varianti tattiche. In allenamento gli va dedicato parecchio
tempo in rapporto agli altri settori. Va studiato il piazzamento con e
senza pallone. Non è un’azione acefala. Al contrario. Si applicano al
maul i principi generali di un lancio di gioco: va valutato il
piazzamento della difesa per scegliere il punto di penetrazione, si
mettono delle esche, si prova a sorprendere gli avversari con una
mossa inattesa. Si oppone il punto forte a quello debole. Fatto bene,
è un’arte.
Certo al profano può sembrare ostico e duro come un Barolo accostato a
un branzino. Ma appena il palato si affina cominciano a farsi
apprezzare dettagli insospettati, come il sostegno anticipato del
primo blocco di touche sul saltatore. La progressione lenta e
inesorabile prende il sapore di una grappa sorseggiata accanto al
fuoco del caminetto. E si sente palpitare il cuore quando, dopo un
disassamento, la palla risale di mano in mano per permettere al
giocatore liberato dalla rotazione collettiva di finire in meta. Che
rabbia se il carro va troppo svelto e si sfalda. O se un giocatore
perde la calma e si isola. E che sorpresa quando una deviazione in
fondo all’allineamento di touche chiama una penetrazione secca lungo
una pista obliqua a cercare i sostegni e a preparare una "gira" nello
stesso senso.

Bisogna essere bravi per fermare un maul ben strutturato. "Su una
touche la difesa ha un secondo di tempo per intervenire. Poi è esposta
al fallo" dice Laurent Seigne. Chi ha la palla va messo a terra prima
che vada a contatto con gli avversari e i sostegni lo blindino ai
fianchi.

Un grande di Francia come Jean Michel Aguirre, da tempo schierato tra
coloro che non si scandalizzerebbero di fronte alla fine della
penaltouche minacciata dalle regole allo studio dell’Irb, osserva con
onestà: se si autorizza il crollo del maul e i giocatori vanno a terra
ce ne saranno di meno al largo tra gli gli attaccanti. Al contrario
dei difensori.

Insomma, premesso che c’è di mezzo un problema serio di incolumità dei
giocatori che formano il raggruppamento penetrante, lo stesso che a
suo tempo ha portato al divieto di far crollare il maul, bisognerà
stare bene attenti, se l’obiettivo del legislatore è di aumentare la
circolazione della palla, a non varare un regola boomerang. Che per
far evaporare una fase simbolo del combattimento collettivo finisca
per trasferire ancora di più la pressione sulla larghezza del terreno
dove già l’intasamento è a livelli di tangenziale di Mestre.

Il rischio è che si scambino i raggruppamenti penetranti per una delle
cause della crisi del gioco aperto, mentre ne sono semplicemente
l’effetto: è proprio perché la linea del vantaggio è diventata
impenetrabile individualmente che la si attacca in gruppo. Il maul
semmai ha in nuce le potenzialità di uno stimolatore del gioco al
largo come abbiamo suggerito nel "trittico" dedicato al tema in
questione su queste colonne. Rilanciando le grandi fasi di
combattimento collettivo si possono liberare i grandi spazi per il
gioco e il ritorno di attaccanti agili e creativi, fisicamente più
leggeri. Restituendo così il rugby a quella dimensione di sport
democratico per tutte le taglie fisiche che fino a ieri era una delle
sue peculiarità. Di queste fasi raggruppate la mischia dinamica palla
in mano è tra le più propedeutiche al gioco alla mano. L’alternativa è
l’accentuazione della deriva tredicista con il progressivo
ridimensionamento di mischie, touche e gioco al piede. Poi non resterà
che ridurre gli uomini in campo. È una strada già sperimentata. Nel
Rugby League.

