Gilbert’O, un vecchio pallone

Quante storie, quanti avvenimenti, pareri, cronache, esperienze ci hanno accompagnato lungo tutto questo anno di rugby…!
Stavolta invece no: stavolta io concludo l’anno con una FIABA che ho scritto qualche anno fa e che probabilmente qualcuno se la ricorda.
Senza scomodare il Pascoli e “il fanciullino che è dentro di noi” questa vuole semplicemente essere un momento sereno , molto più di quelli che, solitamente ci accompagnano nella nostra quotidianità
Natale -se ci fate caso- ha la stessa desinenza di “ovale” e gli auguri che rivolgo a tutti gli appassionati che leggono, comprendono sia l’uno che l’altro.
Ma posso farlo solo in modo leggero e della stessa leggerezza che, alla fine della fiaba, vive il vecchio pallone Gilbert’O … ma non vi anticipo niente.
Buona Lettura.

24 dicembre, verso le
21.30

Il vecchio campo, perso tra le brume  dell’inverno, giace silenzioso quasi solenne
in quellabrughiera di periferia. Un campo squadrato, spianato e regolare,
differente dagli altri campi e prati vicini che 
sono gibbosi,incolti, alcuni sembrano discariche. Questo campo no.

Il bagliore arancione delle luci della
tangenziale, sullo sfondo lattiginoso della nebbia, lascia appena intravedere 
le linee bianche e  diritte tracciate da
mano sicura ed esperta. Alcune sono come strisce continue.
Altre vezzosamente e sapientemente tratteggiate, tanto da sembrare il lezioso
maquillage di una  bella signora. E poi…
quelle strane porte ad acca, l’una che guarda l’altra,  con i pali che
sembrano braccia protese verso il cielo, aperte ed innalzate,  imploranti
come preghiera, chissà quale supplica vogliono invocare , chissà quale colpa  vogliono farsi perdonare.

E’ un campo di rugby, e c’è pure
–vicina- la ferrovia che passa. Si sentono i rumori tristi e sferraglianti dei
treni merci notturni. Una scena quasi metafisica e senza movimento alcuno.

Ma, guardando bene,  
nell’angolo più buio e nascosto, proprio in fondo alla recinzione metallica, nella
zona più “morta”  di quel terreno di
gioco, ecco  scorgere una sagoma allungata
e familiare.

E’ un pallone.
E’ Gilberto, il veterano, il più anziano dei palloni.

Differente dagli altri più giovani che ora vestono quei
nuovi e moderni materiali sintetici.

Gilberto no: è orgoglioso della sua allungata sfericità, con
qualche bozzo, qualche raschiata..

 

Giace solo ed ancora stanco della partita del pomeriggio.

Anche questa volta, la sua pelle
-vera pelle- aveva retto a quei calci di rinvio, a quelle  trasformazioni, a quell ‘astuto drop verso la
fine. Persino a quello stupido e rabbioso calcio rifilatogli da quel giocatore
della squadra perdente,  quando l’arbitro
aveva fischiato la fine.
Sono passate diverse ore.

Perché dopo non era tornato
nessuno  a raccoglierlo?…
Era preoccupato Gilberto: non era mai successo rimanere per tanto tempo dimenticato
e solo.
Possibile che il custode non l’avesse cercato ancora una volta? E nemmeno  i  ragazzi,
che conosceva tutti, si erano dimenticati di lui..?.

Ore 23,00
Il freddo comincia a farsi sentire:  la preoccupazione diventava pian
piano tristezza.

Ora Gilberto
ripensa a tutti i momenti belli e felici:  a quella volta che c’era anche lui alle
selezioni regionali, alle foto di gruppo prima della partita, vicino i pali,
lui al centro del gruppo, le mani del capitano che lo appoggiavano al terreno
quasi accarezzandolo….
Poi le mille touche, le innumerevoli introduzioni, sempre docile ed obbediente ai
lanci, l’attenzione allo stare fermo sulla piazzola prima dei piazzati, quei voli
che il mediano gli faceva fare quando lo lanciava all’apertura. Come un
atterraggio e di nuovo al primo centro che, con una rapida carezza lo rilanciava
fino all’ala con un altro volo inebriante.
E ancora il toccato a terra. Meta, la gioia, la felicità, qualche volta anche
il pianto di quei ragazzi….
Perché nessuno lo viene a cercare?..

Fa freddo, gli altri palloni a
quest’ ora sono nel magazzino, al riparo e a raccontarsi le lor partite..

Forse staranno chiedendo di
lui………

 Ore 23.10
Il fumo e l’odore della pizzeria impregna tutta l’aria del locale. E’
appena finito il terzo tempo, i ragazzi se ne sono andati tutti. Sono rimasti
Angelo il magazziniere ed Umberto, il vecchio accompagnatore. Terzo tempo dopo
una vittoria vuol dire allegria a volontà.
Angelo gusta il suo solito mezzo toscano: stanno facendo l’ennesima discussione
che non li troverà mai d’accordo. La birra comincia a fare il suo effetto, la grigliata
di costine stanno mettendo a dura prova il loro metabolismo. Poi, quasi
inevitabilmente  il discorso finisce su
Gilberto.
“Ma come fai a dire che non  lo
hai trovato, …..sei sicuro di averlo cercato per

bene?”  dice il vecchio Umberto.
Cosa sto ancora a perdere tempo..è
un pallone vecchio ormai
prima o
dopo

verrà fuori, altrimenti basta, ci sono i
nuovi
…” taglia corto Angelo.

