RUGBY – Italia 2017

Gioie e dolori del ns. rugby tra poco più di un lustro

Si è appena concluso il torneo del "Sei Nazioni B" 2017, che raggruppa
le nazionali europee di rugby della cosiddetta seconda fascia. Sembra
ieri, ma l’Italia è già al suo terzo anno di partecipazione a questa
manifestazione ed alla sua seconda vittoria del torneo. Infatti, dopo
l’ultima apparizione, nel 2014, all’ultimo, vero, Sei Nazioni
(conclusosi per noi con l’undicesimo cucchiaio di legno), l’Italia,
per manifesta inferiorità è stata "tagliata" e retrocessa: non aveva
più nè pubblico, nè sponsor; ma, soprattutto non aveva – e non ha –
più giocatori all’altezza.
Quest’anno gli azzurri giocavano in casa con Spagna, Georgia e
Portogallo, mentre le trasferte le hanno effettuate in Romania e
Russia.
Come già sapranno gli addetti ai lavori, le vittorie con Spagna (38-6)
e Portogallo (29-5) sono state abbastanza agevoli, quelle con Romania
(9-18) e Russia (8-18) piuttosto tirate, mentre quella con la Georgia
(8-9) è avvenuta fortunosamente,  a tempo scaduto, grazie ad un calcio
di punizione dell’apertura Riccardo Bocchino.
Comunque, è la seconda vittoria italiana al torneo su tre
partecipazioni (il primo anno, fors’anche a causa dello shock dovuto
all’esclusione del Sei Nazioni "vero" la Georgia ci ha battuti ed ha
vinto il torneo) ed il futuro fa ben sperare.
Il gruppo c’è, è ben amalgamato e motivato, ma difetta di validi
rincalzi (sembra un ritornello già sentito qualche anno fa). Il CT
Cavinato sembra aver dato la giusta carica ai ragazzi che, tra qualche
mese, saranno protagonisti del tour che li porterà in Canada
(proibitivo il test con i nordamericani) e Stati Uniti: incontri
comunque utili per abituare la ns. nazionale ad affrontare compagini
di un più alto livello.
Note di merito vanno ascritte a Ghiraldini, Favero, Zanni, McLean,
Gonzales, Piacentini e Romero.
Di certo, molta nostalgia per quando si riusciva a battere perfino la
Scozia (ultima vittoria nel Sei Nazioni del 2010), e per il
prestigioso paloscenico che il rugby, in Italia, riusciva a calcare.
Ancora roventi le polemiche con una Federazione che, sull’onda degli
insuccessi regalatici da Dondi (che ha lasciato la presidenza FIR a 80
anni, ma solo per motivi di salute), continua imperterrita sulla
strada dello sfascio del movimento, ignobilmente ed ottusamente
protesa a costruire castelli di sabbia, supportata solo dalle parole
di autocompiacimento che si vomita addosso; senza idee e programmi, ha
dilapidato una fortuna sia economica che umana, dimenticandosi che
cos’è la dignità.
Dai 28 mln di euro del bilancio 2008, siamo passati ai 6.4  mln del
2016. Il numero dei tesserati è crollato.
Ci resta soltanto il ricordo (e se ne parla spesso anche tra vecchi
amici ed appasionati) di chi è riuscito a rendersi indelebile nella
storia del rugby italiano, a cavallo del secolo: tra i tanti "giganti"
del passato i più gettonati sono Ivan Francescato, Troncon, Dominguez,
Giovannelli, Gardner, Massimo Cuttitta, Lo Cicero, Parisse (che ha
smesso lo scorso anno), Properzi ed altri.
E pensare che avevamo un’opportunità unica che non è stata sfruttata e
un enorme serbatoio potenziale di atleti che non è stato valutato; per
contro, miopia ed arroganza di una federazione che ha negato le sue
responsabilità anche di fronte all’evidenza.

Per ciò che riguarda i club, fallito l’esperimento "Magners" (cacciati
fuori dopo i quattro anni di "contratto" previsti, dopo prestazioni
vergognosamente allucinanti), ci si sta preparando agli ennesimi play
off del solito S10 che si trascina come un vecchio curvo e zoppo da
quasi trent’anni (salvo una breve pausa contemporanea alla durata
della Magners). Scomparsi gli sponsor tradizionali (anche Benetton ha
dato forfait, già dal 2014), le squadre "storiche" e che hanno
profonde radici nel territorio (Treviso, Padova, Rovigo, L’Aquila,
Catania), sono quelle che hanno risentito in maniera relativamente
minore allo sconquasso che il ns. sport ha subito in questi ultimi
vent’anni e che continuano con una certa professionalità a coltivare
la passione che da sempre le unisce al rugby.
Tutte le altre tirano avanti solo con fede cieca sul volontariato e
sul sacrificio personale.

3 responses to “RUGBY – Italia 2017”

    • Prima di attribuire qualsiasi aggettivo ad un qualcosa, sarebbe opportuno evidenziare le motivazioni a sostegno di una propria tesi.

      Tra l’altro, non avendo la pretesa di essere un veggente e non credendo a quelli che predicono il futuro, il mio "articolo" non vuole svelare verità da venire, ma solamente essere una fantasiosa e pacata provocazione.

      Cordialità.

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