 

 Il citì a ruota libera su torneo, progetti, giocatori e club. Elogio della mischia: «Con Cittadini e Staibano l’Australia non perdeva dagli inglesi»

 

«Italia, copia il cuore dei Pumas al Mondiale»

Mallett: «Il Sei Nazioni per gli altri è solo un altro week-end, per noi la sfida della vita. Servono due selezioni per crescere»

«I risultati in Coppa del Mondo sono uno specchio del valore
internazionale dell’Italia più realistico dei risultati dell’ultimo
Sei Nazioni. Non capisco, quindi, il motivo di tanta delusione».
Nick Mallett non è uno che le manda a dire. Cultura, conoscenze
rugbistiche, passato e modo in cui ha allenato Springboks, Stade
Francais, Boland e Western Province parlano per lui. Con questo
approccio schietto e appassionato ha deciso di affrontare la nuova
esperienza di allenatore dell’Italia. Lo ha dimostrato meeting pre-Sei
Nazioni con i giornalisti veneti, tradizione iniziata ai tempi di John
Kirwan citì, tenuto in settimana. Dove Claudio Da Ponte, anima della
rivista "Rugbyclub", l’ha paragonato entusiasticamente a Julio Velasco
per competenza, brillantezza e capacità di coinvolgimento. Da sabato 2 febbraio, debutto nel Sei Nazioni a Dublino, vedremo se l’Italia del
rugby avrà davvero trovato il suo Velasco, com’è successo negli anni
’80-90 a quella del volley.

Il Mondiale allora è il vero specchio dell’Italia?
«Sì, perchè battere Scozia e Galles con questa base da cui attingere

per la Nazionale è incredibile. È un miracolo».

Cosa intende per base?
«L’Italia oggi ha un XV di livello internazionale, con ruoli carenti come la mediana, e dietro pochi ricambi. Se nel torneo avremo grossi infortuni sarà difficile mantenere la competitività. Peccato, perchè nei miei giri per l’Italia ho visto gente potenzialmente da Sei Nazioni, ma che non gioca stabilmente nel club. E senza continuità non si alza il livello».



Qualche nome?
«Alberto Sgarbi, Andrea Marcato, Paolo Buso. Purtroppo nel Super 10 giocano ogni giornata 90 stranieri e 60 italiani. Sarebbe meglio scendessero in campo più italiani e meno stranieri di più alta qualità. Italiani sui quali ho deciso di puntare nelle scelte azzurre, a meno che lo straniero di pari ruolo non faccia davvero la differenza».

Per alzare il livello lei ha detto che servono le selezioni.
«Per il vostro sistema di rugby, simile a quello del Galles dove già ci sono, sono l’unica strada. Bisogna concentrare i 60-70 migliori giocatori italiani in due selezioni professionistiche, chiamate che so, Romans e Venetians. A questi aggiungere massimo 3 stranieri di qualità ciascuna e più italiani possibili che ora giocano all’estero, dove hanno già fatto il salto di qualità. Con queste due selezioni, pagate e gestite tecnicamente dalla federazione, si potrebbe competere con le squadre migliori d’Europa nelle coppe e in tornei tipo la Celtic League. Il livello dei giocatori italiani crescerebbe di sicuro. Ai club sarebbe affidata l’attività inferiore, di livello amatoriale e nazionale (il campionato, ndr)».

Un progetto lineare sulla carta, difficile da realizzabile in pratica, per problemi di soldi e di conflitto con i club.
«I soldi in qualche modo la federazione li deve trovare. Avete gli

incassi del Sei Nazioni, degli sponsor, delle coppe, delle tivù.

Metteteli insieme e, se non basta, cercate altre risorse. Sul discorso

dei club è vero. Quanto ho detto è il meglio per l’interesse del citì

della Nazionale, so bene che non è il meglio per l’interesse di

Treviso, Rovigo o Calvisano».



In attesa di sviluppi strutturali nel movimento, su cosa punta per far bene il Sei Nazioni e ripetere i "miracoli" di Berbizier?
«Su un pacchetto di mischia fra i migliori a livello internazionale.

Sono convinto che se l’Australia avesse avuto come piloni non le

nostre prime scelte, ma Fabio Staibano e Lorenzo Cittadini, non

avrebbe perso la semifinale al Mondiale con l’Inghilterra. Poi sul

cuore, sul carattere, sull’orgoglio modello Argentina».

Cosa intende per orgoglio argentino?
«Quello mostrato ai Mondiali. Quando allenavo a Parigi, prima di uno Stade Francais-Clermont decisivo, sentivo Mario Ledesma e Austin Pichot parlare solo e in continuazione dei Pumas al Mondiale ’99, non del campionato francese. Avevano il cuore e la testa lì, anche se il portafoglio glielo riempiva lo Stade. Gli italiani devono avere la testa e il cuore puntati sempre al Sei Nazioni. Per i giocatori esteri, abituati a grandi scontri ogni settimana in Premiership, Top 14 ed Heineken, il Sei Nazione è solo un altro week-end. Per gli azzurri deve essere ogni volta la partita dell’anno, della vita. Come è successo all’Argentina in World Cup. Non a caso è arrivata terza, stupendo il mondo».