Ore 23.40
La nebbia sembra diradarsi:  un cielo
pieno di stelle comincia  a farsi vedere
verso la periferia e, piano piano anche  sul campo dove Gilberto insegue i suoi
pensieri.
Le sue tristezze gli fanno affiorare due lacrime  che si mimetizzano e si mescolano con la
brina che lo avvolge .
La luna  che, inaspettatamente sta apparendo
lo fanno brillare ancora di più in
questa  notte che,  ancora più stranamente,  diventa sempre più luminosa, serena,
silenziosa.
Anche il rumore del traffico, laggiù sulla tangenziale si sta diradando.
Gilberto è angosciato: nemmeno quelle luci intermittenti, lassù in alto (cosa
sono?  forse aerei diretti al vicino
aeroporto?)  riescono a distrarlo.
 
Non è possibile, si chiede ancora Gilberto,  che nessuno si preoccupi per lui oramai vecchio
e dimenticato.

Inutile, sorpassato e chissà, finito..

Ore 23.55
Ma cosa succede lassù…….??

Quelle luci in alto, che si
avvicinano, quasi volessero atterrare sul campo..

Anche Gilberto, ha notato quei
bagliori distraendolo finalmente dai brutti pensieri.

Piano piano  si  vede
illuminato sempre di più da quei fasci accecanti che  si avvicinano e lo raggiungono.

Ciao Gilberto siamo qui, siamo arrivati … dai…ora giochiamo noi
gli dice la prima figura che si materializza da quel bagliore : tutto vestito
di  bianco, maglia, calzoncini e
calzettoni immacolati.
Poi tutti gli altri, uguali, eterei…luminosi: Ma che squadra è, si chiede
attonito Gilberto…
Quello con la fascia al braccio, il capitano, lo raccoglie. E’ una carezza più
dolce e più soffice del solito.

 Gilberto fa appena in tempo a scorgere il
numero otto che porta sulla schiena.
Poi il primo passaggio, un volo leggero ed aereo verso l’altro compagno, poi un
altro, poi un altro ancora..tutti in sostegno, tutti vicino a raccogliere
Gilberto, a fare un calcio, raccoglierlo al volo…al volo..su..sempre più su,
sempre più in alto….
Spazio e tempo non esistono più per Gilberto…ora gioca una partita in un
campo immenso che non è più terreno, non ci sono più porte….solo quei ragazzi…e
tanti altri che si aggregano, tutti con la maglia bianca, i calzettoni
bianchi….e ancora su.. su. …su .tra un passaggio ed un incrocio, un salto del
centro ed inserimento dell’estremo..in questa strana e silenziosa  partita senza avversari….
Poi il silenzio viene fermato da un  lontano campanile che scocca dodici
rintocchi…

Ore 24
I passaggi sono più rapidi e frenetici, Gilberto vuole rendersi conto che è
tutto un sogno, specialmente ora che, quasi a capofitto, nelle mani del suo capitano
sta avvicinandosi in un nuovo paesaggio, con un panorama  sereno ..dolce, rappacificante..
Ora non si fanno più passaggi: tutti  i
giocatori vestiti di bianco si avvicinano ad una porta diversa dalle solite ad
acca  ma illuminata da una luce ancora
più  intensa

 

Che stano silenzio……pur non
giocando più quanti strani spettatori si  stanno avvicinando in questo nuovo e ancor più
stano stadio, fatto di grotte e piccole caverne.
Poi una grotta in particolare, dove tutti si avvicinano: anche i giocatori
tutti vestiti di bianco.

Eccoli schierati, là in fondo
alla grotta, i protagonisti di questa nuova partita.

Sono solo tre: uno è in fasce,
forse nato da poco, dentro  questa grotta,
 senza tribune, al freddo e con lo
spogliatoio senza docce.
I primi spettatori, sono solo due per adesso: uno docile come un asinello,l’altro
-forse pilone- possente come un bue.
Gli altri  sparuti spettatori si avvicinano: tutti portano modesti doni a
quella giovane coppia di sposi. Anche il numero otto, il capitano dei giocatori
tutti bianchi,  lui solo, si avvicina a
quella piccola mangiatoia piena di vagiti e di paglia.

Ha nelle mani Gilberto:  l’unico dono che può offrire.
Si inginocchia e lo posa tra il bue e quel giovane padre.
Un pallone da rugby: il primo giocattolo per quel Bambino.
Poi raggiunge i suoi giocatori, che una  divina metamorfosi li ha fatti ritornare
angeli.

Li raggiunge lassù a cantare con
loro: proprio come fosse un terzo tempo..

“Pace in terra agli uomini
di buona volontà”

Ore 00,25 –
Gilberto, stanco e felice si addormenta al suono di quei cori ed al caldo
di
quella grotta.

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..e buon Natale a tutti.

One response to “Gilbert’O, un vecchio pallone”

  1. Complimenti! Una fiaba semplice ma efficace che trasmette tutto l’amore per uno sport meraviglioso

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