Ivan Malfatto

Colpo a Bortolami Domani lista dei 24

Italia da ieri a Roma al secondo raduno dell’era Mallett in vista del Sei Nazioni. Tra i 32 convocati unica apprensione per Marco Bortolami, che ha preso un colpo all’occhio nel match di Heineken Cup ed è finito in ospedale a Gloucester per accertamenti. Infortunato solo Gonzalo Canale, che sta svolgendo un lavoro di recupero dall’infortunio al bicipite femorale. I 24 per l’Irlanda saranno annunciati domani, al termine del raduno. Intanto sono stati venduti nel giro di due ore i 6mila biglietti in più per l’Inghilterra delle tribune aggiuntive in curva e parterre. quasi esuriti anche quelli per la Scozia.

POZZEBON – Il centro trevigiano Walter Pozzebon è passato a giocare al Newbury (Division One, 2. divisione inglese) che ieri ha perso 28-6 dal Cornish, lui partiva dalla panchina.

LE SCELTE DI GIOCO DEL COMMISSARIO TECNICO

Una Nazionale più muscolare in tutti i ruoli «Masi apertura sarà prezioso per la difesa»

Da quando Diego Dominguez ha lasciato la nazionale, la maglia numero dieci dell’Italia non ha più trovato un padrone stabile. Anzi proprio il ruolo di apertura è stato uno dei grattacapi maggiori con i quali hanno dovuto fare i conti i citì azzurri degli ultimi anni, compreso l’ultimo arrivato, il sudafricano Nick Mallett.

Ma l’ex tecnico degli Springboks sembra aver mostrato da subito come intende tentare di risolvere il problema. Preso atto che nel rugby italiano non ci sono in circolazione mediani d’apertura con un bagaglio tecnico, ma soprattutto fisico, di livello internazionale, ha deciso di cambiare strada. Tutti i numeri dieci che fino ad oggi sono stati schierati con la maglia azzurra, erano degli ottimi giocatori, ma ad ognuno di loro mancava qualcosa per diventare titolari inamovibili. Così è nata l’idea di affidare questo ruolo ad un giocatore come Andrea Masi, un utility back che in Nazionale ha giocato come centro, ala e anche qualche partita come estremo. Adesso Mallett vuole puntare su di lui per dare più stabilità ad un ruolo che in passato ha visto succedersi forse troppi giocatori, penalizzando la continuità di rendimento.

Una delle priorità sulla quale sta lavorando il nuovo citì azzurro è quella di migliorare la fisicità della squadra. Negli obiettivi di Mallett c’è una nazionale più muscolare in tutti ruoli. Ed è in questa ottica che va inquadrata la scelta di Masi, giocatore ben predisposto al contatto e ottimo placcatore. «Non ha un gran gioco piede e non ha esperienza in questo ruolo? Questo non mi preoccupa più tanto – spiega il tecnico dell’Italia Nelle partite che ci aspettano nel Sei Nazioni, probabilmente ci sarà più da difendere che da attaccare e avere un apertura con le caratteristiche di Masi potrebbe rivelarsi vantaggioso. E poi sono convinto che il lavoro in allenamento potrà migliorare le sue abilità».

Mallett, infatti, è pienamente convinto di questa scelta ed è pronto
«a sostenerla per tutto il Sei Nazioni. La prima partita giocherà così così, la seconda meglio, alla quinta contro la Scozia si sarà abituato al ruolo» afferma.

Ma quella di Masi all’apertura potrebbe non essere l’unica novità di rilievo che vedremo in questa Italia, magari non a breve. La volontà di avere una squadra più potente sta spingendo Mallett a valutare l’ipotesi di impiegare altri giocatori in ruoli diversi da quelli abituali, come ad esempio potrebbe succedere per Tommaso Reato, il giovane seconda linea della Femi Cz Rovigo, che il citì azzurro vorrebbe trasformare in flanker per alzare la statura della terza linea e per avere più opzioni nelle rimesse laterali.

Roberto Roversi

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